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Capo Verde, Giappone, Svizzera: radici e appartenenza in Hanami

Il film d’esordio della regista ticinese Denise Fernandes riflette su migrazione, assenza, natura e spritualità

  • 20 minuti fa
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Hanami

SEIDISERA Magazine 23.11.2025, 18:35

Di: SEIDISERA Magazine / Angelica Arbasini / MrS 

Hanami è il primo lungometraggio della regista ticinese Denise Fernandes: presentato al Locarno Film Festival nell’agosto 2024, arriva ora nelle sale svizzere.
Il film comincia su un’isola vulcanica di Capo Verde, dove la giovane protagonista Nana cresce tra assenze e presenze, realtà e magia. La regista è nata in Portogallo da genitori originari proprio di Capo Verde, dunque è facile capire che abbia attinto alla sua esperienza di vita per creare un racconto universale sul senso di appartenenza e sulle radici.
Il titolo del film, una parola giapponese che significa osservare la fioritura dei ciliegi, nasce da un’intuizione: «Osservando questo territorio fatto di dieci isole, in particolare l’isola di Fogo caratterizzata dal vulcano, ho notato dei ponti con il Giappone: il vulcano mi ha fatto pensare al Fuji, le tartarughe sono importanti sia a Capo Verde che nella tradizione giapponese», spiega la regista. «Hanami per me è quasi un sentimento, un feeling. Ho sentito che era la parola giusta per dare il titolo a questo film».

Nana è una bambina che cresce sull’isola senza i genitori: il padre è scomparso, mentre la madre è emigrata subito dopo la sua nascita. «Nana viene cresciuta dall’isola stessa, sia dalla sua comunità che dalla natura che si prende cura di lei», chiosa Fernandes. «Il film vuole darti il benvenuto in questo mondo e farti viaggiare con lei, accompagnare la sua crescita, finché anche noi da fuori cominciamo a sentirci parte di questo universo».

Il tema della migrazione è centrale nel film, riflettendo una realtà fondamentale per l’identità capoverdiana. «Ogni capoverdiano, che sia dentro l’isola o fuori, vive il tornare, il partire, il conoscere il fuori o non conoscere l’isola stessa», continua la regista. «Era fondamentale per me metterlo in evidenza nel film, perché è una cosa che scolpisce l’identità di questo paese».

L’assenza è un altro elemento chiave della narrazione, in particolare nel rapporto tra Nana e sua madre. «Un tema presente anche in modi molto celati, ma che si manifesta sempre più forte con il trascorrere del film e la crescita della protagonista».

Hanami si distingue per il suo realismo magico, dove natura e spiritualità si intrecciano. Il vulcano dell’isola di Fogo assume un ruolo simbolico di guarigione e passaggio. «Le persone che vivono ai piedi del vulcano hanno una relazione molto particolare con esso», spiega Fernandes. «C’è un rispetto, una connessione con la terra forte, e bellissima. Per me, nel film la natura è quasi come un organismo vivo, che si prende cura di Nana».

La realizzazione del film ha presentato diverse sfide, tra cui la scelta di girare in più lingue: creolo, francese, inglese e giapponese. «È stato un lavoro di grande precisione», racconta la regista, «anche perché il creolo parlato sull’isola di Fogo non è necessariamente lo stesso parlato in un’altra isola capoverdiana». Fernandes ha coinvolto gli attori, molti dei quali non professionisti, per rendere i dialoghi il più naturali possibile.

Sebbene Hanami non sia autobiografico, Fernandes riconosce come la sua esperienza personale abbia influenzato il film. «Per ogni opera artistica viene dal vissuto personale, dalla propria identità in un modo o nell’altro», afferma. «Più si esplora la propria identità, più questa si riflette nell’opera che si crea». La regista racconta come il processo di realizzazione del film l’abbia aiutata a riconnettersi con le sue radici: «La prima volta che sono andata a Capo Verde per questo film ero terrorizzata. Non sapevo come muovermi. Poi sono tornata nel 2017 e nel 2018. Tutto è stato come scolpire una scultura, un lavoro graduale. Adesso se mi porti là per me è come essere a casa».

Hanami si presenta come un’opera che trascende i confini geografici e culturali, offrendo uno sguardo poetico e profondo sull’identità, l’appartenenza e il legame con la terra. Con la sua visione unica e il suo approccio sensibile, Denise Fernandes si afferma come una voce promettente nel panorama cinematografico svizzero e internazionale.

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