Un posto, importante, nella storia del Locarno Film Festival gli spetta di diritto in quanto Presidente. Ora emerito. Un record, per la durata dell’incarico, iniziato nel 2000 e concluso lo scorso agosto, dopo 23 anni, lo ha già conquistato. Ma quello che ha fatto e farà per sempre la differenza, è il modo in cui Marco Solari ha ricoperto questa carica. Per il Pardo è stato un papà più che un Presidente: sempre presente, sempre disponibile, sempre attento a quello che capitava intorno al mondo del Festival, nei canonici 11 giorni di agosto, così come negli altri 354 dell’anno.
E in questi 23 anni, di cose attorno al LFF ne sono capitate, tante: Solari ha trasformato “il più piccolo dei grandi festival e il più grande dei piccoli festival” come era definito Locarno ad inizio Millennio, in una struttura manageriale di prim’ordine, con un budget importante e un seguito altrettanto significativo. Un Festival che ha saputo cambiare pelle e restare territorio di scoperta, di crescita, di riflessione (basta guardare i nomi di chi, a diverso titolo, ha partecipato con le proprie creature artistiche e quelli di chi ha calcato le travi del palco di piazza Grande). Un Festival che è un evento, artistico ma soprattutto un imperdibile contenitore culturale a 360 gradi. Popolare ma anche aperto a un pubblico più d’élite, capace di espandersi, con proposte di qualità, oltre l’agosto di ogni anno, con nuove e sempre riuscitissime iniziative.
Più che burbero, anche se così poteva apparire, Marco Solari è sempre stato un uomo rigoroso, attento ai “puntini sulle i” che sono importanti, quando si ha a che fare con il mondo della cultura, della politica e degli affari: il cinema lo ha sempre amato, ma ha sempre lasciato che di questo aspetto si occupasse ognuno dei Direttori Artistici che hanno partecipato al Festival nei “suoi” anni. Oggi Locarno è un Festival invidiato e da invidiare, pronto ad un nuovo “upgrade” con la sfida raccolta da Maja Hoffmann... ma questo è un altro discorso.