L’ultima stagione di Stranger Things come punto di svolta per Netflix e l’intero panorama dello streaming. «È stata una serie capace di essere molto lineare – ha spiegato Stefania Carini, esperta di media e televisione, al microfono di Kappa – Ha creato dei personaggi interessanti, un mondo, una sua mitologia… ma allo stesso tempo, non la possiamo paragonare, a livello di scrittura e di complessità, al Trono di spade, o ad altre serie americane che avevano cercato nella scrittura raffinata, nelle tante linee narrative, la loro forza».
La forza di Stranger Things risiede invece nella sua semplicità, e nella capacità di sfruttare la nostalgia: «L’obiettivo è sempre stato chiaro: i personaggi erano molti, ma la linea narrativa era ‘Sconfiggiamo il mostro della stagione’. Questo però ha creato allo stesso tempo, per la capacità anche di aggrapparsi alla nostalgia, una serie intergenerazionale, capace cioè di coinvolgere i ragazzi di oggi, i bambini, ma anche i genitori, ma anche gli zii.»
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Questa formula ha funzionato perfettamente insieme al modello di streaming di Netflix, basato sul binge watching. Tuttavia, il panorama dello streaming sta cambiando, e con esso anche le strategie di Netflix. La piattaforma si trova ora di fronte a una sfida: «Netflix deve un po’ capire se vuole diventare grande come i suoi personaggi,» afferma Carini. «Netflix in realtà all’inizio ha puntato sulle serie di qualità alla HBO e poi ha allargato sempre di più lo spettro di quello che mandava in onda, proprio con l’idea di essere un buffet delle serie tv, dove tu potevi avere sia il caviale, diciamo, sia il toast. Il problema è che in questi anni abbiamo visto un po’ troppi toast e poco caviale».
Anche la nostalgia, elemento chiave del successo di Stranger Things, potrebbe non essere più sufficiente. Carini osserva: «Non so quanto potrà andare avanti. Qua ci troviamo di fronte alla nostalgia per un periodo, gli anni Ottanta, per un certo tipo di film, di serie tv, di videogiochi eccetera, però in quest’ultima stagione, soprattutto a noi europei, forse, sembra di vedere la nostalgia per un certo eroismo americano.»
Questo aspetto potrebbe risultare problematico in un contesto globale sempre più complesso: «In questo momento storico non è così facile identificarsi in maniera così diretta con quel punto di vista lì,» sottolinea Carini.

Dal binge watching alla nostalgia
Kappa e Spalla 04.12.2025, 17:35
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Un altro aspetto cruciale che sta cambiando è il modello di distribuzione: il binge watching, che ha fatto la fortuna di Netflix, sta mostrando i suoi limiti. Carini spiega: «Netflix aveva fatto del binge watching la sua forza. Il binge watching però si basa proprio su una dilatazione delle idee, su una semplificazione anche delle linee narrative, tutto il contrario di quello a cui la grande tv di qualità ci aveva abituato».
Un approccio non privo di problemi anche dal punto di vista del business: «Il binge watching brucia tutto, spesso in poco tempo. Con Stranger Things non è stato così, è un grande fenomeno, ma con molti altri titoli vengono bruciati in poco tempo.» La soluzione? Un ritorno al modello televisivo tradizionale: «Con quest’ultima stagione di Stranger Things, guarda caso, non siamo più spinti al binge watching. C’è invece l’appuntamento, il grande appuntamento… prima quattro puntate a fine novembre, poi il 26 dicembre e il 1º gennaio: sono gli appuntamenti natalizi tipici della grande tv.»
Questo cambiamento riflette una consapevolezza crescente riguardo all’importanza di creare un legame duraturo con gli spettatori: «Il poter avere tutto e subito non aiuta così tanto, soprattutto se vuoi far tornare il tuo abbonato, che se no vede le puntate in uno o due giorni, e poi magari chiude l’abbonamento.»
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