Cinema

Skam Italia 6 e l’antifascismo

Metterci una toppa

  • 24 febbraio, 13:43
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Skam Italia 6

  • Netflix
Di: Valentina Mira

Non è facile recensire la sesta stagione di Skam Italia per questo le righe che seguono arrivano dopo qualche settimana di riflessione dalla sua uscita. Non è facile per i seguenti motivi: la serie è da una parte un unicum in Italia, per visione e qualità (puntate agili, tra i 22 e i 30 minuti, uno sguardo giovane agli antipodi rispetto al format da fiction Rai - preti e poliziotti buoni, ultimamente foibe -, Rai che nelle ultime settimane è stata oggetto di presidi e contestazioni in tutta Italia proprio perché sempre più reazionaria e censoria). Dall’altra parte, però, in questa stagione Skam vuole raccontare l’antifascismo militante, e il dubbio è che lo faccia in maniera poco accurata. 

Il primo episodio si apre con un rapido montaggio di azioni definite fasciste (dagli Stati Uniti al Brasile) per arrivare all’accusa all’Italia, indiretta ma chiara: la voce narrante in voice-over ci dice che il fascismo potrebbe tornare, anche se in altre forme.
Questo è il contesto. Una congiuntura internazionale (in cui si inscrive anche l’Italia) fatta di alleanze possibili tra l’estrema destra. Arriviamo così a un liceo della Roma bene. Ci viene mostrata la nascita di un collettivo, Rebelde, che vuol essere femminista e antifascista in una scuola in cui queste non sono posizioni eccessivamente popolari.

Cose che funzionano e che confermano Skam Italia un prodotto ben sceneggiato, da persone capaci (tra cui la brava scrittrice Alice Urciuolo): la citazione al “mignottone pazzo” (sic) di Michela Giraud, i patches agli occhi (dalla skincare coreana alle sue TikTok-esche imitazioni), la rappresentazione dei problemi alimentari della giovane protagonista. Su questo conviene aprire una piccola parentesi. Lei - Asia - è nella fase in cui si accorge di stare perdendo capelli, le rimangono tra le mani quando se le passa sulla testa. Digiuna e poi si abbuffa, e poi vomita. Il riferimento cinematografico (seriale, per la precisione) nel modo di raffigurare la bulimia ricorda Blair di Gossip Girl: la famosa scena con la torta di zucca era una delle prime davvero accurate, quasi da brividi, rispetto ai problemi alimentari. Qui c’è Asia in piedi, meditabonda e ansiosa; c’è Asia che taglia la carne dopo averla pesata per mangiarne di meno (nella puntata “Grammi”) con in sottofondo la canzone Barbie Girl degli Aqua, ma in una versione più lenta, cupa e triste. Come a suggerire che Barbie sarà anche il titolo di un film che ha avuto il merito di nominare il patriarcato, ma resta soprattutto uno dei tanti simboli di quella stessa oppressione applicata ai corpi femminili. Barbie come la Venere di Milo al contrario: una dea magra che non abbiamo chiesto di adorare.

Sui problemi alimentari Skam spara statistiche e cerca di fare informazione. Ti dice che “una ragazza su 3 sotto i 20 anni soffre di disturbi alimentari”. Che “non ha a che fare col voler essere fighe” ma con la voglia di controllo: è “come una dipendenza”.

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Skam Italia 6

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La serie funziona anche grazie a Roma, e a telecamere che le rendono giustizia. La ripresa del Lungotevere dall’alto, probabilmente fatta con i droni, è splendida. La fotografia lo è altrettanto nella scena alla cava abbandonata fuori città, l’acqua color ghiaccio che riprende il colore degli occhi del ragazzo: da questo punto di vista, funziona tutto.

I problemi arrivano quando si parla di fascismo. Cioè con Giulio. Lui ha appena cambiato liceo, prima stava a Ciampino. È sveglio, è bello, ma non ispira fiducia ad Asia e viene trattato con la diffidenza che i cani riservano a quelli che hanno un odore che non gli piace. Da questo punto di vista, niente di diverso dalla realtà. Solo che in questo caso hanno ragione a diffidarne: esce fuori a metà stagione che Giulio è stato in carcere minorile per aver picchiato in gruppo un ragazzo solo perché omosessuale. Giulio frequentava lo stadio, ci dicono, ed è diventato un bonehead (quelli che il linguaggio mediatico definisce naziskin). Scopriamo nel corso della serie che dopo il carcere minorile è uscito non solo non più omofobo, ma pure antifascista. Insomma: la serie su questa questione spinosa, complessa, diventa uno spot al carcere minorile. Il punto è che non è difficilissimo da credere che un fascista si ravveda, benché nella pratica non succeda quasi mai: è che lo faccia grazie al carcere, minorile o meno, che è una tesi bizzarra e un tantino ottimistica. (Ottimistica, poi? Angela Davis non apprezzerebbe il femminismo carcerario che rischia di uscire come morale da questa stagione di Skam).

Anche l’identificare il fascismo con lo stadio (la curva) e con le periferie (Ciampino) è semplicistico. Perché sono stereotipi facili da cavalcare. Acca Larentia non è periferia. Villa Glori è Roma bene. Solo per citare due posti che hanno fatto parlare di sé per i saluti romani il 7 gennaio di quest’anno. Se si vuole rappresentare l’antifascismo in una scuola della Roma bene forse è più interessante affrontare anche il fascismo di quei posti: del resto, non sono gli ultrà che diventano presidenti. Più utile sarebbe raccontare come si finisce a villa Glori a fare saluti romani a volto coperto, probabilmente per nascondere facce di avvocati, professionisti. Questo, se proprio si ritiene di essere in grado di raccontare l’antifascismo e il fascismo romani senza averli mai frequentati. Identicamente per le periferie. Chiunque abbia fatto più di qualche giro a Ciampino sa che è statisticamente difficile che il primo che ci incontri sia un alcolista che ti molesta, e che poi delle ragazze del posto ti chiedano “non sei di qua, ve’?”. Raccontare così Ciampino significa non conoscere Ciampino. Non è un paesone: le dinamiche romane per cui nessuno si sconvolge per una faccia nuova semplicemente perché ne vede di continuo sono le stesse, e così andrebbero riportate, a meno che non sia più importante cavalcare narrazioni già sentite e poco rispettose dei territori che ci si accinge a descrivere.

Riassumendo: una serie tv di livello rispetto a molti lavori analoghi, in cui però pesa la poca conoscenza della materia trattata (non è così quando si parla di problemi alimentari, non è così quando si rappresenta Asia come dipendente affettiva; è così quando si parla di Roma e di ciò che vi si muove in termini di antifascismo, e non da oggi).

Più interessante di questo antifa-washing era stato un lavoro della Netflix tedesca, che aveva affrontato già nel 2020 il neonazismo e la questione della violenza giusta (il diritto alla resistenza, peraltro nella Costituzione tedesca garantito esplicitamente) con un film molto interessante: E domani il mondo intero. I personaggi in questo caso mai e poi mai riceverebbero e risponderebbero a un messaggio di “Vanni fascio rap”, come si vede in un frangente della serie italiana in questione.
Riassumendo: Skam Italia resta giovane, ben scritta, sensibile, agile e con mille punti a favore, ma sull’antifascismo mi sa che deve documentarsi di più. Non è un gioco tra ricchi, e non basta comprarsi una maglietta con la toppa giusta per sentirsi rappresentativi di una collettività che esiste ben oltre lo schermo.

Teen drama

Laser 07.02.2023, 09:00

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