Quattro anni dedicati all’Africa, da qui al 2028: è la scelta di Open Doors, spazio di supporto e confronto per il cinema indipendente di diverse regioni del mondo, creato ormai da oltre vent’anni dal Locarno Film Festival. Come racconta Ibee Ndaw, del team artistico di Open Doors, «Il mercato africano è un mercato molto importante. Un continente con una popolazione molto giovane, che può quindi contare su tanti di quelli che saranno gli spettatori, il pubblico di domani. Credo che Open Doors volesse mettere in piedi questo ciclo già da un po’, interessandosi in modo più specifico a quello che si sta creando in Africa. Il programma si concentrerà quindi sul continente africano per i prossimi quattro anni, con un focus su 42 paesi».

Les Bilokos, produzione Gikas Films, 2025
Giresse Kassonga, fondatore della casa di produzione congolese Gikas Films, sottolinea come il cinema africano sia oggi una prateria da esplorare: «Il cinema in Africa, oggi, lo definirei un deserto: un terreno molto vuoto, ma con molte storie. E sta a noi, figli dell’Africa, provare a raccontare queste storie. Sta a noi mostrare al mondo che cos’è l’Africa, cercare di cambiare la narrazione e gli stereotipi che ci sono stati affibbiati. l’Africa, ad esempio, non è solo guerra. In Africa c’è amore, c’è gente che vive, c’è gente che ride… c’è tutto. Quel che mi motiva di più, nel fare cinema in Africa, è che abbiamo ogni tipo di storia da mostrare al mondo: abbiamo storie tristi, piene di gioia, storie di colore, di protesta, e molte altre».
Ema Edosio-Deelen, regista di When Nigeria Happens, originaria di Lagos, racconta la realtà produttiva di Nollywood: «L’industria cinematografica nigeriana è una delle più grandi al mondo, penso sia terza dopo Hollywood e Bollywood. E la cosa più interessante è che in Nigeria le donne sono in prima linea nello spazio cinematografico: ci sono donne che hanno sbancato il botteghino, e viaggiano in tutto il mondo. Io mi muovo sulle orme delle grandi donne nigeriane che hanno gettato le basi per la mia generazione».
Il problema, quando il cinema africano esce dall’Africa, è la presenza di stereotipi radicati nel pubblico del resto del mondo: «Lo sguardo occidentale sull’Africa si è concentrato sulla povertà. Se chiedete all’europeo medio cosa sa dell’Africa, si ricorderà del bambino con le mosche sul naso nelle pubblicità delle ONG. Quello che voglio fare con il mio cinema è cambiare la prospettiva, celebrando, pur senza nascondere i problemi che ci sono, i personaggi forti, dinamici, intelligenti e talentuosi del mio continente».
Open Doors
Pardo tardi 12.08.2025, 23:05
«Il concetto di pluralità è molto importante – conclude Ibee Ndaw – siamo un grande continente, abbiamo molti paesi diversi con storie molto diverse, lingue molto diverse, e tipi di cinema molto diversi gli uni dagli altri. Una diversità che si riscontra nel modo in cui le storie vengono raccontate, nel montaggio, nelle scenografie. L’idea è quella di mostrare la ricchezza del cinema africano con la nostra selezione».