«Aspettare la nascita di Gesù si accompagna alla necessità di fare luce sulle “notti” dell’umanità: sulle guerre, i conflitti, le violenze che insanguinano il nostro tempo».
Parla con “Tempo dello Spirito” la pastora Sophie Langeneck, che svolge il suo ministero a Milano, presso la Chiesa evangelica metodista. Commentando alcuni versetti della Lettera di Paolo ai Romani (cap. 13, versetti 8-12), la pastora Langeneck afferma che il Tempo di Avvento, in preparazione al Natale, è un momento in cui chiedersi quale sia la «notte» che stiamo attraversando.
«Alla luce tenue che a poco a poco si fa più luminosa – dice la pastora –, più ci avviciniamo al giorno di Natale, alla piena luce di Gesù Cristo, più possiamo guardare le tenebre senza temerle». L’attesa della nascita di Cristo, che ogni anno le chiese cristiane celebrano in tutto il mondo, va ripensata come occasione per non distogliere lo sguardo dalle contraddizioni del tempo che viviamo, dice Sophie Langeneck. E aggiunge: «Nel nostro mondo funestato dalla guerra sappiamo bene quali sono le tenebre più impenetrabili oggi: il buio degli interi quartieri delle città ucraine ancora sotto bombardamenti, la notte di Gaza e di Jenin, della Cisgiordania, e di Tel Aviv, la notte del campo di Gorom in Sud Sudan, la notte di Mae Sot in Thailandia al confine con il Myanmar, da cui arrivano molti profughi, la notte di Karabakh, la notte di Kinshasa. In questi luoghi in cui da mesi e anni ci sono guerra, conflitti e violenze quotidiane, la notte è ben avanzata e profonda. Anche in questi luoghi però può arrivare l’annuncio che l’apostolo Paolo offre ai romani: anche la notte più buia lascia spazio alla luce del giorno e il giorno sta arrivando, vale la pena aspettare con fiducia».
Per la pastora protestante Langeneck, nel giorno di Natale ciò che realmente si festeggia è il fatto che «nelle tenebre più fitte, splende la luce come in pieno giorno ed è una luce che permette di distinguere le tenebre, di sconfiggere la nostra paura forse un po’ infantile dell’oscurità e di riconoscere che il giorno pieno della salvezza si fa vicino. Queste parole cariche di speranza sono un balsamo contro ogni possibile nostra rassegnazione – aggiunge Langeneck –. Noi sappiamo bene che il giorno è vicino, che presto splenderà il sole dell’aurora».
Uno dei versetti commentati dalla pastora dice: «La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce». Langeneck spiega che proprio queste parole ispirarono il teologo e poeta tedesco Jochen Klepper che nel 1937, durante il Terzo Reich ha vissuto la minaccia delle leggi razziali in prima persona. «Era sposato con una donna di razza “non ariana” – spiega la pastora -, e non è riuscito a vincere il suo terrore, scegliendo di morire per propria mano, insieme alla famiglia, prima di essere mandato a morire in un campo di concentramento».
Nella sua poesia che ha dato vita ad un inno d’Avvento molto conosciuto in Germania, Klepper dice: «La notte è avanzata, il giorno non è lontano. E ora cantiamo lode alla luminosa stella del mattino! Anche coloro che hanno pianto nella notte si uniscano con gioia. La stella del mattino testimonia anche la vostra paura e il vostro dolore».
«Jochen Klepper – dice ancora Langeneck – ci ricorda che il Natale è festa di luce, di famiglia ma è soprattutto la festa della speranza che fa breccia nella disperazione. Aspettando Natale infatti possiamo riconoscere le tenebre del mondo ma anche guardare alla luce che le illumina, Gesù Cristo. Ecco perché ogni domenica accendiamo una candela in più, per testimoniare che la luce di Dio rischiara ogni oscurità e anche la notte più dolorosa può essere portata alla luce».






