Ci sono personalità di grandissimo spessore, umano e intellettuale, di straordinario valore e rilevanza che oggi non raggiungono, non dico la popolarità ma neppure il giusto riconoscimento degli ambienti a lui o a lei vicini.
È questo uno dei segni dei tempi. Uno dei più brutti.
Pensavo a questo leggendo la bellissima raccolta di studi in onore degli 85 anni di Maurilio Guasco: Storia, religione, politica (Marietti 2025), scritti da studiose/i seri di diverse storie e appartenenze. Ciò che accomuna di più gli autori, infatti, è proprio la libertà di pensiero e di azione, una sorta di non appartenenza a filiere precostituite e vincolanti.
“La varietà di autori, stili, argomenti presenti in questa raccolta è certamente una delle sue caratteristiche più affascinanti le quali riflettono anche la ricchezza di sfumature della figura di Maurilio Guasco e la vastità e la profondità delle sue idee e del suo operato”, scrivono bene i due curatori dell’opera, Giorgio Barberis e Stefano Tessaglia.
Le sue numerosissime ricerche storico-teologiche, la storia come materia viva, la sua passione di educatore e la sua vocazione sacerdotale, tutti questi mondi, ruotavano, intorno al rapporto tra chiesa, pensiero religioso e modernità. Maurilio Guasco è un grande studioso del modernismo cattolico, della formazione del clero, della secolarizzazione, del Vaticano II.
Dal carattere aperto e leale, costante nella capacità di ascolto e di dialogo, in nome del rispetto, della condivisione e dell’amicizia: ‘valori’ non solo enunciati ma praticati in ogni ambito della sua vita. Infine, ma non per lui, grande storico, sacerdote nella sua pienezza, uomo di profondità spirituale, Maurilio era, non da ultimo un grandissimo ‘raccontatore’ di barzellette.
Del resto - come scrivo in questa miscellanea - metteva allegria solo a guardarlo, per il suo contagioso buon umore e la sua fine ironia. Non c’era incontro anche il più serio, che non fosse ‘alleggerito’ da questo vero e proprio talento, molto spirituale: il suo buon umore. Autentico, lontano da quella bonomia di maniera, spesso penosamente diffusa nel clero.
Nasce a Solero, un paese vicino ad Alessandria il 26 agosto 1939, quinto di sei figli da una famiglia di contadini molto unita. Diventa sacerdote nel 1962, compie un percorso di studi solidi, Collegio Capranica e Pontificia Università Gregoriana, partecipa come assistente al concilio Vaticano II. L’appendice della miscellanea riporta un suo resoconto di quei giorni tra divertissement e considerazioni profonde. Tutto da gustare.
Maurilio, segnato da un forte radicamento familiare e locale, conosce una proiezione internazionale di grandissimo livello e varietà. Invitato alla Sorbonne da Jean- Marie Mayeur, all’Università di Nanterre da Philippe Levillain, alla Fondation des sciences politiques da René Rémond, mentre all’Ecole Pratique des Hautes Etude - dove si era specializzato sotto la guida di Gabriel Le Bras - fu chiamato da Emile Poulat, il grande studioso dei processi di modernizzazioni, con il quale ebbe un rapporto intenso e produttivo.
Nella miscellanea i temi spaziano da un commento a un importante scritto di Eric Przywara, all’influenza di Anania e Bàrnaba su Paolo di Tarso, alla Riforma luterana e a quella cattolica, al calvinismo politico, ai seminari tra Tridentino e Vaticano II, al barnabita Giovanni Semeria a partire dalla lettura di Emile Poulat che segnalava come i sui avversari lo considerassero “chef du modernisme italien”, al rapporto di Sturzo con la democrazia, ad Agostino Bea e Agostino Gemelli e la Riforma degli studi dei seminari sotto Pio XI ( 1931), alla figura controversa di Pacelli, alle figure di Aldo Capitini a Giuseppe Dossetti, al Codice di Camaldoli, al Concilio vaticano II, alla lettera dei preti operai francesi ai padri del Concilio ( 1964), alla Pacem in terris, al settimanale Settegiorni, alle missioni cattoliche nel secondo Novecento, all’idea di rivoluzione e la teologia della liberazione, alla liturgia, al senso religioso dopo il modernismo, all’impegno dei laici cristiani nella società. Insomma una varietà che stupisce ma che non disorienta perché si ritrova un filo conduttore forte.
Sono tanti i riferimenti a diverse figure del modernismo, come quella di Ernesto Buonaiuti, letta alla luce della sua relazione spirituale e affettiva con la mistica Maria dell’Eremo di Campello: “Ciò che mi unisce a Ginepro (Buonaiuti) è il vincolo dell’affetto… considero questa amicizia quasi un ponticello tra la chiesa visibile da cui il povero Ginepro è proscritto”; e un mese dopo: “La sorte di Ginepro mi sembra segnata. Non c’è che vegliare con l’affetto fedele, sul suo rude cammino; aiutarlo a sostenere il peso, dargli la possibilità di una sosta che lo ristori. Io, non degna, voglio essere sempre pronta a ciò, verso lui e verso ogni fratello. È la mia sorte, cui partecipano le sorelle”.
Con lei Ginepro si apre in una sincera intimità: “Il mio intimo dissidio, quel dissidio che non scopro mai a nessuno, che non ho mai scoperto neppure a te… Non sapere che la mia intelligenza è la nemica della mia bontà, e che Dio mi ha dato questa inoppugnabile intelligenza per darmi ogni giorno il martirio della mia volontà di rinuncia ad essa per essere più buono, e non terribilmente, satanicamente egoista, superbo, crudele? Solo tu sorella, sei in grado di capire questo martirio, che si fa ogni giorno più atroce mano a mano che l’intelligenza si fa più intelligente…”.
Sembrano stereotipi consumati - quelli del bipolarismo di genere - tra ragione e sentimento e, invece, la natura di questo rapporto è molto profondo e ci riporta a quelle ‘relazioni eccellenti’ tra spiritualità maschile e quella femminile che tanto hanno arricchito la mistica e la stessa storia della chiesa. E che, purtroppo, tocca notarlo, ha sempre troppo poco spazio e considerazione.
Maurilio Guasco è uno studioso e un uomo di fede di rara profondità e finezza. Per palati fini. Tra questi mi torna in mente la sincera ammirazione che provavano per lui il cardinale Achille Silvestrini e lo storico Pietro Scoppola.
Silvestrini ebbe sempre un rapporto ‘complicato’ con il modernismo, ne fu lambito durante gli anni giovanili trascorsi nel seminario di Faenza sotto la guida dell’illustre storico e agiografo monsignor Francesco Lanzoni. “La prima cosa che imparai da lui- ricordava con gratitudine- fu che la chiesa non deve mai avere timore di guardare dentro la sua storia, per comprendere la ragione delle sue scelte, giuste o sbagliate che siano”.
Pietro Scoppola, a sua volta studioso anche lui del modernismo, teneva in grande considerazione Maurilio Guasco; ne condivideva la grande fatica di decifrare i processi della chiesa cattolica “nel conciliarsi con la modernità e la democrazia”.
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