Idealismo

Conservatore o rivoluzionario? Hegel ci sfida ancora

Il dibattito è ancora aperto: lo Stato, la libertà, la contraddizione. E noi dove ci collochiamo? Il punto di vista di Bonacina in un lavoro per Il Mulino

  • 19 settembre, 14:00
  • 15 ottobre, 11:49
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Di: Rod 

Nel cuore della modernità il pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel continua a risuonare con forza. Nonostante la sua morte risalga al 1831, il filosofo tedesco sembra ancora parlarci, forse più di quanto siamo disposti ad ammettere.

La dialettica hegeliana – tesi, antitesi, sintesi – è spesso ridotta a una formula scolastica. Ma in realtà è una visione profonda del mondo come processo e movimento. Per Hegel, la verità non è mai statica, nasce dal conflitto, si trasforma, si supera. Si tratta di un’idea che può apparire scomoda. Eppure, è proprio nella tensione tra opposti che si genera il pensiero critico.

Uno dei temi più controversi di Hegel è il suo rapporto con lo Stato. È stato accusato di giustificare l’autorità, ma anche celebrato come ispiratore della rivoluzione. Nel suo Principi della filosofia del diritto, scrive che “la libertà è l’essenza dello spirito”, ma questa non è individualismo assoluto quanto riconoscimento reciproco, realizzazione etica all’interno di istituzioni.

È proprio questa ambivalenza che Giovanni Bonacina esplora nel suo recente volume Hegel. Conservatore o rivoluzionario? (Il Mulino). Il libro non cerca di risolvere il dilemma, ma lo approfondisce. Hegel è il pensatore che ha ispirato Marx, ma anche quello che ha difeso l’ordine. Bonacina mostra come la forza di Hegel stia proprio nella sua capacità di tenere insieme gli opposti, di pensare la contraddizione senza dissolverla. In questo senso, il suo pensiero è radicalmente moderno: ci insegna a non scegliere tra bianco e nero, ma a pensare il grigio.

Può sembrare provocatorio, ma alcuni filosofi contemporanei hanno accostato la dialettica hegeliana ai processi di apprendimento delle AI. Anche qui c’è un movimento: errore, correzione, nuova sintesi. Ovviamente, l’algoritmo non ha coscienza né spirito. Ma il parallelo solleva una domanda cruciale. Se la realtà è processo, e l’intelligenza è capacità di trasformazione, quanto siamo disposti a riconoscere come “razionale” ciò che non è umano?

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Vito Mancuso

Vito Mancuso

Gli Incontri di Rete Uno 23.11.2024, 09:05

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  • Michela Daghini

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