Nel giorno della nascita di Girolamo Savonarola è lecito chiedersi cosa significhi ricordare un uomo come lui in un tempo come il nostro. Nato il 21 settembre 1452 a Ferrara, Savonarola fu un frate domenicano, un predicatore e un riformatore politico, ma soprattutto fu una coscienza scomoda. Era un uomo che non si accontentava di osservare il mondo, ma lo interrogava. E lo faceva con una radicalità che ancora oggi può mettere a disagio.
Nel pieno del Rinascimento, quando l’Italia brillava per arte, potere e ricchezza, Savonarola alzava la voce contro la corruzione della Chiesa, contro il lusso dei palazzi vaticani, contro una spiritualità che si era trasformata in spettacolo. Predicava povertà evangelica, giustizia sociale e rinnovamento morale. Ma non lo faceva per ribellione sterile, quanto per una fede profonda che non tollerava compromessi. Parlava di Dio, ma anche di equità, di politica, di responsabilità. E lo faceva con una forza che scuoteva le coscienze.
A Firenze, dopo la cacciata dei Medici, Savonarola contribuì a instaurare una repubblica fondata su principi cristiani. Promosse riforme sociali, propose tasse proporzionali, si batté per i più deboli. Ma non si fermò lì. Organizzò il celebre “falò delle vanità”, dove si bruciavano pubblicamente oggetti di lusso, strumenti musicali, opere d’arte considerate simboli di decadenza. Un gesto estremo, certo, ma coerente con la sua visione di liberare l’anima dalle catene del superfluo.
La sua voce, però, era troppo scomoda. Papa Alessandro VI, il famigerato Borgia, lo scomunicò. Fu arrestato, torturato e infine arso vivo in Piazza della Signoria nel 1498. Non perché fosse un eretico, in fondo, ma perché era un profeta.
Oggi, in un mondo in cui sovente la spiritualità si confonde con il marketing, Savonarola parla ancora. Ricorda che credere non è solo aderire a un dogma, ma interrogarsi, mettersi in discussione, avere il coraggio di dire ciò che è giusto anche quando è impopolare. In un’epoca di crisi climatica, disuguaglianze crescenti e istituzioni religiose spesso silenziose di fronte alle ingiustizie, la sua voce torna a farsi sentire. Non come condanna, ma come invito.
Savonarola non era un uomo perfetto. Era austero, talvolta intransigente, sicuramente radicale. Ma era autentico. E forse, oggi più che mai, c’è bisogno di figure come la sua. Ricordarlo nel giorno della sua nascita non è solo un atto di memoria. Ma un gesto di resistenza. È dire che la verità, anche quando fa paura, merita di essere ascoltata.
Corsi Serali - RSI, 9 aprile 1965
RSI Cultura 17.09.2025, 10:19
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