Il 2 marzo 2020 sono state aperte le carte del pontificato di Pio XII di quello che un tempo si chiamava Archivio Segreto e che papa Bergoglio aveva voluto rinominare Archivio Apostolico Vaticano. Per togliere quell’alone di mistero che nel tempo aveva alimentato leggende e ispirato una letteratura di dubbia qualità. Mentre era andata crescendo la consapevolezza di come fosse importante l’accesso dei documenti per la ricerca storica.
Fu il cardinal Achille Silvestrini a sollecitare convintamente le aperture archiviste dei pontificati novecenteschi: a partire dalla consultazione delle carte relative a quello di Benedetto XV (1914-1922) che hanno dato rinnovato impulso agli studi sulla prima guerra mondiale e sulle nuove vie diplomatiche della Santa Sede nel nuovo ordine mondiale succeduto alla Conferenza di Versailles. E così il papa dell’Inutile strage usciva finalmente dagli stereotipi di un docile pacifismo di maniera che gli erano stati attribuiti per lungo tempo.
Come aveva incoraggiato le aperture degli archivi per il pontificato di Pio XI (1922-1939) contribuendo a ricostruire una posizione più articolata e differenziata della posizione della Santa Sede sui totalitarismi novecenteschi.
Per finire fu sempre Silvestrini ad adoperarsi per l’apertura delle carte del pontificato pacelliano, il più controverso circa la questione dei silenzi verso le persecuzioni degli ebrei, convinto come era che dalla «verità dei fatti la Chiesa ha solo da guadagnare», mentre l’alone di mistero e di segreti alimentano sospetti sempre peggiori della verità.
È certamente questo il caso delle carte del discusso pontificato di Papa Pacelli negli anni della guerra, soprattutto ai silenzi nei confronti dello sterminio degli ebrei.
Gli storici più avvertiti hanno sempre sostenuto che la sostanza delle questioni fossero già contenute nelle importanti fonti già fonti pubblicate prima dell’apertura archivistica. E venute già alla luce in fondamentali ricerche pubblicate negli anni della lunga attesa di questa apertura, dovuta forse più dalla fatica di catalogare la grande documentazione che non dalla volontà di nascondere ed occultare. Prima fra tutte l’antologia, curata da quattro gesuiti, in undici volumi, Actes et Documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale (1965-1982) espressamente voluta da Paolo VI. Qui erano già chiari i nodi più significativi.
In questa nuova apertura, sono interessanti anche altre questioni, come quelle relative alle ripetute interferenze che la Chiesa pacelliana avrebbe compiuto verso lo stato laico, nella figura del Primo Ministro, il pur integerrimo democristiano Alcide De Gasperi. Il quale chiamava le pressioni subite, «la sua storia segreta», come scrive Andrea Riccardi nella prefazione ad un recente libro scritto sulle nuove fonti, relativo al periodo compreso tra la fine del ventennio fascista e l’avvio della Repubblica. Anni in cui la Chiesa svolgeva un ruolo di protagonista, nella transizione tra la ricostruzione del Paese e il pericolo comunista (Cesare Catananti, L’Italia vaticana. L’egemonia della Chiesa di Pio XII sulla Repubblica ( San Paolo, Roma 2025).
Ma quello dei silenzi di Pio XII verso la persecuzione degli ebrei resta il tema forse più controverso della chiesa novecentesca.
E anche se non ci si poteva aspettare grandi scoop, molte sono le informazioni, le faglie, gli arricchimenti che gettano luce sul periodo drammatico della Seconda guerra mondiale, scritto sulle recenti fonti archivistiche, da parte di Giovanni Coco, (Un mosaico di silenzi, Mondadori, Milano 2025) con Prefazione di Andrea Riccardi. Brillante archivista dell’Archivio apostolico Vaticano, Coco ha saputo, con acume e acribia, fare il punto sulla nuova documentazione, facendo parlare le carte senza mai perdersi nel particolare ma trovando felici sintesi.
Un’ ampia ricerca, che delinea un quadro ricco di spunti e suggestioni non scontate e pone interrogativi importanti: l’estenuazione del dibattito sui silenzi spesso non tiene conto di come fossero datati se non obsoleti gli strumenti di intervento della Santa Sede e della sua diplomazia in un contesto storico di straordinari, inediti, cambiamenti.
Pacelli era stato un grande diplomatico, come nunzio in Germania, dopo la prima guerra mondiale aveva intercettato i grandi cambiamenti intervenuti dopo il trattato di Versailles ma da Pontefice - riscostruisce Coco - risente dei grandi limiti della diplomazia vaticana che non consentivano un approccio alla gravità di ciò che stava succedendo.
«Una procedura farraginosa e talvolta labirintica, che non facilitava il rapido svolgimento delle pratiche, sottoposte poi al vaglio di criteri molto rigidi e selettivi… un sistema che pur svolgendo una generosa attività non avrebbe facilmente compreso la reale portata di quella tragedia» (Coco p. XVI).
Il Vaticano era stato assai indulgente con il regime fascista e nazista, al loro nascere: accolti quasi con sollievo, sembrava alle gerarchie di avere finalmente trovato, nei totalitarismi al loro sorgere, un alleato solido e affidabile contro il comunismo, in nome di una comune difesa dei valori fondamentali del principio di autorità, (Dio, patria e famiglia).
Solo quando avverte il pericolo di una competizione con i totalitarismi sul suo stesso terreno la Chiesa rivendica il suo essere “totalità”, quella già vissuta nel modello Christianitas medievale. E quindi, dopo il primo entusiasmo, si sviluppò una diffidenza e in alcuni casi un conflitto vero e proprio con i totalitarismi novecenteschi.
L’antisemitismo, che li pervadeva, affondava però le sue radici nell’antigiudaismo cristiano: anche la persecuzione nazista degli ebrei risentiva dell’impianto secolare dell’antigiudaismo, come ricostruisce bene Coco nel suo libro, tra diffidenze, paure, reticenze espresse in un linguaggio mai netto e chiaro. La fatica, ad esempio, di usare il termine «sterminio», e, al massimo quello di «massacro». Non parliamo di genocidio.
Tra il 1952 e il 1954, in una serie di discorsi sui crimini di guerra e contro l’umanità c’è chi, come il monsignore Celso Costantini, volle intravedere l’allusione anche a «crimini per odio di razza». E in questo sforzo, Coco vi legge «l’evidente volontà di riempire un vuoto lasciato dal magistero dei suoi predecessori… Una lacuna della quale il pontefice stesso aveva sofferto…» (Coco, pag. 237).
Su questa osservazione mi sento però di dissentire, non mi pare infatti condivisibile l’affermazione dell’autore secondo cui, prima, ci sarebbe stato un vuoto assoluto al riguardo.
Il predecessore di papa Pacelli, del quale fu Segretario di Stato, quel Pio XI ricordato per avere detto di Mussolini: «L’uomo che la provvidenza ci ha fatto incontrare», negli ultimi anni della sua vita, invece, cambiò completamente e denunciò la persecuzione degli ebrei. E la cosa più interessante, quella che cominciava a coprire quel «vuoto», è che lo fece in ragione di una comune radice teologica. Nel 1938-1939 affermando che «spiritualmente siamo tutti semiti, per la comune radice abramitica» pose le basi della fine dell’antigiudaismo. Il 10 febbraio del 1939, nella notte in cui morì, fu trovato il discorso che Pio XI avrebbe voluto pronunciare ai vescovi già giunti a Roma per l’anniversario dei patti lateranensi. Era una condanna senza mezzi termini al fascismo. E che il suo Segretario di Stato, Eugenio Pacelli si affrettò a distruggere.
La storia dei silenzi di Pio XII
La giustificazione dei suoi silenzi, quella più scontata e, direi quasi banale, è stata, per lungo tempo, che Papa Pacelli non sapesse. Ci sono evidenze incontrovertibili, invece, del fatto che fosse informato regolarmente dai nunzi, dagli episcopati, dagli ambasciatori ecc. ecc. come, del resto lo erano, anche gli americani e gli inglesi. Tutti gli alleati, sapevano e hanno taciuto ancora più della Santa Sede.
La vera domanda è piuttosto perché abbia taciuto. Perché , secondo alcuni, il rischio di ritorsioni lo induceva ad una comprensibile prudenza per i danni che sarebbero stati superiori ai vantaggi: la persecuzione che sarebbe potuta peggiorare e avrebbe potuto coinvolgere anche i cattolici. Secondo altri, invece, avrebbe dovuto denunciare a viva voce per essere all’altezza profetica della sua funzione di pontefice come lo accusò, in modi durissimi, il modernista Ernesto Buonaiuti.
Pacelli era, per suo carattere, profondamente indeciso: soppesava, lacerato dai dilemmi, aveva uno spiccatissimo senso del dovere e provava devastanti sensi di colpa. Quando andò in visita a Roncalli allora nunzio ad Istanbul gli chiese «lei cosa pensa, cosa ridanno di me, dei miei silenzi?».
La cosa veramente inaccettabile e inspiegabile è il suo silenzio dopo la guerra quando si poteva e si sarebbe dovuto denunciare la Shoah. E fu allora che esplose la polemica, partita dal cuore stesso del mondo cattolico.
L’assistenza agli ebrei nel 16 ottobre ’43
Sull’occupazione tedesca a Roma c’è un episodio noto, dalla ambivalenza raggelante. Dopo l’effettuazione del rastrellamento, il cardinale Segretario di Stato Luigi Maglione interpellò l’ambasciatore tedesco presso il Vaticano, Ernst von Weizsäcker: il Segretario di Stato chiese di «intervenire in favore di quei poveretti» e si lamentò per il fatto che proprio a Roma, sotto gli occhi del Santo Padre, fossero fatte soffrire tante persone unicamente perché appartenenti a una determinata stirpe. Weizsäcker si limitò a chiedere quale sarebbe stata la reazione della Santa Sede, nel caso fossero continuati i rastrellamenti di ebrei. Maglione rispose che: «La Santa Sede non vorrebbe essere messa nella necessità di dire la sua parola di disapprovazione». Una denuncia a dir poco involuta.
Un altro episodio, citato da Coco nel suo libro Un mosaico di silenzi, testimonia, tra i tanti, l’impermeabilità tedesca nei confronti di un intervento del Vaticano. Una plenaria di cardinali (febbraio ’43) discute e approva una protesta nei confronti della Germania, testo che il nunzio di Berlino consegnò a Ernst von Weizsäcker, che allora era sottosegretario agli esteri tedesco, perché lo consegnasse al Ministro Joachim von Ribbentrop, il quale non lo aprì neppure e lo riconsegnò come non pervenuto. Insomma pressioni quasi inesistenti e soprattutto neppure ascoltate.
Papa Pacelli svolse però - come ormai è noto anche attraverso una crescente letteratura - un’imponente azione di protezione degli ebrei durante l’occupazione nazista a Roma. E se il suo impegno di assistenza non risponde al problema dei silenzi, fu in ogni caso poderoso.
L’occupazione tedesca a Roma durò 9 mesi: dal 10 settembre ’43 fino alla liberazione di Roma il 4 giugno ’44, in quell’arco di tempo circa 2000 ebrei furono uccisi. Gli elenchi, ritrovati recentemente nell’archivio del Pontificio Istituto Biblico di Roma riportano 4330 persone di cui 3200 ebrei.
L’assistenza fu grandiosa, nei numeri e capillare nei modi. Più di 100 congregazioni femminili e cinquantacinque monasteri maschili ospitarono famiglie ebree.
Ed è del tutto inverosimile che questi salvataggi avvenissero in modo spontaneo, per ordine dei superiori, delle badesse e dei priori e non piuttosto a partire da un ordine centrale. Anche se, in tanti storici, cercammo invano «la prova scritta, la pistola fumante».
Montini, il sostituto alla Segreteria di Stato, diretto collaboratore del papa, si adoperò in ogni modo. E questo è più che un indizio che il Papa non solo sapesse ma avesse dato una disposizione .
Inutile la ricerca di un documento scritto (che sarebbe stato pericoloso) o orale. Non c’è la prova certa ma c’è una formula standard , una circolare: ce ne sono tracce negli archivi dei monasteri di clausura dei Santi Quattro coronati e di Santa Susanna del periodo ottobre 1943-giugno 1944 ( cfr. Cavigiani, su Avvenire di Giovanni Grasso sabato 17 gennaio 2015). Questo monastero era un luogo di incontri clandestini dei dirigenti comunisti prima dell’occupazione tedesca ed è rimasto un luogo frequentato da loro fino ai nostri giorni. Io stessa ho partecipato a diversi funerali dei parenti di membri dell’ ex-PCI.
Sono storie che ci parlano ancora. Anche se i protagonisti sono via via scomparsi quasi lasciando le loro memorie nella ricca produzione di tanti bellissimi romanzi su quei mesi.
La voce serve
Laser 26.01.2024, 09:00
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