Arte

Helmut Newton

L’enfant terrible della fotografia

  • 23 January, 14:22
  • 24 January, 08:36
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Helmut Newton, Self-Portrait, Monte Carlo 1993

Helmut Newton, Self-Portrait, Monte Carlo 1993

  • © Helmut Newton Estate
Di: Francesca Cogoni

“Potresti guardare qualsiasi immagine e dire: ‘Questa è una fotografia di Helmut Newton’. Non sono molti i fotografi di cui è possibile affermare ciò”. A dichiararlo è madame Anna Wintour, potentissima, e temutissima, storica direttrice di Vogue America. Un’asserzione che coglie in pieno quella che era forse la principale abilità del celebre fotografo tedesco, e cioè quella di aver saputo creare un suo stile personalissimo e ben riconoscibile, permeato da un indissolubile intreccio di provocazione e glamour.

Helmut Newton, Thierry Mugler, Monaco 1998 © Helmut Newton Estate.jpg

Thierry Mugler, Monaco 1998

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Protagonista della fotografia del XX secolo, Helmut Newton è stato, ed è tuttora, tanto adorato quanto criticato. Le sue immagini controverse e dall’alto tasso erotico, con protagoniste modelle algide e sensuali, ambientate in set ricercati e condite da dettagli eccentrici e sovente fetish, continuano a far discutere e al contempo affascinare, innescando un sostanziale interrogativo: donna dominatrice o donna-oggetto? Un quesito che Newton di certo non si poneva, per lui contavano la libertà di fotografare e l’assenza di tabù. Antimoralista per eccellenza, considerava i concetti di “arte” e “buon gusto” in fotografia alla stregua di due parolacce e non si curava dei giudizi negativi, anzi ci rideva su, come quella volta in cui in un programma televisivo la scrittrice e filosofa statunitense Susan Sontag definì il suo lavoro “misogino”. Desiderio di fotografare, ma anche fotografare il desiderio: ecco l’essenza della lunga carriera di Helmut Newton.

Helmut Newton, Andy Warhol, Vogue Uomo, Paris 1974 © Helmut Newton Estate.jpg

Andy Warhol, Vogue Uomo, Paris 1974

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Nato a Berlino il 31 ottobre 1920 in una ricca famiglia ebreo-tedesca, Helmut Neustädter – questo il suo nome di battesimo – trascorre l’infanzia e la prima giovinezza in un clima intriso di agio e rigore, tra vacanze alle terme, lezioni di ballo e letture “proibite” trafugate dalla libreria del padre.

La fotografia fa capolino nella sua vita molto presto. “È stato meraviglioso crescere in una città come Berlino. Quelli erano anni di vero fermento per la fotografia; mio padre aveva una macchina fotografica che mi ha sempre incuriosito, uno di quei modelli Kodak fatti a scatola, li aprivi e usciva fuori la macchina. Si chiamava Etui: ricoperta di pelle, aveva un dispositivo per la misurazione ottica dell’esposizione” – leggiamo nella sua Autobiografia (Contrasto, 2004) – “Mio padre faceva delle belle foto, tra cui quasi tutte quelle che mi ritraggono da bambino con mia madre. Ovviamente a me non la fece mai usare. Nel 1932 però, poco dopo essermi tagliato i capelli, comprai la mia prima macchina fotografica: un’Agfa Tengor Box”.

Helmut Newton, Claudia Schiffer, Vanity Fair, Menton 1992 © Helmut Newton Estate.jpg

Claudia Schiffer, Vanity Fair, Menton 1992

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Nonostante la resistenza del padre, che sogna per lui una professione altolocata, a sedici anni Helmut inizia un apprendistato nello studio della fotografa Yva (pseudonimo di Else Simon), molto nota nella Repubblica di Weimar e specializzata in ritratti, nudi e fotografia di moda. Newton ricorderà i due anni al fianco di Yva come i giorni più felici della sua adolescenza. La sua formazione, però, si interrompe bruscamente nel ’38, quando è costretto a lasciare la città e la sua famiglia per sfuggire alle persecuzioni naziste. Dalla stazione dello Zoo di Berlino prende un treno per Trieste, quindi parte alla volta dell’Estremo Oriente su una nave Conte Rosso insieme a tantissimi altri ebrei. Con sé ha due macchine fotografiche e non ha la minima idea di che cosa lo attenderà.

Helmut Newton, David Lynch and Isabella Rossellini, Los Angeles 1988 © Helmut Newton Estate.jpg

David Lynch and Isabella Rossellini, Los Angeles 1988

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Segue un periodo confuso e agitato a Singapore, dove Newton cerca di portare avanti per quanto possibile l’attività di fotografo, senza grandi soddisfazioni. Poi, nel 1940, approda in Australia, dove si arruola nell’esercito per cinque anni. Terminata l’esperienza militare e acquisita la cittadinanza australiana nel 1946, con annesso cambio di cognome, Helmut Newton apre un piccolo studio fotografico a Melbourne. È qui che incontra l’attrice June Brunell, che posa per lui come modella. Si sposeranno l’anno seguente. June sarà al suo fianco per tutta la vita, come moglie e fidata collaboratrice e consigliera, e a partire dagli anni Settanta, lei stessa intraprenderà la carriera di fotografa con lo pseudonimo di Alice Springs.

Helmut Newton, Rushmore, Italian Vogue 1982 © Helmut Newton Estate.jpg

Rushmore, Italian Vogue 1982

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Intorno alla fine degli anni Cinquanta, dopo alcuni lavori in ambito pubblicitario e commerciale, Helmut Newton ottiene finalmente l’agognato contratto con Vogue. Ha così inizio la sua progressiva scalata verso l’olimpo della fotografia di moda, che lo vede trasferirsi prima a Londra, poi a Parigi, di nuovo a Melbourne e ancora a Parigi. È soprattutto in quest’ultima città che, grazie ai numerosi servizi commissionati, ha modo di sviluppare il suo peculiare stile e immaginario visivo, facendo tabula rasa delle convenzioni.

Helmut Newton, Debra Winger, Los Angeles 1983 © Helmut Newton Estate.jpg

Debra Winger, Los Angeles 1983

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Le collezioni di moda si susseguono e così i lavori, a ritmo frenetico, da un set all’altro in giro per il mondo. “La mia ambizione di diventare il migliore stava diventando una forma di autolesionismo. Fumavo molto e bevevo parecchio. Non fumavo quelle sciocche sigarette con il filtro, ma Lucky Strike e Camel, roba pesante”, leggiamo ancora nell’autobiografia.

Ostinazione, ambizione, trasgressione e audacia sono le sue armi. Nelle sue foto, Helmut Newton mescola le influenze e i ricordi giovanili (l’esempio di Yva, ma anche di Leni Riefenstahl, di cui ammira il talento filmico e non certo le simpatie naziste), le suggestioni tratte dalle opere di autori come Arthur Schnitzler e Stefan Zweig, e ancora teatralità, mistero, humour, sadomasochismo: un mix esplosivo, gestito e dosato con tocco impeccabile e con freddezza, in cui nulla è lasciato al caso.

Helmut Newton, Marlene Dietrich, Hollywood © Helmut Newton Estate.jpg

Marlene Dietrich, Hollywood

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Il risultato sono immagini, narrazioni, messe in scena che vanno oltre qualsiasi classificazione. Basti pensare ad alcuni dei suoi lavori più celebri e iconici, come la serie fotografica “Simulato e umano”, dove modelle e manichini si confondono, o come gli scatti ispirati al romanzo erotico Histoire d’O o ai film di Erich Von Stroheim, con donne costrette in busti ortopedici, collari e gessi; o ancora, l’imponente ciclo dei “Big Nudes”.

E poi ci sono i tanti memorabili ritratti che Newton ha realizzato nel corso degli anni, tra affascinanti muse e personalità di spicco, come Isabella Rossellini, Andy Warhol, Gianni Agnelli, Paloma Picasso, Catherine Deneuve, Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Dalì, Margareth Thatcher… l’elenco è davvero lungo.

Come ben sintetizza Gero von Boehm, amico del fotografo e autore dell’interessante documentario Helmut Newton: The Bad and the Beautiful Helmut Newton “era una combinazione impossibile di ragazzaccio berlinese, gentleman, provocatore, anarchico e, ovviamente, immenso artista”. Newton, però, ripudiava l’etichetta di artista, amava definirsi piuttosto un “voyeur”.

Il 23 gennaio 2004, Helmut Newton muore improvvisamente a Los Angeles, stroncato da un infarto mentre si appresta a uscire dal garage dello Chateau Marmont al volante di una fiammante Cadillac. Se ne va a 84 anni dopo una vita intensissima e una carriera prolifica, poco prima di poter assistere alla completa realizzazione della fondazione a lui dedicata, la Helmut Newton Foundation, situata al numero 2 di Jebensstrasse a Berlino, proprio accanto alla stazione Zoologischer Garten da cui era partito diciottenne con due macchine fotografiche in valigia.

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La corrispondenza 25.02.2020, 08:05

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