Arte

Richard Avedon

Maestro del ritratto e della fotografia di moda

  • 29 settembre 2022, 11:57
  • 31 agosto 2023, 11:35
Richard Avedon, Self-portrait, Provo, Utah, August 20, 1980

Richard Avedon, Self-portrait, Provo, Utah, August 20, 1980

  • © The Richard Avedon Foundation
Di: Francesca Cogoni

Andy Warhol, Alberto Giacometti, Truman Capote, Michelangelo Antonioni, Humphrey Bogart, Marilyn Monroe, Malcom X, Bob Dylan, John Lennon, Rudolf Nureyev, Sophia Loren, George Bush… che cosa accomuna questi personaggi? Sono tutti celebrità, certo, ma il loro denominatore comune è il fatto di essere stati tutti immortalati da Mr. Richard Avedon, nato a New York il 15 maggio 1923.
Tra i più celebrati precursori della moderna fotografia di moda, Avedon è stato anche un ritrattista di rara maestria, capace di instaurare con i suoi soggetti una stretta relazione, fatta di stima e fiducia e spesso protratta nel tempo, come testimonia, e sottolinea già dal titolo, la bella retrospettiva “Richard Avedon: Relationships” che gli ha recentemente dedicato Palazzo Reale di Milano.
Classe, armonia, precisione: sono queste le prerogative della fotografia di Richard Avedon, che in sessant’anni di carriera ha dato vita a immagini impeccabili e iconiche, ritraendo modelle, attori, danzatori, artisti, scrittori, musicisti, capi di stato, attivisti, ma anche persone comuni a cui ha donato un momento di notorietà. «Penso che tutta l’arte riguardi il controllo ‒ l’incontro tra il controllo e l’incontrollabile»: una dichiarazione che ben esprime il raffinato rigore e lo stile “classico” ‒ inteso nel senso di esemplare e intramontabile, non certo di convenzionale ‒ di questo grande protagonista della fotografia del Novecento.

Richard Avedon, Truman Capote, writer, New York, October 10, 1955

Richard Avedon, Truman Capote, writer, New York, October 10, 1955

  • © The Richard Avedon Foundation

Nato a New York da una famiglia di origine ebreo-russa, Richard Avedon inizia a interessarsi alla fotografia fin da giovanissimo: ha solamente dodici anni quando aderisce al club fotografico della Young Men’s Hebrew Association. Durante gli anni di studio alla DeWitt Clinton High School nel Bronx, co-dirige insieme allo scrittore James Baldwin la rivista letteraria scolastica The Magpie. Si iscrive quindi alla facoltà di Filosofia della Columbia University, ma nel 1942 decide di abbandonare gli studi per entrare nelle forze armate e lavorare come assistente fotografo nella marina militare. «Avevo il compito di fare fotografie identificative. Devo aver fotografato centomila volti prima di rendermi conto che stavo diventando un fotografo».
Dopo due anni di servizio, Avedon lascia la marina militare per lavorare come fotografo professionista. Grazie al fortunato incontro con Aleksej Brodovič, art director della nota rivista Harper's Bazaar, inizia a realizzare i suoi primi scatti di moda. Fin da subito, evita le pose statiche e le ambientazioni fittizie in studio per ritrarre le modelle in movimento, vitali e disinvolte, in contesti reali, per strada, nei locali notturni o in spiaggia. Dovima, Dorian Leigh e Suzy Parker sono alcune delle affascinanti icone di stile che Avedon fotografa in questo primo periodo, ponendone in risalto non soltanto gli abiti, le acconciature e gli accessori, ma anche la personalità e l’attitudine. Dovima, tra le modelle più pagate degli anni Cinquanta, racconterà così dell’affinità con il fotografo: «Diventammo un po’ come due fratelli siamesi, e io intuivo cosa voleva prima ancora che me lo spiegasse. Lui mi chiedeva di fare cose fuori dell’ordinario ma io sapevo sempre che avrei fatto parte di una foto grandiosa». Basti pensare allo splendido scatto Dovima con gli elefanti, abito da sera Dior, Cirque d’Hiver, Parigi, Agosto 1955, divenuto emblematico nella storia della fotografia di moda.

Richard Avedon, Dovima with elephants, evening dress by Dior, Cirque d'Hiver, Paris, August 1955

Richard Avedon, Dovima with elephants, evening dress by Dior, Cirque d'Hiver, Paris, August 1955

  • © The Richard Avedon Foundation

Oltreché nella fashion photography, Avedon comincia ad affermarsi anche come abile ritrattista di personalità del mondo della cultura e dello spettacolo. «Sono sempre le persone a stimolarmi. Quasi mai le idee». E sono innumerevoli i volti da lui effigiati. Tra i tanti a posare di fronte alla sua fotocamera e a fidarsi della sua innata capacità di catturare dettagli e sfumature emotive, ci sono il poeta Allen Ginsberg (memorabile il ritratto di coppia con il partner Peter Orlovsky), Marilyn Monroe (colta in tutta la sua fragilità), Andy Warhol (che esibisce le tante cicatrici sul suo busto causate dal tentato omicidio da parte di Valerie Solanas), lo scrittore Truman Capote, che appare come un delicato efebo. Con quest’ultimo, in particolare, Avedon stringe una profonda amicizia e collabora più volte: Capote scrive un saggio per il primo libro fotografico di Avedon, Observations (1959), mentre il fotografo ritrae i presunti assassini Perry Smith e Richard “Dick” Hickock, sulla cui vicenda Capote incentrerà il romanzo A sangue freddo.

Richard Avedon, Carmen (homage to Munkácsi), coat by Cardin, Place François-Premier, Paris, August 1957

Richard Avedon, Carmen (homage to Munkácsi), coat by Cardin, Place François-Premier, Paris, August 1957

  • © The Richard Avedon Foundation

Nel 1965, in seguito alle dure critiche ricevute per aver fotografato delle modelle di colore, Avedon lascia
Harper's Bazaar e avvia una lunga e proficua collaborazione con la prestigiosa rivista
Vogue. In questo periodo, il suo stile comincia a evolversi: passa al lavoro in studio e opta per lo sfondo bianco, soluzione che gli permette di eliminare qualsiasi potenziale elemento di distrazione e di concentrare l’attenzione sulla posa, i gesti, l’espressione. Predilige inoltre il grande formato e l’inquadratura ravvicinata, così da conferire alle sue immagini una grande potenza visiva. Rebecca A. Senf, curatrice della mostra in corso a Palazzo Reale, spiega bene questo approccio dichiarando:
«Avedon dà vita a ritratti potentemente descrittivi che avvicinano l’osservatore ai soggetti effigiati. La capacità di vedere i singoli peli di un sopracciglio, i contorni di ogni ruga o la trama di un abito pone l’osservatore a una distanza generalmente riservata a coniugi, amanti, genitori o figli. In questo spazio privato, possiamo indugiare a nostro piacimento, assimilando lentamente i dettagli che definiscono il volto di una persona, le sue mani, il suo corpo, gli abiti che indossa».


Nel corso degli anni, Avedon affina questo personale stile distinguendosi per la compostezza, l’intensità e la perfezione formale dei suoi lavori. Accanto all’ampio repertorio di servizi di moda per i marchi più rinomati, sviluppa parallelamente anche una ricerca più impegnata che lo porta a fotografare le tante manifestazioni per i diritti civili in giro per gli Stati Uniti, i reduci di guerra e le vittime del napalm in Vietnam. Nel 1974, al MoMA di New York sconvolge critica e pubblico esponendo una serie fotografica incentrata sulla lenta morte del padre Jacob Israel Avedon, consumato dal cancro.

Richard Avedon, Jean Shrimpton, evening dress by Cardin, Paris, January, 1970

Richard Avedon, Jean Shrimpton, evening dress by Cardin, Paris, January, 1970

  • © The Richard Avedon Foundation

Dal ’79 all’85, il fotografo newyorkese si dedica a uno dei progetti più significativi e interessanti della sua carriera: un ampio reportage commissionato dall’Amon Carter Museum of American Art che si traduce in una mostra e un libro intitolati In the American West. Avedon esplora il cuore dell’Ovest americano, i suoi angoli più oscuri e meno battuti, incontrando e ritraendo operai, minatori, camerieri, senzatetto, disoccupati, contadini, derelitti… Lo sfondo bianco è il medesimo dei ritratti in studio, ma in questo caso il fotografo si muove tra strade, parcheggi, giacimenti petroliferi e lande desolate. Ne risultano immagini crude che fanno a pezzi il mito del West a stelle e strisce. Ritratti monumentali, duri e affascinanti, che restituiscono forza e dignità a una parte di società statunitense emarginata e ignorata.
«Se passa un giorno senza che io faccia qualcosa che riguarda la fotografia, sento di aver tralasciato qualcosa di fondamentale per la mia esistenza, è come se avessi dimenticato di svegliarmi». Per Richard Avedon la fotografia era una disciplina da svolgere con passione e rigore, costanza e meticolosità. Dopo la sua morte, avvenuta nel 2004 a San Antonio, Texas, mentre lavorava a un servizio per il periodico The New Yorker, è la Richard Avedon Foundation a conservare, promuovere e valorizzare il suo enorme lascito fotografico, che continua a rappresentare una grande fonte di ispirazione per molti.

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