Letteratura

Cosa sarebbe la letteratura, senza vino?

Pare che anche gli animali si sbronzino, con frutta fermentata che sviluppa etanolo. E il vino inzuppa poesia e prosa di ogni tempo, da Euripide a Dylan Thomas

  • Ieri, 13:00
Bacco, incisione, 1553

Bacco, incisione, 1553

  • IMAGO / Gemini Collection
Di: Kappa / Enrico Bianda 

Il vino parla, lo sanno tutti. Basta guardarsi in giro.
È ventriloquo a un milione di voci, scioglie la lingua, svela segreti che senza vino non si sarebbero mai scoperti.
Grida, sussurra, racconta grandi cose: progetti meravigliosi, amori tragici, tradimenti. Ride a crepapelle, soffoca piano una risata. Vino, alcol, sbornie, ciucche.

Sono temi che inzuppano la letteratura di ogni tempo e di tutte le geografie, svolti in un bel libro che si intitola, da vent’anni a questa parte, Elogio della sbronza consapevole. È una stravagante, godibilissima antologia, con il sottotitolo Piccolo viaggio dal bicchiere alla luna. Gli autori, Enrico Remmert e Luca Ragagnin, raccolgono sequenze originali, lucidi estratti, una serie di aforismi, citazioni legati al motivo del bere: può essere vino, birra, qualunque cosa, purché sia alcolica. Dai puri distillati della Bibbia alle prose visionarie di Dylan Thomas.

Pare che anche alcuni animali siano dediti alle sbronze, e forse proprio per questo fatto alcuni di noi sono propensi al consumo sregolato di alcool, a causa di alcuni geni ereditati da un primate che, amando la frutta fermentata, profitta dello stato di estasi alcolica indotto da quei frutti un po’ “andati”.

Elogio della sbronza consapevole ci porta tra i classici del mondo antico. Incontriamo, per esempio, Anacreonte, che celebra con solennità il ragazzo amato:

Porta l’acqua, ragazzo, porta il vino / e ghirlande portaci di fiori / orsù portale, ché non voglio / con Eros fare a pugni.

Poi c’è Euripide, che decreta filosoficamente l’estasi dionisiaca:

 Dove non è vino non è amore / e null’altro diletto havvi ai mortali.

Ancora, tra i tanti, la giornalista americana Dorothy Parker che ritrae i conformismi erotico-alcolici delle classi altoborghesi:

«Adoro farmi un Martini / perfino un secondo bicchiere / al terzo finisco sotto il tavolo / al quarto sotto il mio cavaliere»

Con intenso abbandono, il romantico inglese John Keats sogna la bellezza:

«Poter bere una coppa del caldo Sud, con perle bollicine scintillanti all’orlo / e la bocca una purpurea macchia; / potessi io bere, e non visto abbandonare il mondo / e via, con te svanire nella foresta oscura»

Non si tratta di un invito al consumo smodato, certo. Ma, nel caso, si sa che la colpa è dello scimpanzè.

03:18
immagine

Il vino che parla

Kappa: la non notizia 04.12.2025, 18:00

  • iStock
  • Enrico Bianda

Correlati

Ti potrebbe interessare