Letteratura

Gipi, vent’anni di sincerità

Dal 2003 l’autore toscano ha cambiato la sua storia artistica, e nel frattempo quella del fumetto italiano

  • 21 novembre 2023, 10:19
  • 21 novembre 2023, 10:20
Gipi

Gipi, Stacy, Coconino Press

Di: Michele Serra

Di questi tempi è di moda l’autenticità. Peccato da una parte che sia un concetto ambiguo e sfuggente – ancor di più nell’epoca dell’ipermediazione delle nostre esistenze – e dall’altra che sia confusa con un “parlar chiaro” che nella maggior parte dei casi assume contorni di urticante banalità.
Per fortuna esiste ancora qualche raro autore capace di tenere insieme verità e complessità, descrizione e metafora, chiarezza e ambiguità. Insomma, qualcuno che riesce a restare umano, per utilizzare uno slogan abusato (e qui ancora una volta fuori luogo, ma tant’è).
Autori come Gianni “Gipi” Pacinotti, da un ventennio circa star del fumetto italiano, che oggi manda in stampa per il suo storico editore Coconino Press l’ultimo graphic novel Stacy, ennesimo salto evolutivo di quella forma di autofiction realista che Gipi ha perfezionato nello spazio di una decina di libri mal contati. Un percorso che l’ha portato dai quaranta ai sessant’anni, e che l’ha fatto diventare quello che nel lontano Novecento si sarebbe chiamato un Maestro.

Stacy

Alphaville 03.11.2023, 11:30

È cominciato vent’anni fa tondi, quando la vita artistica dell’autore pisano è cambiata radicalmente. Del resto non è piccolo il passo che separa il lampo di un racconto breve o di una vignetta – come quelle disegnate per tutta la prima parte della sua carriera, prima sullo storico settimanale satirico Cuore e poi sulla rivista Blue – dal complesso corpo di un romanzo. Eppure Gipi ha fatto il salto con istintiva naturalezza, sperimentando nuove modalità narrative e grafiche, proprio quando il graphic novel diventava una forma finalmente appetibile per il mercato. L’uomo giusto al momento giusto, certo. Ma non solo.
Tornando all’evoluzione: nel 2003 le tavole scure e materiche di Esterno Notte, poi un primo punto di arrivo stilistico con Appunti per una storia di guerra (2004) e Hanno ritrovato la macchina (2006): linee piatte e sottili, mezzetinte, figure dai tratti appuntiti e cartooneschi.
In queli anni comincia a fare capolino l’autobiografia – all’interno del godibilissimo “Questa è la stanza” (2005) – ultimo pezzo che avrebbe completato il puzzle della prima grazia creativa di Gipi nel bellissimo S., uscito nel 2006.
S. era l’iniziale di Sergio, il padre dell’autore scomparso da poco. In quelle pagine Gipi riusciva nell’impresa di parlare, scrivere, disegnare il sentimento della mancanza, trasformandolo in motore emotivo per alimentare il suo racconto. “S.” era biografia e autobiografia, raccontava diffusamente aneddoti della seconda guerra mondiale attraverso gli occhi di ragazzi poco più che ventenni (come il padre dello stesso Gipi); raccontava la giovinezza dell’autore; e infine, raccontava un funerale. Tutti gli episodi – tranne l’ultimo – narrati più volte, da diversi punti di vista, tramite stacchi repentini e salti temporali importanti, improvvisi, che comportavano un notevole dispendio di energie da parte del lettore. Altro che spiegoni, altro che lettori trattati come poppanti che hanno bisogno della manina per attraversare la strada.
Gipi diceva di essersi ispirato, per S., a Kurt Vonnegut e a quello che è unanimemente considerato il capolavoro dello scrittore americano, Mattatoio N°5. In quelle pagine Vonnegut descrive gli alieni del pianeta Tralfamador, esseri pentadimensionali capaci di vedere il tempo non come un divenire, ma in modo statico, abbracciando con uno sguardo l’intera eternità. Di conseguenza per i tralfamadoriani il concetto di vita è piuttosto sfumato: le persone sono entità di flusso, sempre visibili nella loro interezza, dalla nascita alla morte, mai veramente create, mai veramente scomparse. Gipi diceva di aver trovato conforto in questa idea, di aver cercato di trasferirla sulla pagina. Un riferimento altissimo per un libro toccante, drammatico e ironico, prima svolta della carriera di Gipi.
 

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Gipi, S., Coconino Press, 2014

La seconda svolta è il successo di La mia vita disegnata male nel 2008, long seller capace di vendere 50.000 copie nell’asfittico mercato del ventunesimo secolo. Qui la narrazione diventava spiccatamente autobiografica, raccontando le esperienze di vita più strettamente personali di Gipi. Con una spiccata predilezione per quelle negative: incidenti con sostanze stupefacenti, maldestri tentativi di suicidio, qualche giorno in galera, il tentativo di stupro della sorella cui aveva assistito da bambino. Tutte cose che non venivano rinnegate, ma raccontate senza molti pudori, con l’ironia di chi ne ha viste un bel po’. Anche in questo caso, con disegni meravigliosi e una forma narrativa non lineare, interrotta da brevi fantasie escapiste in cui Gipi diventava protagonista di fumetti d’avventura, soldato o pirata.
 

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Gipi, Lmvdm, Coconino Press, 2008

La terza svolta è del 2014: il graphic novel Unastoria entra nella dozzina finalista del premio Strega, primo fumetto nella storia del più importante riconoscimento letterario italiano (strano che sia successo con uno dei racconti più deboli della sua produzione di quel decennio, al di là dell’indiscutibile eccellenza grafica, ma questa è un’altra storia). Segue dibattito sulla “liberazione” del fumetto dagli stretti recinti del fumetto stesso, o roba (noiosa) del genere, e sulla pertinenza di un fumetto all’interno di un concorso per libri-senza-disegni. Il secondo, in effetti, più interessante dal punto di vista teorico. Ma superato dagli eventi in un mondo occidentale in cui i fumetti entravano sempre più spesso nelle shortlist dei premi letterari: Chris Ware nel 2001 aveva vinto il Guardian First Book Award in Inghilterra, dopo Zadie Smith e prima di Johnathan Safran Foer.
La candidatura di Gipi rappresentava dunque un riconoscimento “ufficiale” dell’importanza culturale del fumetto italiano in quel momento storico (che casualmente era lo stesso in cui l’impatto sull’immaginario popolare del fumetto cominciava a ridursi, ma anche questa è un’altra storia).

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Gipi, unastroria, Ciconino Press, 2013

 
Tra il 2014 e il 2023 sono arrivati diversi libri, film, cortometraggi, un’altra candidatura al Premio Strega. E appunto lo status di Maestro, o qualcosa del genere.
Che però non ha messo Gipi al riparo dalle polemiche, come dimostrato in alcuni giorni di aprile 2021: erano i giorni in cui il movimento femminista Non una di meno lanciava l’hashtag #ioticredo, una campagna per affermare che era necessario, come prima cosa, credere alle donne che denunciano una violenza.
Il dibattito creatosi intorno a questa idea ispira Gipi, che disegna una striscia per il suo profilo Instagram. Nella striscia c’è un commissario che ascolta una donna, Marisa, che gli dice: Andrea mi ha menata.
Il commissario va su tutte le furie: «Arrestatelo! Portatelo qui! Mi fa vergognare in quanto uomo!». Poi però quando Andrea arriva alla stazione di polizia si scopre che anche Andrea è una donna, che dichiara immediatamente al commissario: «Marisa mi ha menato». La striscia si chiude con il commissario interdetto: la sua regola mentale si è scontrata con la realtà, che può essere più complicata dei nostri tentativi di semplificarla. O almeno, questo sembra essere il messaggio. La strip viene però letta solo come un attacco al movimento femminista, in giorni in cui peraltro in Italia si parla molto di stupro, dopo l’indagine per violenza sessuale che coinvolge il figlio del comico-politico Beppe Grillo (il processo è tuttora in corso). Gipi finisce così in mezzo a una tempesta di insulti social che dura circa tre giorni, e poi – come tutti i “casi” di internet – passa.

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Gipi, Una storia,

Due anni dopo, Gianni “Gipi” Pacinotti manda in stampa un romanzo a fumetti il cui protagonista si chiama Gianni, scrittore candidato al prestigioso premio Strega, che finisce in mezzo a una shitstorm di internet. Facile fare due più due e concludere che il nuovo libro di Gipi parli di quello che gli è successo, di come si fa in fretta a finire crocifisso sui social. Invece quello che effettivamente è successo a Gipi è solo il punto di partenza per un libro che racconta la superficialità dei nostri tempi; il desiderio di piacere a tutti; il cinismo; la follia di un uomo (che finisce per parlare con le voci e i demoni che ha dentro la testa) e quella del mondo che gli sta intorno, molto più pazzo di lui.
Se Stacy sarà un nuovo punto di svolta per la vita artistica di Gipi, solo il tempo potrà certificarlo. Quello che possiamo dire fino a qui è che si tratta di un grande racconto, ironico e durissimo, quintessenzialmente contemporaneo.
Dice Gipi di essere un po’ stufo della sincerità che lo ha reso famoso, eppure dentro Stacy ce n’è a palate. Mai semplice da raccontare, da leggere, da digerire. Però sempre, indiscutibilmente umana.

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