La memoria non è mai un archivio ordinato. È piuttosto un lessico personale, fatto di immagini che si accendono e si spengono, di episodi che tornano alla mente con la forza di una vertigine. Ad Alphaville, su Rete Due, lo scrittore italiano Tommaso Pincio la esplora con delicatezza e lucidità, raccontando un’infanzia fatta di silenzi, di oggetti che evaporano, di luoghi che non si possono più abitare.
Nel suo racconto, il passato non è mai solo nostalgia. È una materia viva, che pulsa sotto la superficie delle cose. Un gatto cresciuto come un umano, incapace di riconoscere i suoi simili, diventa simbolo: la sua solitudine, il suo spaesamento, sono quelli di chi non trova posto nel mondo, di chi è stato troppo a lungo esposto a un linguaggio che non gli appartiene. E quando il legame affettivo si spezza, non è l’uomo ad abbandonare l’animale, ma l’animale a voltarsi, a smettere di cercare, a rinunciare.
Lessico personale (1./5)
Alphaville 18.08.2025, 12:05
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Volevamo abbandonare un gatto e alla fine era il gatto che abbandonava noi.
Tommaso Pincio
Anche una semplice fotografia può diventare un oggetto impossibile. Scattata in un negozio d’ottica, mostra due fratelli che si guardano e sorridono. Ma il sorriso del narratore è una smorfia, un tentativo, un gesto incompiuto. Guardare quella foto troppo a lungo provoca un attacco di panico. Non è solo la commozione per un tempo perduto, ma il senso di una frattura profonda, di un’estraneità che si annida anche nei momenti più teneri. La foto diventa una polaroid dell’anima, un’immagine che non si riesce a sostenere, perché mostra ciò che non si può più toccare.
Lessico personale (2./5)
Alphaville 19.08.2025, 12:05
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Il sorriso riluttante di chi vive sempre con un piede scostato da sé e dal presente e sempre con un pensiero di troppo nella testa.
Tommaso Pincio
La malinconia attraversa anche le passeggiate domenicali, quelle che si facevano per riempire il vuoto di pomeriggi spenti. I negozi di arredamento, con le loro vetrine perfette, diventano luoghi di sogno. Le stanze esposte, mai vissute, mai contaminate, affascinano il bambino che le osserva. Non sono vere case, ma promesse di felicità, simulacri di un ordine impossibile. È lì che nasce la passione per la pittura, per gli interni osservati da fuori, per le atmosfere rarefatte di Edward Hopper. La bellezza non sta negli oggetti, ma nella loro inaccessibilità, nella loro sospensione.
Lessico personale (3./5)
Alphaville 20.08.2025, 12:05
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Erano belle perché erano sospese in una verginale immobilità. [...] Promesse di case, simulacri di luoghi dove poter star bene al caldo e forse anche felici.
Tommaso Pincio
Il tema della scomparsa si insinua con forza. Da bambino, Pincio credeva che le persone scomparse fossero semplicemente sparite, come se si fossero dissolte in un’altra dimensione. Solo più tardi capisce che “scomparso” è un eufemismo per la morte. Eppure, l’idea che gli scomparsi vivano altrove — in una metropoli sotterranea, in un’isola invisibile, o nascosti tra noi — non lo abbandona. In Giappone, scopre, esistono gli “evaporati”: persone che scelgono di sparire, aiutati da agenzie specializzate. È una realtà che sembra uscita da un romanzo, eppure esiste. E in fondo, anche la morte può essere letta come una forma di evaporazione.
Lessico personale (4./5)
Alphaville 21.08.2025, 12:05
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La morte come scomparsa. Crederei cioè a un luogo dove gli scomparsi si radunano a nostra insaputa, forse un’isola o magari un’enorme metropoli sotterranea.
Tommaso Pincio
Il racconto si chiude con un episodio traumatico: un tampone dimenticato in gola dopo un’operazione, la febbre altissima, la convinzione di dover morire. Ma la guarigione arriva, inaspettata, come una grazia. E con essa, un senso di colpa sottile, per essere ancora lì, ancora vivo. Da questa esperienza nasce forse l’attrazione per i luoghi transitori, per le stanze d’albergo, per gli spazi che non chiedono appartenenza. L’idea di essere di troppo, di non meritare lo spazio che si occupa, si insinua come una verità silenziosa.
Lessico personale (5./5)
Alphaville 22.08.2025, 12:05
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All’origine della mia passione per i luoghi sospesi, transitori, precari [...] c’è proprio l’insopprimibile sensazione di essere di troppo, di non meritare lo spazio che si occupa, la vita che si vive.
Tommaso Pincio
Tommaso Pincio ci offre un ritratto dell’infanzia come territorio fragile, dove ogni oggetto, ogni gesto, ogni parola può diventare simbolo. Il suo lessico personale è fatto di assenze, di distanze, di bellezza osservata da dietro un vetro. E in questa scrittura che non cerca risposte, ma solo verità, c’è tutta la forza della letteratura.