Leggere I protocolli dei savi di Sion alla luce di quanto sta accadendo nel mondo e a oltre un secolo dalla loro pubblicazione (1903) induce a riflessioni angosciose.
Si tratta di un «falso» storico senza alcun fondamento nella realtà (come già rilevato dal Times nei primi anni Venti): non è mai esistito nessun Maestro o Gran Saggio di Sion (foss’anche indicato nei Protocolli come il fondatore del sionismo Theodor Herzl) che ne ha dettato la linea né alcuna riunione segreta o congresso in Svizzera di «savi anziani» che ne abbiano raccolto e poi pubblicato gli insegnamenti in vista delle «24 fasi» che avrebbero portato alla «dominazione ebraica» del pianeta.
Semmai si tratta di un plagio palese di una commedia satirica francese comparsa nel 1864 a firma di un certo Maurice Joly: Dialogo agli Inferi tra Montesquieu e Machiavelli. Ovvero di un pamphlet che, debitamente manipolato da una delle frange «francesi» della polizia segreta russa (Okrana), mirava a condizionare Nicola II affinché, colpendo i bolscevichi e i riformatori, riconoscesse negli ebrei i «responsabili» o «capri espiatori» del tracollo sociale in corso in Russia, con il raccapricciante risultato di produrre massacri anti-ebraici di proporzioni colossali e di diffondere il convincimento di una «cospirazione giudaica» in ogni angolo del pianeta (coinvolgendo, tra l’altro, personalità come Winston Churchill e Henry Ford).
Eppure l’autore (o gli autori) ha saputo, con questi Protocolli –antesignani «fake» del cosiddetto «complottismo ebraico», che non poco hanno contribuito a diffondere anti-giudaismo dapprima e anti-semitismo poi, per sfociare dal 1948 in un più «politico» anti-sionismo – intercettare un sentimento e un’inquietudine che prima, durante e dopo il Terzo Reich (ovvero in una Germania ossessionata fin dalla sconfitta nella Prima guerra mondiale dall’idea della «congiura giudaico-bolscevica»), non solo in Europa ma ovunque nel mondo (in particolare nel mondo arabo-islamico), non hanno mai cessato di ripresentarsi. E che continuano a riproporre una drammatica domanda: E se esistesse un complotto ebraico per il dominio del mondo?
La domanda è ovviamente capziosa. Tuttavia, soprattutto in Medio Oriente, accompagna da decenni il dibattito presso una larghissima fascia di intellettuali, che nei Protocolli ritrovano per così dire quell’«avallo ideologico» che il semplice scandaglio storico non consente.
Sionismi
Laser 30.11.2023, 09:00
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Di recente ne è stato testimonianza il volume del 2024 Les Protocoles des sages de Sion. Des origines à nos jours (Hermann) dello storico Pierre-André Taguieff, che tra le altre cose ricorda il ricorrente rilancio, nel mondo arabo-islamico, del pamphlet dopo la prima pubblicazione in arabo al Cairo nel 1925: a partire dalla sua «adozione strumentale» da parte di Nasser, negli anni Cinquanta, per arrivare all’utilizzo «antisionista» di Khomeini dopo il 1979, all’11 settembre del 2001 (che riaccese la tesi del «complotto giudaico») e al 7 ottobre 2023 (quando lo stesso Hamas ne impugnò le tesi per rafforzare la propria azione terroristica).
Nel mondo arabo, sottolinea Taguieff, ancora oggi le figure di sedicenti intellettuali affascinati dai Protocolli sono innumerevoli. E come ve ne furono tra i «suprematisti bianchi» o gli «antisemiti neri» negli Stati Uniti, ecco che ne allignano tra i «fondamentalisti musulmani» (indifferentemente jihadisti, salafiti e Fratelli musulmani), tra i «nazionalisti radicali» e i «neonazisti pagani», tra questa o quella setta esoterica, e tra i complottisti, i negazionisti e gli apocalittici.

Complottismo, fake news e altre trappole mentali
Alphaville 07.02.2024, 11:45
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Nondimeno la teoria di un «complotto ebraico su scala planetaria» va scandagliata nei suoi richiami più reconditi. Se non altro perché rappresenta appunto, in larga parte del territorio mediorientale, una delle ipotesi interpretative di quanto si sta producendo sui terreni di guerra palestinese, siriano, libanese e iraniano.
I protocolli dei savi di Sion – pur nella sua evidente natura di «falso» – dissemina infatti elementi di perplessità che non è del tutto aleatorio considerare e valutare.
In primis (e a prescindere dalla «tesi anti-ebraica» di fondo): siamo sicuri che i giochi politici internazionali siano ancora sotto il pieno dominio dei governi? O è viceversa il capitale, il denaro, l’«oro» – come viene metaforicamente chiamato nei Protocolli – a decidere in vece loro delle grandi scelte geo-strategiche? E quanto cruciale diventa allora l’affermazione del capostipite dei Rothschild (Mayer Amschel) quando affermava «La nostra politica è quella di fomentare le guerre, dirigendole in modo che tutte le Nazioni coinvolte sprofondino sempre più nel loro debito e quindi sempre più in nostro potere»? In secundis: esiste o non esiste una «strategia del nascondimento» che porrebbe nelle mani di «manovratori occulti» le redini delle decisioni ufficiali dei governanti in carica? O l’argomento, più volte ribadito nei Protocolli, secondo il quale l’indebolimento deliberato degli esecutivi da parte di lobbies che ne minerebbero autorità e potere decisionale, esautorando di fatto l’indipendenza politica da quella economica, è una mera petizione di complottismo? In terzis: siamo o non siamo assoggettati, con crescente evidenza, a una stampa «padronale» che veicola più propaganda finalizzata agli interessi dei grandi potentati di quanto dispieghi un libero esercizio critico di informazione?
Queste e altre domande, se affrancate dall’assunto anti-ebraico che le motiva nei Protocolli – e che ha largamente influenzato lo sterminio hitleriano – interpellano le nostre coscienze occidentali, e a un dipresso il nostro sentire «cosmopolita» e «globale», con una veemenza che è arbitrario rubricare come mero effetto di fantapoliticismo. Se non altro perchè evocano «gangli di potere» e «contenziosi strategici» che sono sotto gli occhi di tutti: accaparramento di terre e petrolio, controllo degli arsenali nucleari e delle materie prime, impoverimento deliberato della classe media, proletarizzazione delle masse e via elencando. In una parola: riduzione allo stato di sudditanza di intere popolazioni in vista di un loro integrale assoggettamento economico-militare.
Ora, la tesi dei Protocolli è di un’ingenuità fin troppo palese. Richiamando un orwelliano «Super-Governo» del mondo, le cui fila sarebbero rette da una non meglio precisata lobby «ebraico-massonica», non solo sottostima la millenaria logica che sottende a ogni potere (da quello secolare a quello temporale): quella di agire nel senso della subordinazione. Ma nel paventare l’avvento di un «Dispotismo planetario» organizzato sotto la guida di una «Super-Lobby» quale quella ebraica – con la «naturale» complicità di Europa e Stati Uniti, debitamente assoggettati – elude di fatto la complessità degli assestamenti globali, che non solo potrebbero ridursi a una polveriera nucleare senza vinti né vincitori, ma introdurre sulla scena «contro-poteri» (quali Russia, Cina, India e BRICS in generale, senza contare sollevazioni spontanee dal basso o guerriglie a bassa intensità sul modello del «fuochismo» sudamericano o della resistenza afghana) alla cui arrendevolezza potrebbe verosimilmente provvedere solo un annientamento atomico. E tuttavia, appunto, nell’indicare millenaristicamente un complotto «giudaico-massonico» – e nel suo proporsi, per quanto in veste di «falso» filologico e «falso» storico, come testa d’ariete di ogni più perverso anti-semitismo – i Protolli dei savi di Sion impongono ancora ai nostri giorni un soprassalto di coscienza.
Non foss’altro perché, come ricordato, alimentano una consapevolezza critica rispetto ad alcune tragiche minacce del mondo d’oggi: la subordinazione della politica al capitale, la subordinazione delle politiche ufficiali alle manovre occulte delle grandi «multinazionali» e delle lobbies che ne organizzano le azioni, la riduzione dell’informazione a megafono della propaganda (di qualunque regime o consesso statale), la sottomissione delle masse alle volontà di una «elité predatoria» nel cui programma persecutorio tutto è previsto tranne onorare il concetto di «giustizia sociale».
D’altra parte 1984 resta per noi un monito pur essendo «solo» una metafora: cioè, a rigore, un’invenzione. Quindi trarre, senza cadere in nessuna forma di abbaglio anti-ebraico, dai Protocolli dei savi di Sion i semi per vigilare sui destini del pianeta – a qualunque potere e a qualunque marca ideologica prestino le proprie aberrazioni di dominio – non solo non dovrebbe apparire un atto irresponsabile ma un invito a quella responsabilità «ecumenica» che solo ci può riportare al «grado minimo dell’umano» necessario per scongiurare il Disastro.