Società

Come il pubblico è diventato spettacolo, e la comicità è cambiata per sempre

L’ascesa del “crowd work” e il caso Matt Rife, reso immensamente celebre da Tik Tok: i social media hanno trasformato la stand-up comedy dal vivo, e reso l’improvvisazione con gli spettatori la nuova tendenza

  • Oggi, 08:00
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Matt Rife, 2023

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Di: Alessio von Flüe 

C’è una regola non scritta che accomuna la mia esperienza scolastica e l’andare a vedere uno stand-up comedian: mai sedersi nei posti davanti.

Il motivo è semplice: ci sarà un momento, durante lo spettacolo, in cui il comico sentirà il bisogno di comunicare con il pubblico. E, nella maggior parte dei casi, la vittima sacrificale di questa pratica sarà qualcuno seduto in prima fila.

In gergo si chiama crowd work – letteralmente “lavoro sulla folla” – e consiste proprio in questo scambio improvvisato tra il comico e il pubblico. Può partire da una semplice domanda, come: “c’è qualcuno di voi che fa un lavoro particolare?”, fino ad arrivare a confessioni più intime. Se seguite pagine che propongono contenuti comici, vi sarà di sicuro già capitato di imbattervi in video di crowd work.

Non ho mai amato quel momento, un po’ per la già citata – e in buona parte irrazionale – paura di essere chiamato in causa, e un po’ perché sono più interessato a quello che ha da dire chi sta sul palco, che al lavoro del mio vicino di sedia.

Per mia fortuna, tradizionalmente il crowd work è una parte a sé, funzionale all’interno di uno spettacolo. Serve a spezzare il monologo, a riattivare il pubblico, a farlo sentire considerato e partecipe. Da qualche anno a questa parte però, questo tipo di interazione ha preso sempre più spazio negli spettacoli comici. Il motivo è semplice: funziona benissimo sui social network.

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Stand up comedy senza limiti

Moby Dick 18.10.2025, 10:00

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  • Cristina Artoni

Intendiamoci, la stand-up comedy sui social esiste da quando esistono i social stessi. Prima ancora esistevano le registrazioni video e gli album, di cui i comedy specials sulle piattaforme di streaming e le playlist su Spotify sono solo l’ultima evoluzione. C’era però un problema: per molti erano noiose.

Guardare una persona che parla su un palco non è l’esperienza audiovisiva più emozionante che si possa immaginare. Dal vivo c’è ovviamente un’altra atmosfera – le risate delle persone, il fatto di essere di fronte a un artista che parla senza particolari scenografie e oggetti di scena, l’aspetto confessionale della pratica: ci sono una sensazione di intimità e un’energia che è difficile far trasparire in video. È un po’ come succede con la musica: è bella quella su cd, ma il concerto è un’altra cosa. Di conseguenza, i video degli spettacoli erano più interessanti per una nicchia che per il grande pubblico.

Dal 2023 le cose sono cambiate: i video di stand-up sui social sono esplosi. Merito di una maggiore conoscenza internazionale della pratica, sicuro, ma anche di un comico in particolare: Matt Rife.

Ci sono buone probabilità che lo abbiate già visto: classe 1995, statunitense, muscoloso, un viso che (generalizzando) si attribuirebbe più a una pop star o a un modello che a un comico. L’algoritmo di TikTok lo ama, i fan – quasi 20 milioni sulla piattaforma – pure. E pensare che l’enfant prodige della stand-up a stelle e strisce solo due anni fa stava per attaccare il microfono al chiodo. Ma questo era prima di pubblicare la clip dal titolo Lazy Hero, che oggi conta più di 41 milioni di visualizzazioni.

Il contenuto è piuttosto semplice: Matt Rife parla con una donna nel pubblico, che accusa il suo ex di essere sempre stato pigro dopo il lavoro. Si scopre che l’ex in questione lavora in pronto soccorso mentre la donna è un assistente di volo. Questa contrapposizione è il trampolino per una serie di battute sulla ragazza.

Dalla pubblicazione del video la vita di Matt Rife cambia totalmente: inanella una serie impressionante di contenuti virali, gira il mondo in tour e ogni spettacolo è un sold out (il ProbleMATTic Tour nel 2024 ha venduto 600 mila biglietti in 48 ore, mandando in crash il sito di Ticketmaster). L’arma vincente del comico è proprio il crowd work, nel quale mette in mostra mostra la sua buona capacità di improvvisazione nell’interazione con il pubblico.

Negli ultimi due anni, Rife ha pubblicato anche due speciali per Netflix. Il primo, Natural Selection, è più classico nella struttura e, complice anche una battuta poco fortunata sulla violenza domestica, viene accolto tiepidamente. Il secondo, Lucid – a Crowd Work Special, ottiene notevolmente più successo e conferma che il pubblico da lui vuole proprio questo: la sola improvvisazione con il pubblico.

Ma perché il crowd work funziona così bene? E perché proprio ora? In fondo è qualcosa che si fa da sempre, ma solo oggi è esploso così tanto da allargarsi fino a poter essere l’unica forma di intrattenimento per uno spettacolo intero. Dunque, perché?

Per prima cosa, questo tipo di interazione è perfetta per i social network. Si crea una costante tensione dell’inaspettato: non sai mai cosa potrà succedere, che storia assurda potrebbe essere raccontata e quali saranno le reazioni. Se la comicità poggia in buona parte sulla sorpresa, una situazione del genere è un catalizzatore per le risate.

C’è inoltre un aspetto fortemente legato a una sorta di voyeurismo e alla ricerca dell’autenticità. La maggior parte degli spettacoli comici partono da testi scritti, provati e riprovati in scena. La bravura del comico sta nel nascondere il lavoro e farti percepire quello che stai osservando come qualcosa di naturale. Il pubblico accetta tacitamente questa finzione e sospende l’incredulità – fa parte del patto tra artista e pubblico, in ogni spettacolo.

Con l’improvvisazione però è diverso, specie quando il professionista sul palco interagisce con dei non professionisti. In quel momento ciò che vedi ti sembra spontaneo, dimentichi con più facilità la forzatura della situazione.

Un aspetto fondamentale, che emerge con forza dagli spettacoli di Matt Rife, è anche il fattore “inclusione”. Le vittime delle battute sono presenti e ridono, quindi come spettatore ti senti legittimato a ridere anche tu. Questo fattore diventa evidente nei momenti in cui il comico scherza, ad esempio, con persone con disabilità, o fa battute che in altri contesti potrebbero essere percepite come offensive. La presenza del soggetto della battuta, e la sua risposta positiva nel momento della derisione, danno automaticamente la sensazione di ridere con e non di qualcuno, e forse in questo risiede uno dei punti di forza del lavoro di Matt Rife.

Da ultimo, c’è un elefante nella stanza: il protagonismo. Diverse persone che hanno partecipato a uno show del comico statunitense mi hanno raccontato come il pubblico facesse di tutto per attirare la sua attenzione. Da commenti senza senso urlati dalle poltroncine, fino alle proposte indecenti: tutto per arrivare a essere scelti, e diventare parte integrante dello show. È prevedibile, fa parte del gioco e (a quanto mi è stato raccontato) è anche gestito bene da Rife. La volontà di essere messi al centro e ottenere attenzione fa parte dell’appeal dello spettacolo.

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Matt Rife, 2019

  • IMAGO / Dreamstime

Quindi siamo di fronte a una rivoluzione senza ritorno? La stand-up è destinata a diventare sempre più interattiva? Forse, a pensarci, no.

Nonostante alcune di queste tendenze siano davvero interessanti, non riesco comunque a essere totalmente convinto da quanto porta sul piatto Matt Rife. Il problema principale è la tendenza a rimanere in superficie propria dell’interazione con il pubblico. È come assistere a continue pillole di small talk, si ha la sensazione che nel suo insieme la discussione non porti a nulla. È un rischio intrinseco di questa forma di interazione, che difficilmente può rendere la performance davvero memorabile. E se è vero che molto probabilmente chi va a uno spettacolo di questo tipo in fondo non ricerca una particolare profondità di riflessione o narrativa, questo fattore rischia di dare agli show una vita molto limitata nel tempo.

Il secondo problema è la tendenza al rilancio. Quando buona parte del materiale per cui sei conosciuto si basa su momenti più o meno assurdi di interazione con il tuo pubblico, avrai bisogno di momenti sempre più assurdi per non cadere nella ripetizione. E questo è vero in particolare quando il tuo format è così facilmente riproducibile.

Negli ultimi due anni infatti, i video di crowd work si sono moltiplicati in maniera incontrollata, e sempre più spesso capita di vedere dei video di “interazione simulata”, in cui la persona del pubblico è d’accordo con il comico sul palco. La tendenza mina alle fondamenta la sensazione di naturalezza dell’interazione, insinuando il dubbio di assistere a una finzione che vuole spacciarsi per realtà. Nel tempo si potrebbe erodere la fiducia stessa in quel tipo di interazione.

L’aspetto della ricerca di protagonismo, se non tenuto sotto stretto controllo, potrebbe acuire questa deriva. Sebbene possa essere divertente vedere persone che ricercano i loro quindici (o cinque) minuti di fama nell’interazione con un comico presi in giro, il gioco rischia di stancare in fretta. E a quel punto a fare la differenza sarà quello che Matt Rife avrà da dire davvero, non sul pubblico, ma al pubblico.

In ogni caso io continuerò a sedermi nei posti dietro. Sia a scuola, che negli spettacoli comici.

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RSI Info 13.11.2024, 05:51

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