Letteratura

Nero pece e rosso sangue

Continua la riscoperta di Michael McDowell, il maestro americano dell’horror tascabile tornato in libreria con Katie, un romanzo vecchio quarant’anni, ma ancora caldo

  • Ieri, 14:00
McDowell.jpg

Michael McDowell

Di: Alessandro De Bon 

Michael McDowell è come la pece. Qualcosa d’antico, passato, del secolo scorso, probabilmente dai più mai vista, ma che solo a dirla suona appiccicosa, invadente e lugubre. La scrittura del tascabile dell’Alabama è nera, lucida e collosa, densa. Ma soprattutto inevitabile, se ne incroci lo sguardo. Come quello di Katie, protagonista del suo omonimo romanzo del 1982, appena tradotto da Elena Cantoni per Neri Pozza. Sì perché McDowell, sepolto frettolosamente come una delle sue vittime, degli esseri umani irrilevanti o dei maschi dei suoi racconti, sta tornando in libreria e sugli scaffali che merita soltanto ora, 25 anni dopo la morte. Ri-edito negli Stati Uniti nel 2022, riapparso in Francia e da un paio d’anni di nuovo alle stampe anche in Italia, proprio grazie all’opera di Neri Pozza. Che, partendo dalla sua lugubre meraviglia in sei atti, Blackwater (2023), ha poi restituito all’angoscia dei lettori Gli Aghi d’oro (2024) e ora Katie (2025).

Katie contiene i miei omicidi più inquietanti ed è sicuramente il mio romanzo più crudele. Scriverlo è stato divertente. Da morire.

Michael McDowell

Come spesso accade tra le pagine di McDowell, Katie è una storia appoggiata sui legni unti della Gilded Age americana, una fine ‘800 tra ricchezza improvvisa e - come spesso accade durante queste impennate storiche - un pesante disagio sociale. Una Belle Epoque che di francese ha davvero poco e di sudicio davvero molto, su cui l’autore ama pascolare, avanti e indietro, finché il terreno diventa fango, spingendosi fino ai confini della Grande Depressione. Oltre, quando le cose si risolvono e rispunta il sereno, lui non va. Perché se dei soldi McDowell se ne può fregare bellamente, salvo farne un movente, nel disagio sociale sguazza. E state pur certi che quello in cui sguazza non è acqua, ma sangue. Di sangue in Katie ce n’è a pozzanghere, rosso rubino, denso e soprattutto caldo, perché tutto, ma tutto davvero, avviene davanti ai nostri occhi. Nei romanzi di McDowell i cadaveri non si ritrovano, lo diventano da una riga all’altra. Soprattutto se in quella pagina, tra una virgola e un viottolo, un a capo e un giroscala, spunta Katie. Katie è cattiva da sempre: lo era da bambina, lo era adolescente, lo è da giovane donna. Perché a McDowell non scoccia affatto mettere un punteruolo, il sadismo e la morte tra i giocattoli di una bimba, se la storia è lì che mette radici e spine. Da una parte c’è Katie, gratuitamente letale con una punta di sovrannaturale - altro apparato letterario caro all’autore nato a Enterprise (!) - dall’altra c’è Philo, che ne è la coetanea antitesi, ma tutt’altro che ingenua, buona ma non molle, gentile ma non stupida, disperata ma non debole. Nipote di un nonno mai visto, Philomena riceve una lettera del vecchio angosciata perché malato e in preda ai voleri di una famiglia malvagia che ha puntato gli occhi sulla sua eredità, gli Slape. Di cui Katie è figlia. 

Katie.jpg

Katie, di Michael McDowell (1982)

Maestro veloce e tascabile del Southern Gothic, McDowell ha un’attrazione letterariamente fatale per la morte. Non la osserva e stuzzica solamente, la maneggia. La tocca, tasta, gira e rigira, ma non si accontenta ancora e la seziona. E dentro, tra ferite da taglio, gole sgozzate e morsi, ci infila tutto ciò che può stridere e infastidire di più, tipo “la famiglia”, che nei suoi romanzi rarissimamente è una bella compagnia. Se poi è di stampo matriarcale - e ovviamente nove volte su dieci lo è - apriti cielo. Blackwater, Gli Aghi d’oro e Katie sono romanzi a ossatura - o meglio scheletro - femminile. Le donne di McDowell sono letali, crudeli, spietate. Donne le protagoniste, donne le seconde linee, donne le comparse. Gli uomini? Se sono scenografia gli va fatta bene, ma spesso e volentieri sono il bancone della macelleria, il sottospirito, l’ora pro nobis. E la pazzia, in questo delirio di violenza e cattiveria, non c’entra nulla; sia mai che possa essere una “giustificazione” o un’attenuante. Anzi. Le donne di McDowell sono lucide, intelligenti e capaci. Di uccidere, soprattutto.

Ipnotica e calda, la scrittura di McDowell è cinematografica. E non solo perché ricorda il delizioso delirio di Roger Corman o la follia violenta de La casa di Jack di Lars von Tries, Cinematografica perché rigorosa nella descrizione dei dettagli, psicologici, scenografici o ultraterreni che siano; perché ogni sua frase è un movimento di macchina e alcune pagine veri e propri piani sequenza. Cinematografica perché proprio come un horror fatto come demonio comanda, incolla allo schermo, qui pagina. D’altronde oltre ai 25 romanzi prodotti in vent’anni di carriera e appena quarantanove di vita, anche lì McDowell ha pasturato, tra sofferenza e crudeltà. Autore di alcuni episodi di Tales from the Darkside di George A. Romero e coinvolto nella scrittura di Nightmare Before Christmas (1993) prima di lasciare il progetto per incompatibilità creativa con il regista Henry Selick, cinque anni prima aveva firmato con Larry Wilson la sceneggiatura di Beetlejuice, di Tim Burton (1988).

Ed è proprio lì che McDowell vive, in quell’umido bisogno di nero, nel meraviglioso sovrannaturale di Blackwater (sei tascabili uno in fila all’altro simili a un cestino di ciliegie rosso sangue), nello scavallamento verso il romanzo storico de Gli Aghi d’oro o nelle poche parole che gli ha dedicato Stephen King, eleggendolo a “miglior scrittore di tascabili degli Stati Uniti”. E non pensiate che quel piccolo formato potesse offenderlo, anzi. “Io sono uno scrittore commerciale, e ne sono orgoglioso - ammise McDowell - Scrivo per le persone di oggi. Scrivo cose che saranno messe in libreria il prossimo mese. E penso sia importante. Penso sia un errore cercare di scrivere per i posteri”. E indovinate invece qual è l’ardua sentenza?

39:57

“Shining”: 45 anni di incubi e genialità

Millevoci 23.05.2025, 10:05

  • Imago Images
  • Marcello Fusetti e Francesca Margiotta

Ti potrebbe interessare