La recente pubblicazione Adelphi delle Lezioni sul Don Chisciotte di Vladimir Nabokov, a cura di Luigi Giuliani e tradotte da Enrico Terrinoni, offrono uno sguardo unico su un incontro letterario tanto inaspettato quanto illuminante. Queste lezioni, tenute da Nabokov all’Università di Harvard nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, svelano un paradosso: l’autore di Lolita non era né un ispanista né un profondo conoscitore dell’opera di Cervantes. Come spiega il curatore Luigi Giuliani, professore di letteratura spagnola presso l’Università degli Studi di Perugia, Nabokov affrontò questo compito per pura necessità.
“Il Don Chisciotte” di Nabokov
Alphaville 12.08.2025, 11:30
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«Ciò a cui aspirava era poter insegnare in un’università di prestigio negli Stati Uniti, perché aveva bisogno di sostenersi economicamente», afferma Giuliani. Nabokov, scrittore della diaspora russa, cercava stabilità accademica mentre la sua carriera americana era ancora agli albori. L’opportunità di sostituire un docente ad Harvard gli fu offerta, ma con un tema non proprio nelle sue corde: «Gli affidò un compito non esattamente congeniale alla sua linea di pensiero, cioè il Don Chisciotte». Sebbene l’opera fosse nota in Russia, Nabokov si trovò spiazzato, considerando il Don Chisciotte non «un romanzo di valore universale».

Le critiche di Nabokov all’opera di Cervantes sono precise e spietate. Secondo Giuliani, «Nabokov non capisce la struttura episodica del romanzo», che è invece una delle sue caratteristiche più innovative. Nabokov, abituato a una scrittura tipica del diciannovesimo secolo con trame unitarie e personaggi psicologicamente credibili, non apprezzava la comicità cervantesiana, giudicandola «bassa, volgare, facile, non particolarmente dotata di una profondità psicologica». Persino il fedele Sancho Panza non sfugge al suo giudizio severo: lo scrittore russo, infatti, «non apprezza particolarmente Sancho, considerato alla stregua di un qualsiasi pagliaccio». Nonostante ciò, Nabokov «riconosce l’importanza storica del Chisciotte, che è però lontano dal suo ideale narrativo».
L’approccio critico di Nabokov era profondamente influenzato dal suo tempo e dalla sua visione della letteratura. Egli prendeva le distanze da letture storiciste, interessandosi piuttosto alle questioni formali e al testo in quanto tale. Questo approccio, se da un lato rivela la sua modernità, dall’altro lo conduceva a un’analisi solo parziale. Giuliani stesso ammette che, per un testo come il Don Chisciotte, un approccio puramente immanentista «non può condurre a un’analisi esaustiva», e avverte del rischio del “presentismo”, ovvero di leggere i testi solo da una prospettiva attuale.
Don Chisciotte della Mancia – Miguel de Cervantes
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Tuttavia, il valore di queste lezioni risiede altrove. «Queste lezioni su Don Chisciotte ci dicono moltissimo sulla visione della letteratura che ha Nabokov, ma ci dicono relativamente poco sul sul mondo di Cervantes sulla sulla sua scrittura», spiega Giuliani. Nabokov, infatti, non era un accademico nel senso tradizionale. Era, invece, «uno scrittore e, in quanto tale, dobbiamo apprezzare le sue doti, la sua sensibilità, non certo la sua preparazione dal punto di vista accademico».
Nonostante queste limitazioni, le lezioni sono preziose. Essendo basate su appunti e non pensate per la pubblicazione, mantengono una spontaneità unica. «Possiamo intravedere in qualche modo Nabokov a lezione. Possiamo percepire il suo entusiasmo, il suo rapporto con gli studenti, le sue intuizioni», conclude Giuliani. Un’opera che, pur non essendo un’analisi definitiva di Cervantes, si rivela un ritratto intimo e affascinante di uno dei più grandi scrittori del secolo scorso.
Lolita, di Vladimir Nabokov
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