Il nome United Soloists Orchestra suona come un paradosso: un’orchestra di solisti, un gruppo di individualità che sceglie di fare musica insieme. Ma dietro questa apparente contraddizione si cela un progetto che ha saputo trovare una propria identità nel panorama musicale contemporaneo.
A raccontare la nascita e lo sviluppo dell’ensemble è Arseniy Shkaptsov, violinista e direttore artistico, che ripercorre le tappe di un percorso iniziato tra le mura del Conservatorio e proseguito con un gruppo di amici, diventati nel tempo colleghi e compagni di viaggio.
«L’idea era super globale,» spiega. «Volevamo riunire talenti da tutto il mondo e creare un’orchestra strepitosa. Poi la realtà è che abbiamo iniziato con gli amici, e siamo rimasti con gli amici.»
La dimensione informale è uno degli aspetti che caratterizzano la United Soloists Orchestra. Dopo i concerti, si cena insieme, si chiacchiera con il pubblico, si smonta il palco. Un approccio che rompe con l’immagine tradizionale e spesso rigida delle orchestre sinfoniche, e che riflette una visione più orizzontale e collaborativa del fare musica.
«Siamo come una start-up,» continua Shkaptsov. «Tutti fanno tutto. Non solo suoniamo, ma mettiamo in piedi l’impianto, spostiamo microfoni, organizziamo.»
La United Soloists Orchestra nasce come ensemble classico, ma si confronta presto con le difficoltà economiche del settore. Il costo di produzione di un concerto sinfonico è elevato, e i ricavi da biglietteria raramente bastano a coprire le spese. Da qui la decisione di ampliare il repertorio e rivolgersi a un pubblico più vasto.
«Abbiamo iniziato a fare qualcosa di diverso,» racconta Shkaptsov. «Musica per un pubblico più ampio: Coldplay, disco anni ’70 e ’80. Ci divertiamo tantissimo. E continuiamo a fare anche musica classica.»
NOVA & United Soloists Orchestra
RSI Cultura 23.02.2025, 00:33
La scelta di contaminare i generi non è priva di rischi. Il mondo della musica classica può essere conservatore, e non sempre guarda con favore a incursioni nel pop o nel jazz. Ma per i membri dell’orchestra, la varietà non è un problema. La musica è musica, la distinzione tra alto e basso non esiste (Umberto Eco lo diceva per la letteratura, ma vale anche per la musica).
La United Soloists Orchestra è composta da musicisti con formazioni diverse: classica, jazz, pop, rock. Questa eterogeneità consente all’ensemble di affrontare repertori molto diversi, con una versatilità che si riflette anche nell’energia delle esibizioni dal vivo.
«Sul palco ci divertiamo,» dice la violinista Barbara Krüger. «E il pubblico si diverte con noi. Ballano, cantano, partecipano. È bellissimo.»
L’obiettivo non è solo intrattenere, ma anche avvicinare nuovi ascoltatori alla musica sinfonica. Proporre brani noti, arrangiati in chiave orchestrale, può essere un modo per superare le barriere culturali e generazionali che spesso tengono lontano il pubblico dalla classica.
«Mi consulto con amici che non sono musicisti,» racconta Shkaptsov. «Per capire cosa può attirare. E abbiamo visto che funziona: ci conoscono con la disco, poi vengono ad ascoltare anche i nostri concerti classici.»
Infatti la United Soloists Orchestra non si presenta come un’istituzione, ma come un progetto in continua evoluzione, per proporre momenti musicali che vanno oltre il repertorio tradizionale. «Abbiamo tante formazioni,» conclude Shkaptsov. «E questo mix ci permette di suonare tutti gli stili. Veramente bene.»
La United Soloists Orchestra si muove tra generi, tra pubblici, tra linguaggi. Non cerca di definire un’identità rigida, ma di costruire uno spazio aperto, dove la musica possa essere vissuta come esperienza collettiva. Un progetto che non pretende di rivoluzionare il sistema, ma che prova a renderlo più permeabile, più inclusivo, più vivo.