Per tutti era solo e semplicemente Steve o “lo Steve”: «Ho visto Steve al grotto», «Hai visto lo Steve in tele?» Inutile declinare le generalità al completo, era lampante a chi ti riferivi. Perché Steve Lee apparteneva all’orizzonte familiare di tutti noi, per certo almeno nella Svizzera italiana. E lo stesso dicasi per Leo o “Il Leo”.
Ci si vedeva ogni tanto, al lido di Morcote nella sua ultima estate terrena, o ci si incrociava durante le conferenze stampa, nei backstage dei concerti o durante le numerose volte che lo invitai nei nostri programmi radiotelevisivi. Anche in città di tanto in tanto, per un caffè veloce, due chiacchiere al volo anche con Karin, la brillante e simpaticissima moglie. E ogni volta dispensava sorrisi e buon umore anche a chi lo fermava per una foto, un autografo, un complimento. Gentile, educato, disponibile, amato e rispettato da tutti. E non solo per l’indubbio talento.
La commozione e il cordoglio che la sua prematura scomparsa suscitarono anche tra la gente comune nella nostra regione sono lì a testimoniarlo. Come le lacrime, le candele e i fiori depositati a Porza, fuori dalla casa paterna. E come scordare quelle migliaia di persone provenienti da ogni dove che, sfidando il freddo, la pioggia e la neve parteciparono sul Gottardo alla cerimonia pubblica di commiato nei giorni successi il tragico evento? Immagini e ricordi che hanno riempito il cuore di emozioni forti, indicibili, indimenticabili. Memorie che appartengono a un’anima davvero nobile.
«Noi Gotthard crediamo nella vita, nella sua bellezza, nella sua potenza». Steve me lo ripeteva spesso, con la luce negli occhi certo, perché era così: solare, ma con annidati grappoli di nuvole, quelle che l’ottimo documentario di Kevin Merz Steve Lee, la voce gentile del rock ben racconta. Ottimista, goloso e rispettoso della vita e attento al prossimo e alla cura costante della propria anima. Lo era agli inizi della sua carriera, lo è stato fino all’ultimo. Al netto delle proprie ombre.
Steve Lee, la voce gentile del Rock
Storie 04.10.2020, 20:40
Come molti lo frequentavo dall’ epoca dei Forsale e dell’elettrizzante performance sul palco dell’Open Air Lamone, o sotto il palco della Piazza Grande, sempre nel 1987, quando aprirono ai Marillion. E conquistarono una piazza gremita. E Steve non sapeva ancora che in quella piazza sarebbe tornato anni dopo per registrare con l’affetto e il sostegno di una folla oceanica, e l’ugola siderale di Montserrat Caballé, Defrosted. Anzi da prima ancora, dall’avventura coi Trouble quando allora percuoteva piatti e tamburi e supportava la voce di Flavio. Poi la genesi dei Gotthard e la possibilità finalmente di esprimere compiutamente la propria anima musicale attraverso una straordinaria vocalità; che andava a irrobustirsi, caricandosi di colori e di un’energia dirompente che gli permetteva di vincere alcune leggi della fisica. E delle intime frizioni esistenziali.
I primi programmi, il primo disco presentato in assoluta anteprima alla nostra radio e di cui conservo ancora una “lacca” autografata, i primi concerti. Ed eccoli spiccare il volo. E tra i mille ricordi e chiacchierate, le condivisioni fradice di musica, vita e speranze uno tra i più vividi risale al dicembre del ’92, al loro primo tour inglese quale supporto dei Magnum. Mi invitano a Londra per il concerto finale. Tre giorni e tre notti a spiluccare parmigiano e affettati ticinesi su quel bus che era stato la loro casa tra concerti, servizi fotografici, interviste e i loro sguardi stupefatti e luccicanti, spalancati sul mondo e sulla strada che le loro vite stavano percorrendo.

I giovani Gotthard sulla rampa di lancio
RSI Archivi 24.02.1992, 15:19
Mi inventai una diretta, con loro, dagli studi della BBC di Whitehall. Ciò che successe tra i corridoi, gli uffici e le segretarie dei paludati funzionari britannici che ci ripresero per la nostra “esuberanza latina” appartiene ormai alla leggenda. E la mia Direzione ricevette una lettera d’ammonimento da Londra per lo scompiglio causato in quelle ore. La notte, al termine del concerto che si svolse in un luogo prestigioso, ovvero l’Hammersmith Odeon, la consumammo fino alle prime luci dell’alba in un club a far festa, a parlar di musica, anima e vita. E di come i loro sogni, coltivati con impegno e sacrifici si stavano materializzando. Ed era uno spettacolo osservar le molecole dei loro corpi esplodere dalla felicità.
Ricordi indelebili, emozioni che attraversando il tempo ancora riverberano. Come alla viglia dello strepitoso concerto in piazza a Lugano per il cambio del millennio, o ancora come detto godendo delle intense emozioni generate dal duetto con la celebre ugola spagnola Caballé in piazza a Locarno. O nel luglio del 2010, ancora in Piazza della Riforma a Lugano in occasione degli Swiss Harley Days; un concerto a dir poco strepitoso anche per loro stessa ammissione che divenne un disco dal vivo: Homegrown - Alive in Lugano.
Ricordi profondi, ancorati alla memoria che si affastellano mischiandosi ad altre successive condivisioni, concerti, incontri, interviste, chiacchiere anche banalmente quotidiane. Fino al veloce sms che ci scambiammo nell’agosto del 2010, dopo l’incidente autostradale in Toscana, quando l’angelo del rock allora gli venne in soccorso. E fu davvero beffardo il destino che ci tolse poco dopo una persona buona davvero, affabile, rispettosa della vita altrui. Sempre in prima fila quando lo si chiamava per aiutar i più bisognosi. Rispettoso e grato alla musica e a ciò che la musica gli aveva e gli stava dando. Un dono, una voce, un lungo brivido che fortunatamente noi ancora possiamo condividere.
Steve è tra le voci più intense ed emozionati che la nostra amata musica, il rock ci abbia donato. Non solo per le indubbie qualità tecniche, per il timbro o per l’estensione già di per sé notevole: era l’interpretazione, erano i suoi colori, la sua dinamica, le sue modulazioni che ci rapivano. Una voce che irradiava la sua ricca interiorità che di bello aveva molto.
Anche a distanza di anni quando, come molti anche provenienti dal Ticino, mi recai all’Hallenstadion di Zurigo, giusto nel dicembre del 2023, per quel meraviglioso tributo allestito dai Gotthard per i suoi 60 anni: One life, One soul – A night to remember (che replicarono quest’estate in piazza a Locarno). Per una notte loro tornavano a suonare e cantare per e con lui, anzi: tutti noi con lui!
Un omaggio ad alto, altissimo coefficiente emozionale allestito da Leo & Co. E Steve, “Lo sguardo della tigre”, aveva ancora la forza di giganteggiare dai mega schermi del palazzetto, che davvero ti sembrava li, con loro sul palco e con noi in platea. Sorridente, amabile ed emozionando una volta ancora, una volta di più. E proprio lì, nelle due ore abbondanti di show senza respiro, circondato e abbracciato dalle emozioni, dalle lacrime dal canto di Steve e della sua gente ebbi l’ennesima conferma del regalo che abbiamo avuto in sorte. E che siede ancora oggi nell’Olimpo del Rock.

La voce immortale di Steve Lee
Voi che sapete... 02.10.2025, 16:00
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