Musica rock

Absolutely free

Un ricordo di Frank Zappa (1940-1993)

  • 4 dicembre 2023, 06:00
  • 4 dicembre 2023, 11:09
Frank Zappa
Di: Riccardo Bertoncelli

Trent’anni fa moriva Frank Zappa, dopo una lunga penosa malattia che, goccia dopo goccia, crudelmente, aveva prosciugato la sua proverbiale energia. Fedele al carattere e al suo credo aveva lavorato fino all’ultimo, progettando dischi, arricchendo il monumentale archivio, godendosi la soddisfazione di aver trovato finalmente, dopo una vita, musicisti seri come quelli dell’Ensemble Modern, capaci di interpretare a dovere le sue amate pagine orchestrali. Gli dèi così crudeli nel levarlo di mezzo a soli cinquantatré anni gli avevano dato almeno quel conforto; la splendida partitura finale di The Yellow Shark non era solo un capolavoro di musica del Novecento ma un risarcimento, diciamo pure una vendetta dell’artista nei confronti del passato, quando nessuno aveva creduto veramente nelle sue pagine più colte, con una serie di frustrazioni artistiche/economiche che lo avevano umiliato.

Frank Zappa e le sue quisquilie funky

La Recensione 22.09.2023, 10:35

  • Keystone

Come tutti i grandi eccentrici, Zappa non ha avuto eredi e forse per questo oggi gode di una singolare sfortuna, più citato che realmente ascoltato e riproposto, misterioso punto interrogativo per le nuove generazioni e in parte anche per i cultori di classic rock, che preferiscono musicisti più facili, personalità meno sfaccettate. Zappa in effetti era un poligono di n lati, un alieno per i tre decenni che ha abitato e ancor di più oggi. Sapeva di contemporanea e fin da ragazzino era stato incantato da una figura profetica come quella di Edgar Varèse ma adorava anche il R&B più sgherro, quello che non passava alla radio, e andava in brodo di giuggiole con il doo wop romantico, che salomonicamente aveva deciso di amare e schernire nello stesso tempo. Suonava la chitarra come un marziano, cugino di uno dei pochi rocker di cui aveva stima, Jimi Hendrix, e concepì da subito gli album come film per le orecchie, con piani lunghi, tagli, dissolvenze, panoramiche, un mirabolante montaggio che era tutto fuorché mettere in fila le takes migliori registrate in qualche ora di studio. Nel mondo odierno dell’editing al computer tutto questo appare ordinario; non era così ai tempi di Absolutely Free (ecco la parola d’ordine!), We’re Only In It For The Money, Uncle Meat, quando bisognava lavorare di forbici e pecette con poche piste a disposizione. Lecito domandarsi cosa avrebbe fatto con i mezzi di oggi, infinitamente più veloci e precisi. Forse, zappianamente, li avrebbe rifiutati; troppo facili, banali, lui ci teneva a essere un artigiano e amava le folli perdite di tempo in nome di inverosimili ideali come quelle di Bruce Bickford, il re delle animazioni con la plastilina, che finanziò per anni e usò come partner per il documentario di Baby Snakes. Con la computer music però non avrebbe avuto dubbi, anzi, non li ebbe, fin dai pionieristici anni ‘80 di Jazz From Hell; le infallibili macchine programmabili a piacere gli evitavano i travasi di bile di tanti fallibili musicisti che avevano guastato le sue idee e rendevano vera la meravigliosa speranza del maestro Varèse, di strumenti capaci da soli di obbedire ai pensieri del compositore.

Ma a Frank non bastava essere uno straordinario musicista, voleva essere anche Citizen Zappa, il cittadino che faceva sentire la sua voce perché i suoi diritti costituzionali fossero rispettati, il fustigatore di costumi che incornava con gusto tic e luoghi comuni della vita quotidiana e con quel bottino animava canzoni dissacranti e sarcastiche. Quei social commentaries sono una pista importante della storia zappiana, specie nella seconda parte della carriera; e sebbene chi scrive li soffrisse non poco (quanto tempo sottratto alla composizione di grande musica!), viene da rimpiangere l’assenza di quell’implacabile satiro negli ultimi trent’anni di vita non solo americana. Chi meglio di lui avrebbe saputo sbeffeggiare fondamentalisti religiosi e tossicodipendenti social, erotomani da strapazzo e complottisti ad alzo zero, Donald Trump e Vladimir Putin? Nell’angolo di aldilà dove è rotolato (“là dove il tipo con corna e forcone gestisce i suoi affari”, come amava dire), il Frank Zappa del 2023 avrebbe materiale perfino per una canzone dedicata alla triste faida della sua famiglia; la vedova Gail contro i fans e l’universo mondo, l’erede da lui designato, Dweezil, destituito dall’altro figlio Ahmet, la leggendaria casa studio sulla collina di Hollywood messa all’asta con tutti i cimeli di una vita, anche la letterina che Varèse scrisse al giovanissimo ammiratore quando la storia doveva ancora cominciare.

C’è un lato paradossale in questa vicenda. Si è detto della poca fama attuale di Zappa e del suo mito tutto sommato generico (“zappiano” in musica è termine vago quanto “felliniano” nel cinema), eppure continuano a diluviare dischi, box, inediti dall’immenso archivio che Frank aveva allestito, conservando tutti i nastri che aveva potuto dei suoi concerti, archiviando il moltissimo registrato nel corso di una vita che prevedeva giusto quello, lavoro in studio e tour, prove e interviste, concedendo poco o niente allo svago. Al momento della morte il contatore della discografia segnava 62 dischi; trent’anni dopo, il cofanetto appena uscito per il mezzo secolo di Over-Nite Sensation porta il numero 127. Siamo a più del doppio, fanno due box all’anno, e anche questo pare un piccolo risarcimento degli dèi. Ci hanno tolto Frank Zappa, ci hanno lasciato l’infinita ricchezza della sua musica. 

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