In un’epoca di iperproduzione e perfezionismo musicale, c’è una tribù che percorre sentieri alternativi, quelli della musica “vera”. «La musica vera si contrappone a quella troppo prodotta, troppo pulita, troppo finta, generata dagli strumenti super perfetti di adesso», è il punto di vista espresso a Confederation Music da Nicolas Pontiggia, batterista di Haara.
Il progetto ticinese Haara è un calderone di suoni reali, di strumenti che respirano, di mani che percuotono, pizzicano ed evocano creando una pozione “vera” e imperfetta e (proprio per questo motivo) profondamente umana.

Haara è un’entità collettiva in espansione che assorbe culture, tradizioni e strumenti da ogni angolo del mondo. Ogni concerto è un nuovo rito, ogni nuovo pubblico è un’ulteriore estensione della tribù e della sua potenza. Proprio tribù è la parola più adatta a definire il gruppo secondo Lisa Attivissimo, cantante e visual artist, perché Haara sono «quattro elementi che ascoltano diversi tipi di musica, si fanno ispirare, vengono trasportati in questi luoghi e poi ogni musicista diventa un filtro per combinare queste nostre ispirazioni in qualcosa di molto attaccato alla terra, alle nostre origini, al concetto stesso di vita».
Il primo album, Lambs, è una chiamata alla riconnessione con la terra, con gli elementi, con la spiritualità e la magia che ci sono ancora, se sappiamo guardare e ascoltare.
Lambs è la storia di un agnello che scopre la forza del gregge, ricordandoci che il cambiamento nasce dal basso, dal coraggio di unire le voci e camminare insieme. Agnello come simbolo di sacrificio che, spiega Lisa, rappresenta «il fatto che in qualsiasi rivoluzione, in qualsiasi cambiamento, ci sono delle persone che riescono effettivamente a superare e a passare avanti un messaggio, a vincere, a continuare a lottare, mentre altri invece vengono sacrificati alla causa».
Un disco figlio di questo tempo, che ne coglie a fondo lo spirito: un rituale sonoro e comunitario di resistenza poetica. Una storia da ascoltare, vedere, danzare e sentire sotto la pelle come se fossimo contemporaneamente ovunque nel mondo.




