Presentando il suo nono album in studio, “Alaska Baby”, appena uscito, Cesare Cremonini ha parlato di “un’opera prima” e in generale di “un nuovo inizio”: dopo il tour negli stadi dell’estate del 2022 e il concerto finale all’Autodromo di Imola si è sentito, ha detto, svuotato, così per la prima volta dopo tanto tempo ha staccato la spina, si è messo in viaggio per gli Stati Uniti, da cui il titolo. Le nuove canzoni sono nate da lì. Casualmente, viene pubblicato negli stessi giorni in cui, nel 1999, venticinque anni fa, vedeva la luce “…Squeréz?”, l’unico disco dei Lùnapop, la band di cui era leader e autore, che in pochi mesi sarebbe diventata un fenomeno di costume lanciandolo dal niente, neanche ventenne, oltre il tetto del milione e mezzo di copie vendute. Al di là di corsi e ricorsi (nascita, rinascita), i due lavori descrivono, davvero, momenti simili. Ma è cambiato il contesto, la percezione generale.
“Alaska Baby”, il nuovo disco di Cesare Cremonini
Serotonina, Rete Tre 29.11.2024, 09:55
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Oggi Cremonini è considerato merce rara, è uno dei cantautori più apprezzati della musica italiana, ascritto alla grande scuola di Bologna, da Lucio Dalla a Samuele Bersani e Luca Carboni, con cui qui duetta in “San Luca”. E poi è un simbolo della popstar che ha saputo costruirsi una strada da sé, al di là delle mode, e l’associazione più immediata è con Elisa, anche lei presente nell’album – e Cremonini, nelle collaborazioni, si è sempre un po’ risparmiato. Il suo è riconosciuto, ormai, come un pop artigianale e di qualità, frutto ogni volta, compresa questa, di un’opera di chimica e scoperta, in cui unisce la tradizione (grandi ballate, pianoforti, archi) con l’elettronica e in generale con ciò che funziona all’estero, con risultati sempre freschi.
In un mercato come quello italiano, dominato dal rap e dall’urban e in cui la melodia è relegata a pochi ritorni isolati (Tananai e Calcutta, su tutti), il successo della sua “Ora che non ho più te”, tra le più trasmesse dalle radio in questi mesi, ha fatto addirittura gridare al doppio miracolo: un pezzo di quattro minuti, un classico istantaneo fuori dal tempo, tra modernità e passato, che ha rimesso in cima alle classifiche un artista in circolazione appunto da venticinque anni, mentre quelli con il suo storico e il suo approccio faticano a stare al passo dei nuovi e vivono di rendita. Ma Cremonini, ecco, è ancora in marcia, è l’artigianato che non scade, lessico ricercato, romanticismo, malinconia. Come canta nella nuova “Streaming” è, appunto, “una poesia nello streaming”. Sembra facile, ma riesce solo a lui. E poi nell’album c’è “Il mio cuore è già tuo”, potenziale prossima hit, nonché prova d’equilibrismo e integrità, in cui la sua verve d’autore dialoga con l’edm dei Meduza, a prova del perché piace a tutti, in maniera trasversale.
Ma non è sempre stato così e, anzi, “…Squérez?” racconta bene l’altra faccia della storia. Adesso è un classico, le varie “50 Special” e “Un giorno migliore” sono i cavalli di battaglia dei suoi concerti, ma nel 1999 le reazioni nei confronti dei Lùnapop erano gelide. Al di là di numeri e Festivalbar assortiti, venivano considerati un gruppo per adolescenti, ragazze soprattutto, ammaliate dal fascino un po’ strabordante, da rockstar, dello stesso Cremonini, che ciclicamente si tingeva i capelli di colori diversi e sembrava un selvaggio nello star system. Le boy band, con relativi difetti, erano dovunque e loro erano stati associati a quel mondo. Nessuno aveva notato che il disco in questione fosse stato pubblicato da una piccola etichetta indipendente, la Universo di Roma, e le sue canzoni composte in maniera naïf da un allora cantautore neanche maggiorenne. Ci voleva talento, eppure sembrava che fossero un prodotto pop usa e getta, costruito a tavolino, quando in realtà quei pezzi, pur con i loro errori di gioventù e figli della loro epoca, avevano già delle melodie micidiali e robuste: più che una versione tricolore dei Take That, erano quanto di più vicino ci fosse, in Italia, al Britpop.
Tutto ciò è costato un decennio di ostracismo e pregiudizi negativi, che ha investito la prima parte della carriera solista, con brani come “Vieni a vedere perché” (2002) e “Marmellata #25” (2005) per lo più ignorati nei meriti, prima di una generale rivalutazione e dell’aver trovato un nuovo equilibrio, capace di parlare a vecchie e nuove generazioni, con picchi assoluti come “Possibili scenari” (2017), vero punto di non ritorno del pop d’autore italiano moderno, con “Poetica” e “Nessuno vuole essere Robin” in cima alla lista. In più, pur senza vera revisione storica “…Squeréz?” è diventato seminale per tanto pop di metà anni Dieci, il cosiddetto it-pop, va da sé musicisti all’epoca bambini e che, senza vergogna, ci sono cresciuti. Il punto è che Cremonini, legittimamente, avrebbe potuto raccoglierne i frutti artistici, replicare quel modello soprattutto oggi, invece con “Alaska Baby” si è spostato ancora più in là, uscendo di nuovo dalla cornice: l’elettronica e i cantautori, ma anche un suono diverso capace di competere con ciò che impongono le piattaforme di streaming. Un nuovo inizio, appunto.
I 25 anni di “...Squérez?”
Il mattino di Rete Tre 30.11.2024, 11:15
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