«Non riconoscendo le persone, mi risulta difficile definirle. Devo conoscerle di nuovo, e questo ti rende aperta al fatto che possono cambiare. È una riflessione sugli effetti che il giudizio esterno può avere su di te, su come ti cambia o quanto dolore possa causare».
Chi soffre di prosopagnosia non riconosce le persone dal loro volto.
Gina Été, in forma lieve, è nello spettro della prosopagnosia e si chiede se sia un handicap o un dono, perché riscoprire ogni volta una persona può essere un antidoto al pregiudizio.

Parte da lì Prosopagnosia, l’ultimo album della cantautrice e violista zurighese Gina Été, che in questa nuova coproduzione ha fatto molto di più da sola e si sente: il disco, carico d’archi e di voci, riflette l’idea di qualcuno che non è sceso a compromessi: «Amo fare musica e ho bisogno di scrivere per elaborare le cose. Spesso, quando non sto bene o sono arrabbiata, triste o preoccupata, devo scrivere. È uno dei motori più importanti. Naturalmente non è sempre e solo divertimento. L’organizzazione dei concerti è rigorosa, e faccio tanto da sola, come il booking, trovare finanziamenti, pagare le spese. Il solo cachet di un club non basta per pagare i musicisti, tanto meno me stessa. È per questo che ci sono fasi in cui tutto è facile e mi diverto, e altre in cui è difficile, dove sono in ufficio e non faccio musica».

Nel suo nuovo mondo sonoro sferico, elettronico e senza batteria rock, Gina Été mette sotto la lente l’essere umano, l’essere fisico e l’esser nata in un corpo di donna: «Credo abbia a che fare con gli eventi politici, o forse semplicemente con la mia evoluzione negli ultimi anni. Prima di affrontare il primo album, la politica europea - penso a temi come l’immigrazione e i confini esterni - era predominante e mi preoccupava. Ero anche a Lesbos a lavorare con i rifugiati, ma poi è arrivato il Covid e ci siamo ritrovati soli con noi stessi. In quel periodo l’ondata femminista è diventata molto forte. Io ho avuto anche più tempo per riflettere su ciò che comporta essere nata in un corpo di donna, sulle etichette che ci vengono assegnate. Sono temi che mi hanno tenuta molto occupata, ed è per questo che sono emersi, parallelamente a una musica che ho iniziato a produrmi a casa da sola per il semplice fatto che non potevo vedere la band. Penso che sia stata più una coincidenza o, semplicemente, una storia sviluppatasi in parallelo».
È con estremo piacere che ritroviamo Gina Été a Confederation Music.
