Sono senza dubbio una delle più grandi e influenti band britanniche di tutti i tempi. Gli Smiths festeggiano oggi (20 febbraio 2024) un anniversario importante: i 40 anni dall’uscita del loro album di debutto omonimo del 1984, The Smiths appunto.
Ciò che Morrissey, Johnny Marr, Mike Joyce e Andy Rourke hanno realizzato tra il 1983 e il 1987, durante il loro pur breve periodo in prima linea, non potrà mai essere cancellato.
Ha detto non a caso nel 2019 Joyce: «Quello che abbiamo fatto è più grande di me e più grande di Johnny e Morrissey come individui. Abbiamo cambiato la percezione di ciò che le band avrebbero dovuto essere».
The Smiths raggiunse in poco tempo il secondo posto della classifica britannica sebbene avesse avuto una genesi travagliata. Le sessioni iniziali con il produttore Troy Tate furono infatti ritenute insoddisfacenti e la band fu costretta a tornare agli studi Pluto di Manchester per lavorare con John Porter.
Marr ha raccontato nella sua autobiografia del primo tentativo alla Troy Tate: «Potevo sentire io stesso che i mixaggi suonavano male e non erano l’articolo finito di cui avevamo bisogno per presentarci al mondo».
Poi le cose si aggiustarono e il successo venne di conseguenza. «Per molte persone siamo l’evento del decennio», disse Johnny a The Face, mentre il cantante si vantava con Melody Maker: «Sono davvero pronto a essere bruciato sul rogo in totale difesa di quel disco. Mi sembra assolutamente perfetto».
L’album raccoglie dieci canzoni che riassumono le ossessioni e la particolare visione del mondo di Morrissey. Si apre con Reel Around The Fountain, una canzone che molti pensano parli di abusi sessuali, ma che in realtà è un tipico esempio della propensione del cantante per i testi ambigui: «È tempo che la storia venga raccontata, di come hai preso un bambino e lo hai fatto diventare vecchio».
Morrissey si fa poi interprete di un personaggio socialmente goffo e sessualmente ingenuo: «Non sono l’uomo che pensate che io sia», canta in Pretty Girls Make Graves. Si riferisce al suo carattere o alla sua sessualità? Parte del fascino delle prime canzoni degli Smiths è questa vaghezza.
L’album si conclude con una delle canzoni più strazianti mai registrate: Suffer Little Children è scritta dal punto di vista di una vittima degli assassini di Moors, Ian Brady e Myra Hindley. «Ti perseguiteremo quando riderai», dice uno dei bambini morti.
Questa parole a Manchester, nel 1984, furono considerate di pessimo gusto; tuttavia Morrissey parlò con Ann West, la madre della vittima dei Moors Lesley Ann Downey, per assicurarle che la canzone era sincera. Il cantante era un bambino negli anni Sessanta quando gli omicidi sconvolsero la città e, con i corpi di alcune vittime ancora scomparsi, voleva esprimere la sua rabbia e tristezza per la situazione.
Nel 1994 Morrissey disse alla rivista Q cosa pensava del disco finito. «Pensavo che fosse prodotto malissimo. E questo conta se stai dietro a un microfono a cantare il tuo cuore». E ancora: «Non pensavo che fosse il miglior debutto di tutti i tempi, pensavo solo che fosse il miglior disco uscito all’epoca», disse poi Johnny Marr alla rivista Select nel 1994.
(Martedì 20 febbraio alle 18, all’interno di “Voi che sapete” su Rete Due è andato in onda un approfondimento sull’album The Smiths. Qui sotto puoi ascoltare l’intera puntata).
Ho visto cose 20 febbraio 2024
RSI Cultura 21.02.2024, 08:52
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