Musica pop

Jack Jaselli, il cammino continua

Nuovo disco per il cantautore milanese, amante dei viaggi a piedi, podista (senza pretese) e insegnante di mindfulness

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Un cittadino del mondo

Tra le righe 30.04.2025, 15:30

  • Courtesy: Jack Jaselli
  • Natascia Bandecchi e Sarah Tognola
Di: Natascia Bandecchi/Sarah Tognola/Red. 

Non diciamo nulla di rivoluzionario se immaginiamo la vita come un viaggio. Epperò c’è chi questo peregrinare della e nell’esistenza lo esemplifica in modo fattivo, più concreto. È il caso di Jack Jaselli, cantautore milanese uscito da poco con il suo nuovo album Mariachi Desperado Running Club, che assembla brani registrati in studio e dal vivo. Ospite di Tra le righe, è lui stesso a spiegare il senso di questo titolo: «I mariachi sono figure di musicisti che mi hanno sempre affascinato perché portano la voce a chi non ce l’ha, si fanno veicolo di messaggi e sono girovaghi. Il desperado è una figura simbolica di alcune zone e un po’ anche l’idea del musicista disperato: mi ci rivedevo in questi ultimi anni, per alcune cose un po’ difficili, però senza prendersi troppo sul serio. E poi, essendomi dato dopo il cammino un pochino alla corsa sulle lunghe distanze, senza nessuna velleità, essendo stato invitato a far parte di vari running club... se io facessi un club, come come lo potrei chiamare? Mi è venuto in mente questo nome assurdo e mi ha fatto molto ridere».

L’essenza del musico errante racchiusa nelle quattro parole del titolo, una biografia che ne traccia il percorso dagli esordi punk della giovinezza fino agli approdi a una produzione più matura, frutto di gusti ampliatisi nel corso del tempo. Una questione di ascolti e di viaggi, lo abbiamo capito, soprattutto a piedi. A 17 anni se ne andò in Australia e USA: «Ho sempre cercato nella mia vita di ritagliarmi degli spazi, in particolar modo quando ero alla fine del liceo e durante l’università. Di fare un po’ di mesi, sempre in qualche paese che non conoscevo, e provare a trovare qualche lavoretto, magari provare, in qualche locale, a suonare con la mia chitarra. E anche scrivere canzoni in giro per il mondo era un ottimo banco di prova».

Oggi, a 45 anni, può guardarsi indietro per valutare quanto fatto: «La mia esperienza? A me, personalmente, ha raccontato che si può sempre trovare una strada, e che normalmente la strada che ci rappresenta di più e ci permette di stare fedeli a noi stessi è quella che poi viene percepita da chi ci ascolta. E che, se magari ci fa rinunciare a qualcosa in termini di numeri, comunque ci fa stare meglio». Una strada maestra, da intendersi sia come via lungo cui proseguire il cammino sia come dispensatrice di insegnamenti, su tutti «quello di inseguire ciò che ci rende felici e orgogliosi di quello che facciamo, di quello che suoniamo e di quello che portiamo agli altri. Poi tutto il resto viene di conseguenza, e se non arriva qualcosa di enorme, meglio qualcosa di più piccolo ma sentito veramente».

In un modo o nell’altro, Jack Jaselli è sempre in giro, a dispetto del titolo del suo libro Torno a casa a piedi, in cui descrive gli 800 chilometri macinati per suonare le sue canzoni. Di recente ha dovuto rinviare la partecipazione a una corsa di 250 km nel deserto del Sahara. Cifre che ne fanno un “esploratore della fatica”, con in testa sempre un’avventura per «togliersi un po’ da quello che è il nostro solito modo di vedere le cose, ma anche dai modi in cui siamo visti». 

Al mestiere di musicista e scrittore ha affiancato quello di insegnante. Ha seguito una formazione in mindfulness (un insieme di tecniche mirate a sviluppare consapevolezza) di cui dà lezioni, anche se «con la mindfulness, o con quello che ho la fortuna di insegnare anche in ambito accademico, che è sempre legato alle pratiche contemplative, non c’è nulla da insegnare. C’è semplicemente da aiutare, per camminare insieme alle persone che non hanno ancora percorso questa via». 

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