La scomparsa di Marco Marchi, oltre a lasciar sgomenta la comunità artistica apre un vuoto nella scena musicale confederata e soprattutto della nostra regione. Perché Marco lo abbiamo conosciuto e apprezzato in molti: musicisti, addetti ai lavori o semplici appassionati di musica. Stimato per l’indubbio talento artistico, la perizia e l’estro con cui dalla sei corde estraeva un prezioso bouquet di emozioni, non passava certo in secondo piano l’amore incondizionato per la musica e la vita. Sentimenti espressi attraverso qualità umane cristalline, profondità di pensiero e quella gentilezza ed eleganza d’animo davvero rare.
Originario di Stradella, località dell’Oltrepò Pavese resa celebre dalla produzione delle fisarmoniche, diplomatosi alla Civica di Milano già coltivava una passione per il jazz, specie il ragtime, prima di innamorarsi perdutamente del blues. Una passione a cui diede corpo soprattutto trasferendosi nella nostra regione un ventennio fa. E proprio qui si è dedicato anima e corpo al suo blues, dopo aver anche suonato per alcune stagioni con Marco Zappa. Ma a pensarci bene Marco ha suonato con decine e decine di musicisti fermamente convinto che l’arte e la condivisione siano un fondamentale nutrimento per l’anima di cui tutti noi, la società, abbiamo bisogno e dovremmo beneficiare.
La fascinazione per il blues e ciò che rappresenta, Marco la istilla compiutamente dal 2009 nei “suoi” Mojo Workers, che gli permettono di esprimere in modo compiuto l’amore per quello straordinario canzoniere che modificò il corso della musica del XX secolo. Una fascinazione che raccontò anche durante un’edizione di Musica Viva negli studi della RSI: «È solo una questione di cuore, oltre che di gusto. E il mio cuore non poteva che andare in quella direzione». E quel grande cuore l’ha condotto in questi anni davvero sulle strade del mondo: Svizzera, Europa, Stati Uniti.
Marco Marchi
RSI Musicaviva 22.02.2021, 22:15
Passione, competenza e quelle qualità artistiche gli permisero di vincere anche un paio di importanti concorsi nazionali: lo Swiss Blues Challenge nel 2011 e lo Swiss Blues Award nel 2022, quando la malattia era già una compagna di viaggio. Riconoscimenti che diedero ulteriore forza a Marco per continuare a cavalcare il proprio sogno, il proprio destino. E con una personalità artistica davvero rara e credibile che affascinava noi tutti.
Marco ci ha lasciato a 67 anni. Rimane la sua musica, la sua lezione di vita, la sua bontà e le sue coinvolgenti performance che ha condiviso con noi nel corso del tempo. Tutto ciò rimane, eccome se rimarrà. D’altronde noi sappiamo che “i sogni muoiono all’alba, i bluesmen vivono in eterno”.