Musica rock

Quando il rock cerca il sacro

Anche i musicisti più inquieti hanno cercato un dialogo con la loro spiritualità

  • Ieri, 15:03
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Oltre il rumore – il rock di oggi cerca il sacro

Voi che sapete... 01.05.2025, 16:00

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  • Lorenzo De Finti e Barbara Tartari
Di: Lorenzo De Finti/Barbara Tartari/Red. 

In un’epoca dominata dal rumore e dalla disillusione, in cui gli aspetti più materiali e le logiche dell’arricchimento sembrano dettare i ritmi, sopravvivono e si rinnovano i linguaggi con cui la musica cerca il trascendente, anche senza nominarlo.

La puntata “Oltre il rumore – il rock di oggi cerca il sacro” ci accompagna tra le atmosfere intime di artisti come Nick Cave, Sigur Rós, Madrugada e Black Country, New Road, per raccontare una spiritualità moderna: fragile, laica, ma profondamente autentica.

A dispetto di un immaginario fatto di anime tormentate, eccessi e atmosfere sulfuree, tra testi introspettivi e sonorità rarefatte, il rock torna a essere un luogo dove si interroga il mistero.

Voi che sapete affronta l’argomento con il chitarrista, produttore e compositore Walter Muto.

Nella biografia di alcuni artisti troviamo il momento della “conversione”. Magari non sempre un cambiamento coerente in tutto e per tutto, ma comunque una connessione - o riconnessione - con la parte più spirituale, che può tradursi in svolta compositiva. Muto descrive questo punto di rottura:

«Per uscire magari da un tran tran che sta diventando troppo pericoloso, o per un fatto drammatico che accade nella vita, alle volte si incomincia a pensare che oltre a quello che si fa, oltre agli eccessi, oltre alle droghe, oltre alla soddisfazione momentanea, si può provare a cercare qualche cosa che dia una soddisfazione diversa anche dal punto di vista sonoro».

Esempi, anche molto illustri, se ne trovano. Come detto, questa ricerca di senso delle rockstar va presa con le giuste cautele. E quando si parla di rockstar, i Beatles sono fra i primi a venire in mente. I Fab Four che, tanto per restare in tema, erano diventati «più famosi di Gesù Cristo», come dichiarato da John Lennon. Muto ricorda la loro fase “spirituale”:

«A un certo punto loro sentono l’esigenza di staccare con tutto, e fanno questo controverso viaggio in India, che mette in luce, specialmente nella figura di George Harrison, un qualche cosa che poi diventerà tutta una serie di canzoni in cui lui approfondisce questo aspetto di sua spiritualità un po’ sincretista. My Sweet Lord, uno dei successi più grandi che abbia mai fatto George Harrison post-Beatles, è un po’ una summa di tutte le religioni del mondo».

Anche uno spirito inquieto come Nick Cave, di recente, ha instaurato un dialogo con il trascendente. Sia nel punk blues selvaggio dei Birthday Party, la formazione degli inizi, che nello stile più cantautorale proposto con i Bad Seeds, la produzione di “Re Inchiostro” era pervasa di una spiritualità turbolenta e riferimenti biblici. Negli ultimi tempi, l’avvicinamento a questa parte di sé è stato ancora più evidente a causa di un lutto in famiglia. Come riassume Muto:

«Lui ha due gemelli da un suo matrimonio, e uno dei due in preda a un delirio, probabilmente post-abuso di qualche sostanza allucinogena, si butta da una scogliera e da lì parte un tutta un’altra storia. Questo fatto drammatico gli fa scaturire il desiderio di capire, nel dolore suo e di sua moglie, come può essere successo, anche facendo un po’ di mea culpa, perché evidentemente si pensa a tutta la propria vita».

A questa tragica vicenda è ispirato il suo album Ghosteen:

«Si parlava prima di legarsi a un fattore economico, a un fattore commerciale? Qui proprio è il contrario, questo è un album che lui ha fatto per l’esigenza di dare memoria a questo ragazzo».

Tra le figure che più ispirarono il giovane Nick Cave (e non solo lui), c’è Johnny Cash. Che, a un certo punto, dopo un periodo segnato dalle dipendenze, ristabilì un legame con la fede:

«Lo salva l’incontro con una donna, June Carter, peraltro anche lei star del country con la Carter Family. Si incontrano a un concerto. Lui era sposato, divo: insomma, tutta una serie di traversie ma questa donna lo salva, cioè lo rimette un po’ in squadra».

«Lui torna alla fede a cui era stato educato. Veniva da una famiglia di battisti [...] e di fatto lì ritorna, tant’è che diventa la star di queste oceaniche convention negli Stati Uniti, in cui canta le sue canzoni. Scrive anche una bellissima autobiografia ispirandosi alla vita di San Paolo. Da da “Man in Black” diventa “Man in White” proprio grazie a questa sua riconversione». 

«Tutto questo lo porta poi, alla fine della vita, a incontrare un altro genio assoluto, che è Rick Rubin. Un produttore strepitoso, che gli fa come rivivere un’ultima giovinezza. Ormai quasi cieco, con le ultime energie riesce a finire l’ultimo disco».

Dal sodalizio con Rubin nascerà la serie di dischi American Recordings, in cui Cash canta una serie di cover conferendo loro la sua cifra personale. Fra le riletture più celebrate figura Hurt, originale dei Nine Inch Nails che parla della schiavitù dalle sostanze.

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