Dieci anni dopo il debutto con Swing for the Nation, il musicista e compositore svizzero Rio Volta torna con Tecnofobia, un’opera che mescola musica, filosofia e provocazione. Volta immagina una città ideale dove tutto è razionale, ma le emozioni sono sotto controllo e la paura del futuro serpeggia tra i cittadini. «È la paura di diventare macchine, di pensare tutto in griglie 0-1, bianco o nero», afferma, sottolineando come il suo lavoro sia una risposta intuitiva e visiva a un mondo sempre più algoritmico.
Il disco si apre con una voce generata da intelligenza artificiale che invita ad affrontare la tecnofobia con fiducia: «Allenatevi a calmarmi. Ad essere disinvolti e a rilassarvi. Non aspettatevi troppo. Non dovete amare ogni tecnologia». Un messaggio ironico e profondo, che riflette il tono dell’intero progetto.
La confezione dell’album include persino una scatola di compresse “Tecnofobia 500 mg”, da assumere prima dell’ascolto. “Mi interessa l’idea della musica come guarigione”, spiega Volta, che ha voluto creare un’esperienza terapeutica, un rituale di ascolto consapevole.
Il disco è co-prodotto da Domi Chanson, con cui Volta ha collaborato per oltre un anno e mezzo. «Se fai tutto da solo, a un certo punto impazzisci», confessa il musicista, che cerca nel caso e nell’improvvisazione la chiave per non ripetersi.
La copertina dell’album mostra un albero nel nord della Germania, fotografato da Oksana Yuko. «Rappresenta una fuga dalla tecnologia, una contro immagine», dice Volta, che invita gli ascoltatori a recarsi fisicamente sotto quell’albero per vivere l’album in modo completo.
Con Tecnofobia, Rio Volta firma un’opera che è al tempo stesso denuncia, terapia e riflessione. Un invito a non temere il futuro, ma a viverlo con consapevolezza.
