La designazione di Beatrice Venezi come direttrice musicale del Teatro La Fenice, annunciata il 22 settembre, ha acceso una polemica che intreccia musica e politica. La decisione, contestata dalle maestranze per l’assenza di un percorso di avvicinamento e per un curriculum ritenuto insufficiente, ha portato allo stato di agitazione e a richieste di revoca. Sullo sfondo, tensioni sindacali, accuse di tradimento e dichiarazioni politiche che alimentano un dibattito sul senso e sul peso di un ruolo chiave per il futuro del teatro.
La nomina è stata una decisione «calata dall’alto», come l’ha definita a Voi che sapete la giornalista Vera Mantengoli, che ha seguito la vicenda per il Corriere della Sera: «Per statuto Nicola Colabianchi poteva farlo. Il sovrintendente può decidere in maniera autonoma direttore o direttrice musicale. Però è buon senso capire che se prima non c’è un percorso di avvicinamento tra coro e orchestra e direttore o direttrice musicale, è azzardato calare un nome così».
Il contesto non era dei più sereni: dopo mesi di tensioni sindacali e il cambio di sovrintendente, le maestranze avevano ritrovato fiducia grazie alla promessa di un confronto sulla scelta del direttore musicale. Promessa disattesa, che ha portato «al senso di tradimento che le maestranze hanno vissuto», spiega Mantengoli. Da qui la proclamazione dello stato di agitazione e un comunicato congiunto che contesta non la persona di Beatrice Venezi, ma il suo profilo professionale.
Sul curriculum di Venezi, il violinista Eugenio Sacchetti è netto: «Lo spessore del curriculum purtroppo è molto piccolo. Non ci sono assolutamente note di merito. Concerti presso enti minori, per lo più istituzionali». Secondo Sacchetti, questa valutazione mette in luce la profonda incompetenza sia dell’opinione pubblica sia della politica, che non dispongono degli strumenti necessari per comprendere il reale valore di un curriculum.
Ma cosa significa essere direttore musicale? Il maestro Alessandro Bonato, direttore principale dell’Orchestra Haydn di Bolzano, chiarisce: «Il direttore musicale è la persona che lavora maggiormente con l’orchestra, che dà la propria impronta all’orchestra e al teatro, che cerca di sviluppare un suono, un’idea di interpretazione musicale». È un lavoro che va visto nel lungo periodo, i grandi direttori d’orchestra non lavorano solo per due o tre anni, ma per dieci, dodici, quindici anni. Un ruolo che richiede «sensibilità e conoscenza profonda delle maestranze», perché non si tratta di guidare strumenti, ma persone. In questo senso è un lavoro anche «piscologico ed empatico».
Proprio per questo, la prassi di solito prevede un percorso di conoscenza reciproca prima della nomina. «Quando si viene nominati direttori musicali, è buona prassi in ogni teatro del mondo avere un rapporto con l’orchestra, sapere che si può lavorare bene insieme», sottolinea Alessandro Tommasi, responsabile amministrazione artistica della Gustav Mahler Jugendorchester. Nel caso di Venezi, invece, non c’è mai stato un incontro reale con l’orchestra, se non un evento privato durante la pandemia, conferma Sacchetti.
La vicenda ha assunto anche contorni politici. «La politica e la musica, ahimè, sono sempre andate a braccetto», osserva Tommasi, che giudica «bislacche e sfortunate» le dichiarazioni del ministro italiano della Cultura Alessandro Giuli, secondo cui la nomina servirebbe a portare una figura fresca e pop al teatro. Una giustificazione che stride con la realtà di un ruolo che non si improvvisa e non si assegna per ragioni di immagine.
Sul futuro, le incognite restano. «Ci si è domandato perché Venezi non fa un passo indietro», dice Mantengoli, ma la risposta è sempre stata quella di avere fiducia. Fiducia che, per ora, sembra lontana. «Stiamo assistendo a un’opera buffa, anzi tragica», conclude Sacchetti. «Si sarebbe potuto evitare tutto con il rispetto delle prassi non scritte». Invece, ci troviamo qui, sospesi nell’attesa di scoprire quale sarà l’epilogo di una vicenda che intreccia due mondi - la musica e la politica - che forse non avrebbero mai dovuto incontrarsi così.
Venezia contro Venezi (1./2)
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