Società

Basta aperitivi al buio: l’Italia propone l’ora legale permanente

Risparmio energetico, salute e turismo: i vantaggi ci sono, ma non mancano le criticità. Un progetto che guarda al futuro, ma che rischia di isolare l’Italia dal resto d’Europa

  • Un'ora fa
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Di: Mat 

L’ora legale accompagna la storia italiana da oltre un secolo, introdotta per la prima volta nel 1916 con l’obiettivo di risparmiare energia durante la guerra. Da allora, il cambio stagionale è diventato un rituale collettivo: due volte l’anno in tutta Europa si spostano le lancette, adattando la quotidianità a un tempo che non è solo convenzione, ma anche politica energetica e sociale. Non a caso, nel 2018 la Commissione Europea avviò una consultazione pubblica che mostrò come la maggioranza dei cittadini fosse favorevole a eliminare questo meccanismo, e nel 2019 il Parlamento europeo votò per abolirlo, lasciando agli Stati membri la scelta se adottare l’ora solare o l’ora legale in modo permanente. La riforma, tuttavia, si è arenata per mancanza di accordo tra i Paesi, e il cambio d’orario continua ancora oggi.

Oggi, però, l’Italia si interroga seriamente sulla possibilità di rendere l’ora legale permanente, abolendo l’alternanza con l’ora solare. La proposta di rendere l’ora legale permanente non nasce solo nei palazzi della politica, ma dal consenso popolare: oltre 350 mila firme raccolte da cittadini e associazioni hanno dato forza all’idea. A raccogliere questa spinta è stato il deputato Andrea Barabotti (Lega), che ha chiesto alla Camera dei Deputati di aprire un’indagine conoscitiva. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: trasformare la petizione in un percorso parlamentare da concludere entro il giugno 2026.

I vantaggi di questa scelta sono evidenti. Più luce naturale nelle ore serali significa riduzione dei consumi elettrici, con un impatto positivo sulle bollette e sull’ambiente. Le stime parlano di risparmi significativi in termini di energia e di emissioni di CO₂. Non meno importante è l’aspetto sociale: giornate più lunghe favoriscono attività all’aperto, turismo, commercio e benessere psicologico. Eliminare il cambio stagionale, inoltre, ridurrebbe i disturbi legati al “mini jet lag” che molti avvertono quando si spostano le lancette, con benefici per la salute e la produttività.

Tuttavia, le criticità non possono essere ignorate. In inverno il sole sorgerebbe molto tardi: bambini e lavoratori inizierebbero la giornata nel buio, con conseguenze sulla sicurezza e sul ritmo biologico. Fosse solo una scelta italiana, la percezione di vivere in un Paese “fuori sincrono” rispetto al resto d’Europa potrebbe creare difficoltà nei rapporti internazionali, negli orari di lavoro transfrontalieri e nelle comunicazioni. Non si tratta solo di una questione tecnica, ma di un equilibrio tra esigenze energetiche, sociali e culturali.

Un aspetto curioso è che l’eventuale discrepanza oraria tra Italia e Svizzera non sarebbe una novità. Già in passato, infatti, i due Paesi non sempre hanno adottato lo stesso calendario per l’ora legale: negli anni ’80, ad esempio, la Svizzera decise di non introdurre subito il cambio stagionale, creando per alcuni mesi una differenza di un’ora con l’Italia. Questa situazione generò confusione soprattutto nelle zone di confine, dove i rapporti quotidiani — dal lavoro al trasporto ferroviario — si trovarono improvvisamente complicati da un disallineamento temporale. È un precedente che mostra come la gestione dell’orario non sia mai stata solo una questione tecnica, ma anche di armonizzazione politica e sociale.

L’ora legale permanente è una sfida che va valutata seriamente. È un progetto che guarda al futuro, alla sostenibilità e al benessere collettivo. L’Italia potrebbe essere apripista in Europa, riprendendo un dibattito che a livello comunitario è rimasto sospeso.

In definitiva, l’ora legale permanente non è solo una questione di orologi: è una scelta di modello di vita, di società e di visione del futuro.

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