Società

Cemento armato

Arma di costruzione di massa

  • 12 febbraio, 10:24
  • 12 febbraio, 10:27
Il viadotto Polcevera (ponte Morandi) in costruzione. Genova 1963-67. Parma, CSAC, Fondo Publifoto-800.jpg

Il viadotto Polcevera (ponte Morandi) in costruzione. Genova 1963-67.

  • Parma, CSAC, Fondo Publifoto
Di: Red. / Cristiana Coletti

Nel 1855 l’inventore Joseph-Louis Lambot presentò all’Esposizione mondiale di Parigi un oggetto bizzarro: una barchetta che sembrava fatta di pietra. In realtà si trattava di una barca di malta con uno scheletro di ferro in grado di galleggiare sull’acqua. L’invenzione passò pressocché inosservata. Ma allora perché ancora oggi si parla di questo strano oggetto?

Depositando il brevetto del ferciment, ferrocemento – così si chiamava il processo di costruzione da lui inventato – Lambot diede di fatto vita al principio del cemento armato. Un materiale destinato a plasmare la modernità e che ha influenzato artisti ed architetti cambiando il volto delle nostre città e dei paesaggi. Ma fino a che punto il cemento può essere considerato uno strumento efficace ed un simbolo di progresso e sviluppo?

Una risposta possiamo trovarla nel libro di Anselm Jappe Cemento. Arma di costruzione di massa (Elèuthera). In realtà il sottotitolo dell’edizione originale suona “arma di costruzione di massa del capitalismo”. La tesi del libro è radicale: la pianificazione urbana, già dalla seconda metà dell’Ottocento, ha adottato il cemento armato come materia principale delle costruzioni, ma in questo modo ha trasformato questo materiale in strumento per uniformare le differenze locali.

Jappe ribalta l’assunto secondo il quale senza il cemento non ci sarebbe stata l’architettura moderna, e attribuisce alla materia armata la colpa dell’omologazione urbanistica e di un’edificazione a scadenza. Non a caso il libro si apre con la riflessione sul crollo del ponte Morandi (2018): un crollo per nulla accidentale. Anzi, la cui prevedibilità conferma la tesi secondo cui il cemento armato mette in atto la concezione capitalistica dell’obsolescenza programmata.

Cristiana Coletti approfondisce l’argomento in compagnia dell’autore del libro, Anselm Jappe, filosofo e docente di estetica all’Accademia di Belle Arti di Roma e con Salvatore Aprea, architetto, storico dell’architettura, Direttore degli Archives de la Construction Moderne del Politecnico federale di Losanna.

Arma di costruzione di massa? 

Voci dipinte 11.02.2024, 10:35

  • Courtesy: Barbara Galimberti Archives de la construction moderne – EPFL, Fondo Jean Tschumi

Ti potrebbe interessare