Società

Dal pacifismo umanitario al nazional-pacifismo

Le origini del pensiero pacifista e le attuali degenerazioni

  • Oggi, 17:00
pacifismi
Di: Cristina Artoni/Red. 

In un momento infelicissimo per la pace Roberto Della Seta, giornalista, storico e politico italiano, già presidente di Legambiente, ha pubblicato di recente il libro Pacifismo, storia plurale di un’idea controversa, edito da Mimesis.

Mentre si moltiplicano i fronti di guerra, il libro Roberto Della Seta ricostruisce una storia del pacifismo. Meglio dei pacifismi. Il plurale è d’obbligo, perché il pacifismo è cambiato, fors’anche è degenerato.

Io credo che in questi due secoli di cammino dell’idea pacifista si possano distinguere e si debbano distinguere almeno due grandi dimensioni molto diverse una dall’altra, quasi opposte tra loro. La prima è quella del pacifismo umanitario che nasce con Tolstoj, ancora prima con Kant, poi si afferma con figure ormai mitiche come il Mahatma Gandhi. Questa idea rifiuta e condanna la guerra come un male in sé, dovunque essa scoppi, dovunque essa uccida, distrugga. Questo è il pacifismo umanitario, che in particolare nell’Ottocento, è quello prevalente che viene innalzato da élites inizialmente ristrette, che poi riesce anche ad affermarsi in parte in grandi movimenti sociali. Poi c’è un’altra dimensione, che è quella oggi prevalente, ed è l’idea di chi rifiuta la guerra non perché rappresenti il male in sé, ma perché in essa non si sentono coinvolti. Che sia la guerra in Ucraina, che sia la guerra in Medio Oriente, che siano le guerre che non hanno mai smesso di attraversare il mondo, ecco tutte queste guerre vengono rifiutate perché non riguardano il “nostro Paese”. Nel libro io definisco questo pacifismo come nazional-pacifismo, con un’espressione un po’ provocatoria. Del resto, bisogna sempre ricordare e sottolineare che le guerre, almeno da 200 anni a questa parte, nascono e si sviluppano quasi tutte per effetto di nazionalismi.

Roberto Della Seta, giornalista, autore del libro Pacifismo, storia plurale di un’idea controversa.

Il pacifismo attuale è pertanto un pacifismo molto debole, che non riesce a dire parole chiare su nessun conflitto.

Essere per la pace non significa non riconoscere le responsabilità di una guerra. Ci sono pagine molto belle di Gandhi che dicono: “io sono per la non-violenza, ma questo non vuol dire che se ci sono due soggetti, due popoli, due due governi, due eserciti che si combattono, io non abbia la responsabilità di dire chi è l’aggredito chi è l’aggressore, chi è la vittima, chi è il carnefice. Il pacifismo attuale questa lezione l’ha dimenticata. E poi il pacifismo di questi ultimi decenni sconta anche un altro limite. Io l’ho chiamato strabismo. È un pacifismo nato negli ultimi decenni del Novecento, che tendenzialmente condanna le guerre se asostenerle è l’Occidente. È un pacifismo antioccidentale, anche se nasce essenzialmente in Occidente, che vede in particolare gli Stati Uniti come il male assoluto. E quindi si preoccupa solo delle guerre che vedono gli Stati Uniti come diretti protagonisti o comunque come sostenitori, e si disinteressa invece delle guerre dove gli Stati Uniti non sono impegnati. C’è un esempio classico: quando cinquant’anni fa circa l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan dando inizio a tutto quello che abbiamo conosciuto dopo i talebani eccetera, il movimento pacifista brillò per il suo silenzio assoluto, perché non c’era da accusare o denunciare l’imperialismo americano, e quindi non era quello un tema che suscitava l’attenzione dei pacifisti di allora.

Roberto Della Seta, giornalista, autore del libro Pacifismo, storia plurale di un’idea controversa.troversa.

Cosa dire del concetto di guerra giusta, che nasce – lo ricordiamo – in seno alla teologia cristiana, cha da sant’Agostino in poi ha sempre ragionato attorno a questo tema.

Io non credo che esista in astratto una guerra giusta perché le guerre rappresentano sempre un male. Penso, invece, che nelle guerre la giustizia non stia da nessuna parte. Nelle guerre però ci siano ragioni di giustizia che stanno da una parte e non dall’altra. Ho fatto l’esempio della guerra tra Russia e Ucraina, dove non c’è dubbio che appunto l’aggredito sia l’Ucraina che difende i suoi diritti, che difende la sua libertà contro l’aggressore. Se pensiamo a quello che sta succedendo a Gaza, ci sono pochi dubbi su chi sia il carnefice e su chi sia la vittima.

Roberto Della Seta, giornalista, autore del libro Pacifismo, storia plurale di un’idea controversa.

A proposito di Gaza non si assiste a grandi mobilitazioni, come accadde nel caso della seconda guerra del Golfo, spinte allora dal movimento no global e non solo. Forse questo servirebbe oggi per Gaza.

Certo, però per Gaza non c’è questa mobilitazione anche perché nel caso di Gaza c’è stata la premessa terribile e tragica del 7 ottobre 2023, il pogrom terrorista organizzato da Hamas. Questa premessa sta ostacolando la capacità di vedere che Israele, nel nome della reazione della risposta a quell’evento terribile, sta commettendo un genocidio. Comunque, al di là di questo aspetto, il fatto che non ci sia reazione è una delle grandi prove che oggi il pacifismo è soprattutto nazional-pacifismo. Infatti, se quello che succede a Gaza non ci riguarda come italiani, come svizzeri, come europei dimostra che i conflitti ci interessano solo se veniamo coinvolti in prima persona. Poco ci interessa invece di quello che succede altrove, dove muoiano decine di migliaia di persone, dove muoiono civili colpiti mentre stanno aspettando cibo e medicine.

Roberto Della Seta, giornalista, autore del libro Pacifismo, storia plurale di un’idea controversa.

12:16

I pacifismi

Alphaville 27.06.2025, 11:30

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  • Cristina Artoni

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