Ambiente

Clima: il futuro è già in ritardo

La retorica della compensazione climatica sta sabotando la decarbonizzazione reale. Overshoot e net zero: quando la risposta alla crisi climatica è peggio del problema

  • Oggi, 08:30
Overshooting
  • Keystone
Di: Mattia Cavadini (Mat) 

Produzione di combustibili fossili in crescita, emissioni di gas serra alle stelle, temperature fuori controllo. E noi? Continuiamo a raccontarci che tutto è sotto controllo, che possiamo ancora limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. Un obiettivo che ormai suona come una favola amara, ripetuta da chi ha già deciso di ignorarne le implicazioni.

La verità è che il sistema climatico sta cambiando più velocemente di quanto siamo disposti ad ammettere. E mentre gli eventi estremi si moltiplicano, la risposta politica e industriale si rifugia in una narrazione rassicurante: quella del “net zero”. Una formula elegante che promette di bilanciare le emissioni con rimozioni future, senza intaccare il presente. In pratica, continuiamo a bruciare combustibili fossili, contando su tecnologie speculative che dovrebbero, un giorno, risucchiare la CO₂ dall’atmosfera.

Questa logica si chiama overshoot: superiamo pure le soglie critiche, tanto poi torniamo indietro. Ma nel frattempo, chi paga? Le comunità vulnerabili, gli ecosistemi, le generazioni future. L’idea che si possa “recuperare” il danno climatico con soluzioni ingegneristiche su scala planetaria è non solo pericolosa, ma profondamente immorale. Significa accettare milioni di morti, migrazioni forzate, collasso agricolo e idrico, distruzione della biodiversità — tutto in nome della crescita economica e della stabilità finanziaria.

Nel 2025, l’Earth Overshoot Day – il giorno in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in un anno – è caduto il 24 luglio. Secondo i dati più recenti del Global Footprint Network, la Svizzera ha raggiunto il suo Overshoot Day il 7 maggio 2025 .Questo significa che, se tutta l’umanità consumasse risorse naturali come fa mediamente un cittadino svizzero, il pianeta avrebbe esaurito la sua capacità di rigenerarle già entro i primi 127 giorni dell’anno. Da quel momento in poi, si vive “a debito ecologico”, sfruttando risorse che non possono essere rigenerate entro l’anno. La Svizzera, pur vantando un’elevata efficienza nella gestione dei rifiuti e delle risorse, mantiene una delle impronte ecologiche pro capite più alte al mondo, a causa di consumi energetici, mobilità e stili di vita ad alta intensità materiale.

Il paradosso è che sappiamo benissimo cosa fare: ridurre drasticamente le emissioni nei settori chiave — energia, trasporti, industria, agricoltura — e aumentare l’efficienza energetica. Ma non lo facciamo. Perché farlo significherebbe mettere in discussione il modello economico dominante, e nessuno vuole essere il primo a farlo. Così, ci aggrappiamo a temperature medie globali come se fossero indicatori di salute, ignorando che nessuno vive una “media”: viviamo alluvioni, incendi, siccità, ondate di calore. E mentre il clima si disintegra, noi misuriamo il termometro e ci congratuliamo per averlo tenuto sotto controllo — almeno sulla carta.

La verità è che il trattato di Parigi, con il suo obiettivo di 1,5°C, è stato un successo diplomatico e un fallimento operativo. Non perché fosse sbagliato, ma perché abbiamo preferito fingere che fosse compatibile con la crescita basata sui fossili. Abbiamo scelto di non scegliere. E ora, mentre il mondo brucia, ci aggrappiamo a promesse tecnologiche che esistono solo nei rendering.

Serve un cambio di rotta radicale. Serve onestà. E serve subito. Perché il clima non aspetta le nostre scadenze elettorali, né le nostre conferenze patinate. Ogni frazione di grado conta. Ogni giorno perso è un passo verso l’irreversibile. E ogni favola raccontata è un tradimento.

10:36

Ci siamo mangiati il 2022

Diderot 28.07.2022, 17:40

  • keystone

Ti potrebbe interessare