Spazi culturali che scompaiono

Cultura sotto sfratto

La lotta per il Leoncavallo e il silenzio che avvolge le chiusure in Ticino

  • Un'ora fa
Leoncavallo

La polizia ha eseguito nei giorni scorsi l'ordine di sfratto emesso nei confronti dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano

  • ANSA
Di: Elisabeth Sassi 

A Milano, sabato 6 settembre, decine di migliaia di persone si sono unite in un corteo durato cinque ore per esprimere a gran voce il loro sostegno al centro sociale Leoncavallo, al valore comunitario degli spazi autogestiti e per opporsi alla gentrificazione. Un appello particolarmente sentito anche nel nostro territorio, dove negli ultimi anni si è assistito alla chiusura di diversi centri culturali indipendenti, simboli di una scena alternativa. Tra i fatti più recenti, quattro anni fa, nella notte tra il 29 e il 30 maggio 2021, quando l’ex Macello di Lugano, è stato sgomberato e demolito con le ruspe. Questo settembre, sempre nel comune sul Ceresio, è stato demolito l’ex garage che per nove anni ha ospitato le attività dello Spazio Morel. Ma la lista degli spazi artistici indipendenti che faticano a sopravvivere in Ticino e si spengono nel silenzio sarebbe molto più lunga.

Ciò che è accaduto a Milano è stato un gesto di solidarietà che, da Porta Venezia a Piazza Duomo, ha coinvolto associazioni, collettivi, cittadini e cittadine, impegnate a ricordare il ruolo dei centri sociali come luoghi di cultura e solidarietà: «Sono spazi importanti in cui elaborare idee diverse, contro ogni chiusura al confronto», ha ricordato Marina Boer, che sullo sgombero anticipato (la scadenza era prevista per il 9 settembre) ha commentato: «È stata un’inutile e non necessaria manifestazione muscolare da parte delle istituzioni».

L’associazione Mamme Antifasciste, costituita dopo l’uccisione di Fausto e Iaio (Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci), ha affrontato negli anni temi diversi: dalla giustizia chiesta per i fatti accaduti in via Mancinelli nel 1978, alla lotta allo spaccio, all’impegno contro la violenza sulle donne, ai corsi di italiano per stranieri. «Abbiamo dato strumenti e possibilità a chi non aveva diritti formali. Ci sono una libreria e un archivio in fase di riconoscimento. È paradossale che l’attività svolta in 50 anni all’interno del Leoncavallo abbia ricevuto riconoscimenti dal Ministero dei Beni Culturali, dal Comune, mentre ora, uffici diversi, decidono di procedere a uno sfratto e di criticare l’operato», conclude Marina Boer.

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  • Enrico Bianda

Per il momento l’assemblea del Leoncavallo ha escluso la partecipazione al bando per una nuova sede in via San Dionigi, giudicandone le condizioni inadeguate e troppo costose poiché l’intera area sarebbe da bonificare dall’amianto. Si ipotizza poi anche un ritorno in via Watteau, sede storica del Leoncavallo, questa volta “in modo legale”. Questo concetto di legalità invita a una riflessione più ampia: nei centri sociali, creare spazi culturali non mercificati significa costruire strumenti di emancipazione, la solidarietà non è episodica, ma organizzata, e il mutualismo è una pratica concreta, quotidiana, che va a costituire un tessuto sociale spesso più robusto e funzionante di quello fornito dalle istituzioni. In questo senso, legalizzare un’occupazione riuscita, svela le lacune di un sistema incapace di garantire attività culturali gratuite, spazi di socialità accoglienti e intergenerazionali, sostegno materiale a chi è marginalizzato, con ambulatori e mense popolari, ad esempio. Così la legalità punisce chi occupa un edificio abbandonato e riduce tutto a infrazione, spostando in questo modo l’attenzione dalle contraddizioni istituzionali e dalle richieste alla radice dei centri sociali.

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