Il dittatore del XXI secolo non urla, non spara, non manda carri armati per le strade. Indossa un abito su misura, sorride in conferenza stampa e twitta slogan patriottici. Non ha bisogno di censurare apertamente: gli basta controllare il flusso dell’informazione, orientare la narrazione, saturare l’opinione pubblica. È il volto pulito dell’autoritarismo. È l’autocrate della manipolazione.
Lo chiamano spin dictator, come lo definiscono Daniel Treisman e Sergueï Gouriev nel loro libro Spin Dictators: The Changing Face of Tyranny in the 21st Century (Princeton University Press, 2022). Non governa con la paura, ma con l’illusione. Illusione di competenza, di democrazia, di protezione contro nemici esterni e interni. Non reprime, seduce. Non elimina l’opposizione, la marginalizza. Non chiude i tribunali, li svuota. Non abolisce le elezioni, le trasforma in rituali vuoti.
Gentilezza e coraggio, le armi dei più forti
Millevoci 17.11.2020, 11:05
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Viktor Orbán è il caso da manuale. Primo ministro ungherese dal 2010, ha vinto tre elezioni consecutive – nel 2014, 2018 e 2022 – con campagne definite “minacciose e xenofobe” dagli osservatori internazionali. Ha riscritto la Costituzione, epurato la Corte costituzionale, abbassato l’età pensionabile dei giudici per sostituirli con fedelissimi. Ha chiuso il principale quotidiano d’opposizione e costretto l’Università dell’Europa Centrale a trasferirsi a Vienna. Eppure, formalmente, la democrazia è intatta. I tribunali esistono, il Parlamento vota, le urne si aprono. Ma il contenuto è stato svuotato, come una scatola elegante piena di aria.
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La strategia è globale. Dalla Russia al Venezuela, dal Kazakistan alla Malesia, gli autocrati moderni hanno capito che la violenza aperta costa troppo. Attirare sanzioni, perdere investimenti, soffocare l’innovazione: tutto questo è un prezzo che non conviene pagare. Meglio manipolare. Meglio raccontare. Meglio costruire un mondo parallelo dove il leader è l’unico baluardo contro il caos, l’unico interprete della volontà popolare.
E noi? Noi applaudiamo. Perché ci basta la forma. Ci basta che ci siano le elezioni, anche se truccate. Ci basta che ci sia la stampa, anche se asservita. Ci basta che ci sia la libertà, purché non disturbi. Siamo diventati complici del simulacro. Consumatori di democrazia di plastica.
USA: la democrazia in bilico
Millevoci 06.11.2020, 11:05
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Negli Stati Uniti, alcune tattiche ricordano questo modello. Attacchi alla stampa, pressioni sulle università, ammirazione per uomini forti come Putin e Xi Jinping. La democrazia americana resiste, grazie a una Costituzione robusta e a istituzioni decentrate. Ma anche lì, il confine tra leadership e culto della personalità si fa sottile. E quando la democrazia dipende dal buon comportamento dei leader, non è più una democrazia: è una scommessa.
La verità è che gli autocrati moderni non hanno bisogno di violenza. Hanno capito che la manipolazione è più efficace. Più elegante. Più redditizia.

L’internazionale dell’autoritarismo
Alphaville 17.04.2025, 12:35
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