Le emoji, quelle piccole immagini che utilizziamo ogni giorno nelle nostre conversazioni, sono ben più di un semplice ornamento o di modo ironico per comunicare.
Curiosità linguistica: il termine emoji è un prestito dal giapponese (絵文字) ed è ancora dibattuto il genere da attribuirvi. Treccani lo definisce un sostantivo maschile invariabile (l’emoji, gli emoji), ma l’uso comune contraddice questa scelta e tende a preferire le emoji, con genere femminile. Forse per la vicinanza a emoticon (femminile invariato), o per la traduzione in faccina, faccine.
Emoji-Nation
Grandi Doc 09.05.2025, 22:45
Oggi esistono più di 3600 simboli differenti e rappresentano a tutto gli effetti un elemento essenziale della comunicazione digitale, un modo rapido e efficace con cui esprimiamo messaggi più o meno complessi. Non ci riesce infatti difficile immaginare che attraverso una semplice “faccina” siamo in grado di dire molto di più del suo significato semantico. In base al contesto, al tono della conversazione, al grado di intimità che abbiamo con il nostro interlocutore, le immagini acquisiscono uno specifico significato, che può essere ampissimo.
Secondo la linguista Tatjana Scheffler, che si è occupata da vicino della questione tramite uno studio approfondito, in cui sono state analizzate 107 emoji, queste faccine hanno molteplici funzioni: possono esprimere emozioni, attenuare critiche, aggiungere ironia o sdrammatizzare una situazione. Le emoji, secondo la studiosa, sono in grado di colmare un vuoto comunicativo, diventano quindi parte integrante delle conversazioni su app di messaggistica istantanea, ma anche online sui social media.
Scommettiamo che anche voi le avete tra le preferite? Le cinque emoji piu utilizzate al mondo sono: la faccina che ride a crepapelle è al primo posto, seguita dal classico cuore rosso, poi l’altra faccina che piange dal ridere, l’emoji che manda un bacio e al quinto posto troviamo l’emoji con gli occhi a cuoricino (https://www.emojistats.org). Nello studio condotto dalla linguista leggiamo una cosa che cattura la nostra attenzione: gli uomini sembrano utilizzare meno le emoji rispetto alle donne, e secondo Tatjana Scheffler il motivo è da ricercare nel modo differente in cui uomini e donne coltivano le relazioni. Questo sarebbe legato, da un lato, alla diversa gestione delle relazioni interpersonali – spesso affidata culturalmente alle donne – e dall’altro alla tendenza delle donne a utilizzare una comunicazione affettiva. L’altra ragione sta nel fatto che solitamente sono le donne giovani a introdurre le novità linguistiche. In altre parole, sono le prime a dimostrare nuovi fenomeni linguistici, con un atteggiamento pioneristico. Gli uomini sono tendenzialmente più tradizionalisti, poi seguono.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/scienza-e-tecnologia/Gli-emoji-sono-opere-d%E2%80%99arte--988009.html
Differenze generazionali: Gen z vs. boomer e millenial
Le differenze d’uso non si fermano al genere: anche tra generazioni la scelta e l’interpretazione delle emoji varia radicalmente. I più giovani non utilizzano le stesse emoji dei loro genitori, oppure le utilizzano, ma con un significato profondamente diverso. I giovani sono tipicamente dei creatori di linguaggi esclusivi, che solo loro capiscono, principalmente proprio per il desiderio di distinguersi e di rendersi incomprensibili agli adulti.

Un esempio di emoji che per i più vecchiotti è totalmente oscura, è l’uso del teschio o della bara utilizzato per descrivere una situazione estremamente divertente. I giovani ne associano infatti un significato di “morire dal ridere”, mentre alle generazioni più vecchie questo senso sfugge. Analogamente, se qualcosa è esilarante, i giovani utilizzeranno l’emoji che piange disperatamente, mentre i millenial o i boomer sceglieranno quelle che effettivamente piangono dal ridere.

Tra la Gen z è poi molto diffusa l’emoji del pagliaccio per definire qualcosa o qualcuno ridicolo. Per esprimere affetto, invece, non utilizzano il cuore, bensì le mani che formano il cuore o, ancora più recente, la mano che fa il cuore “coreano” con le due dita.

Differenze generazionali: Gen z vs. boomer e millenial
Non tutto il mondo è paese. Ogni cultura associa alle emoji un determinato significato, che può differire moltissimo tra una nazione e l’altra. Si tratta quindi di un linguaggio tutt’altro che universale, soprattutto per certi simboli.

In Europa si utilizza ampiamente l’emoji dell’ok, soprattutto per dare l’approvazione a qualcosa o per mostrare apprezzamento. In Argentina ha un curioso significato: perché si usa per indicare che si sta bevendo un caffè piccolo. In Turchia e in Brasile invece è meglio non utilizzarlo affatto, perché è considerato un vero e proprio “segnaccio”, cioè come se fosse un insulto. In Giappone, invece, fa riferimento al denaro.

Uno degli esempi più classici di emoji fraintesa è la melanzana. In Europa, negli Stati Uniti e in molte altre regioni del mondo viene comunemente utilizzata con un chiaro significato sessuale. In Giappone, invece, la melanzana ha un valore del tutto innocente: sognarla nella prima notte del nuovo anno è considerato un segno di grande fortuna. Anche se la melanzana non è l’unica emoji dal significato ambiguo: il broccolo o le foglie che cadono possono essere interpretati come riferimenti alla marijuana. Meglio quindi fare attenzione agli ortaggi che si inviano: una semplice emoji potrebbe causare un malinteso imbarazzante.


L’emoji con le mani giunte ha due principali significati possibili: per molti rappresentano le mani in preghiera; quindi, possono fare riferimento al mondo religioso o comunque essere utilizzate come a dire “ti prego, ti ringrazio”, per esprimere gratitudine e ringraziamenti. Il secondo macro significato attribuito è quello di due mani che si battono, come a battere il cinque. Nel mondo arabo, visto che si prega a mani aperte, questa emoji non viene mai associata al gesto di preghiera.

Sempre nei simboli raffiguranti le mani, c’è una profonda rottura tra quello che significano per noi occidentali e per chi appartiene alla cultura cinese. In Cina, infatti, le mani che si muovono (da noi intese in modo di saluto) hanno una connotazione negativa e stanno a intendere che non si vuole più avere a che fare con quella persona. Anche l’emoji delle mani che applaudono è meglio non utilizzarla a sproposito in Cina, perché a differenze degli europei o degli americani, che ci vedono appunto un applauso, una volontà di complimentarsi, i cinesi lo intendono come la richiesta di un approccio sensuale.

Un’altra emoji dal significato dibattuto è quella che rappresenta una mano con alzati pollice, indice e mignolo. Originariamente i creatori si sono ispirati al linguaggio dei segni americano, in cui significa “Ti amo” (con le dita si mimano le lettere di I love you, I-L-Y), ma la maggior parte delle persone lo utilizza come un modo esprimere contentezza quando qualcuno fa qualcosa di buono, riferendosi al mondo del rock. Attenzione però che nella vicina penisola il significato può cambiare radicalmente: il rischio di confusione con il gesto delle corna è altissimo. E se per un parlante italofono il modo di dire “fare le corna” è palese, in altre culture non è così immediato il collegamento tra “fare o avere le corna” e il tradimento. Questo significato è compreso anche in Brasile e in altri paesi latini come il Portogallo, la Spagna e la Colombia.
Insomma, una giungla di significati che rende le emoji un linguaggio tutt’altro che universale.
Ogni cultura, ogni generazione e ogni gruppo sociale attribuisce a queste piccole immagini interpretazioni diverse, che cambiano a seconda del contesto e dell’interlocutore.
Proprio questa natura ambigua – ma incredibilmente adattabile – è la loro forza. Il loro straordinario successo non è certo frutto del caso: le emoji hanno saputo creare un codice comunicativo semplice, intuitivo e incredibilmente efficace.