Società

Il sapone che brucia la vita

Gianluca Diana racconta la piaga invisibile della soda caustica in Africa occidentale, tra ustioni, stigma e speranza. Finalista al Premio Luchetta, il reportage dà voce ai bambini della soda

  • Ieri, 07:00
  • Ieri, 16:39
Sapone soda caustica  Sierra Leone
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Di: Laser/Mat 

C’è un sapone che non pulisce, ma ustiona. Si chiama Africana Soap, e in Sierra Leone è diventato una piaga sociale. Il reportage radiofonico di Gianluca Diana, diffuso nel programma Laser e finalista al prestigioso Premio Luchetta, racconta con precisione e umanità questa tragedia silenziosa. Il premio, istituito nel 2004 in memoria del giornalista Marco Luchetta e della sua troupe uccisa a Mostar durante la guerra balcanica, è dedicato alla tutela dei bambini vittime di violenza. E mai come in questo caso, la violenza è subdola, domestica, quotidiana.

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Africana Soap

Laser 18.07.2025, 09:00

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  • Gianluca Diana

In Sierra Leone, uno dei paesi più poveri al mondo, migliaia di persone producono e vendono Africana Soap, un sapone artigianale realizzato con soda caustica. «Qui in Sierra Leone lo chiamano Africana Soup», spiega un operatore di Emergency. «Si presenta allo stato liquido trasparente come acqua e in quello solido come polvere bianca, identica a sale e zucchero. Significa che può essere confuso facilmente e di conseguenza ingerito per sbaglio».

I bambini sono le prime vittime. L’ingestione accidentale provoca ustioni gravissime a bocca, gola ed esofago. «I bambini soda sono bambini che hanno ingerito soda caustica», racconta il Medical Coordinator dell’ospedale di Emergency a Goderich. «Hanno problemi di alimentazione perché la soda caustica rappresenta una lesione importante della bocca, della faringe e dell’esofago, e molto spesso problemi di polmoniti associate».

Dal 2018, Emergency ha trattato oltre 10.000 pazienti soda. Solo nel 2024, più di 250 bambini hanno ricevuto cure chirurgiche. Ma il danno non è solo fisico. «Essere un paziente soda è uno stigma che porta all’esclusione sociale», spiega il caposala dell’ospedale. I bambini con gastrostomia vengono emarginati, derisi, costretti a nascondersi per mangiare. Molti abbandonano la scuola per vergogna, altri si isolano, convinti di non avere più un posto nella società.

La produzione di Africana Soap è legata a progetti di empowerment femminile, ma ha introdotto un rischio enorme. «Un progetto guidato da alcune ONG ha soppiantato il vecchio metodo introducendo la soda caustica come elemento di base. Nuove opportunità, certo, ma a caro prezzo», denuncia un operatore. Il dramma si consuma soprattutto nelle aree rurali, dove la povertà è più acuta e l’accesso alle cure è limitato.

La risposta di Emergency è concreta: interventi chirurgici, supporto psicologico, incontri formativi. «Educavano le persone a un’attenta gestione della soda», racconta il caposala dell’ospedale. E tra le macerie, emergono storie di speranza. Come quella di una ragazza sopravvissuta all’ingestione di soda caustica e oggi Health Promoter: «Da quel momento lavoro qui nell’ospedale di Emergency, assistendo i pazienti per ricordargli che hanno ancora un futuro e un posto nella società». La giovane ha persino ideato un metodo per permettere ai pazienti con gastrostomia di mangiare cibi normali: «Frullare il cibo trasformandolo in una pappa significa che alla fine questi pazienti possono mangiare come chiunque altro».

«È come aiutarli ad avere nuova vita», dice Isa. «È bello vedere persone consapevoli di avere la speranza di essere ancora qualcuno, di avere ancora un grande ruolo da svolgere nella società».

Il reportage di Gianluca Diana non è solo una denuncia: è un atto di giustizia. Racconta una crisi invisibile, dà voce ai dimenticati, e ci ricorda che la dignità non è un lusso, ma un diritto.

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