Cultura e tecnologia

Rischiamo di perdere la nostra autonomia (cognitiva)

I rischi legati all’avvento dell’intelligenza artificiale? Non solo fake news: sovrastimolazione, deficit di attenzione, ma soprattutto un possibile sabotaggio della nostra indipendenza di pensiero

  • Un'ora fa
Leonardo da Vinci, Sezione di testa umana, 1490 circa

Leonardo da Vinci, Sezione di testa umana, 1490 circa

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Di: Kappa / Roberto Antonini / MrS 

L’intelligenza artificiale sta rapidamente diventando parte integrante delle nostre vite, promettendo di rivoluzionare il modo in cui lavoriamo, comunichiamo e – soprattutto – pensiamo: una rivoluzione tecnologica che porta con sé non solo opportunità, ma anche rischi significativi per la nostra autonomia cognitiva. Roberto Antonini, voce storica di Rete Due e direttore del corso di giornalismo della Svizzera italiana, ha esplorato le implicazioni di questa nuova frontiera tecnologica al microfono di Kappa.

Antonini ha iniziato il suo racconto partendo dal Fedro di Platone, un testo di 2.400 anni fa: lì si legge di Socrate che narra il mito di Theuth, nel quale il faraone egizio Thamus esprime preoccupazione per l’invenzione della scrittura, temendo che possa «produrre la dimenticanza nelle anime di coloro che la impareranno». Ogni progresso tecnologico, insomma, porta con sé sia vantaggi che potenziali pericoli.

Facendo un salto nel presente, Antonini si è concentrato sulle preoccupazioni sollevate da Bruno Giussani, giornalista da lui definito «sempre all’avanguardia tecnologica», che ha recentemente pubblicato un podcast intitolato proprio La minaccia cognitiva. Antonini riassume: «È una vera e propria messa in guardia contro i pericoli che corre la nostra indipendenza, la nostra autonomia cognitiva, il nostro cervello.»

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La minaccia cognitiva

Kappa e Spalla 27.11.2025, 17:35

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  • Natascha Fioretti

Pericoli che vanno ben oltre le già note preoccupazioni sulle fake news: «C’è qualcosa di molto più sottile, di più spinto. C’è qualcosa che attaccherà l’integrità cognitiva, altererà la struttura dei nostri interessi.»

L’intelligenza artificiale generativa, infatti, può certamente offrire benefici in campi come la salute e la medicina. Tuttavia, gli effetti negativi non sono da sottovalutare: «Possiamo utilizzare i software di intelligenza artificiale per riassumere un libro, ma il libro poi non verrà letto. O per scrivere un testo. Ma non sarà il nostro testo».

Un altro rischio significativo è la sovrastimolazione cerebrale. Antonini cita gli psicologi menzionati da Giussani: «Il cervello sarebbe progettato per concentrarsi su una sola cosa alla volta. Non solo per i maschi, ma anche per le femmine – che spesso si dice che sono multitasking… No, invece no. Siamo proprio programmati per concentrarci su una cosa alla volta».

Le conseguenze di questa sovrastimolazione sarebbero molteplici e preoccupanti: «Difficoltà di concentrazione – quello che chiamano attention fracking, frammentazione cognitiva – disturbi nello sviluppo del linguaggio, polarizzazione.» Antonini descrive un futuro in cui siamo «vassalli di un sistema che non capiamo bene ancora, e che si intromette nelle nostre menti.»

Ma il vero pericolo, potrebbe essere ancora più profondo: «L’integrità cognitiva, la struttura dei nostri interessi». Questo tipo di manipolazione è già nell’agenda di attori potenti: «Lo sanno, per esempio, gli esperti del Pentagono o dell’esercito russo, che cercano di manipolarci.»

«Quello che vediamo adesso è solo l’inizio di un grande problema, che sarà globale.» Il giornalista descrive scenari futuri in cui l’interazione con l’intelligenza artificiale potrebbe diventare ancora più diretta e invasiva: «L’obiettivo, apparentemente, si sta già scrivendo: quello di non passare più attraverso la tastiera o un’interfaccia, ma di essere collegati direttamente al nostro cervello.»

Sviluppi che sollevano questioni etiche e pratiche significative. Antonini cita esempi di progetti già in corso: «In Cina sono molto avanti su questo aspetto. Per esempio, i macchinisti del treno Pechino-Shanghai hanno degli elettrodi integrati nel loro berretto – dunque non ancora nella testa per fortuna – per monitorare il loro stato di affaticamento.»

Mentre alcuni di questi sviluppi potrebbero avere applicazioni positive, Antonini sottolinea i potenziali pericoli: «L’idea, l’obiettivo, è controllare le nostre menti. Pensiamo al neuromarketing, strategia commerciale basata sul controllo neurale per farci scegliere poi i prodotti che si vogliono vendere.»

Di fronte a questi scenari inquietanti, Antonini sottolinea l’importanza della regolamentazione: «Ci sono dei modi per controllare, per frenare questa possibile deriva molto pericolosa per noi tutti. Ed è il legislatore, la politica.» Ad esempio l’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea, una legge approvata l’anno scorso per limitare l’uso dell’intelligenza artificiale. «Il problema però, è che noi siamo dominati dalla tecnologia americana. E una delle prime decisioni che ha preso Trump è stata proprio quella di cancellare una disposizione analoga che aveva preso il suo predecessore Biden. E questo per dare via libera alle grandi corporation della tecnologia.»

Dunque, come possiamo bilanciare i benefici dell’innovazione tecnologica con la necessità di proteggere la nostra autonomia cognitiva? La sfida che ci attende è trovare un «antidoto giusto, per non finire dentro la scatola dell’intelligenza artificiale», mantenendo il controllo sulle nostre menti e sulla nostra capacità di pensiero indipendente.

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