Storia

“We the Peoples…”: 80 anni dalla Carta delle Nazioni Unite

Tra le macerie una promessa di pace, dignità e cooperazione globale. Oggi, in un contesto geopolitico complesso, quanto è ancora viva quella promessa?

  • Oggi, 08:30
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Emblema dell’ONU a Ginevra.

Di: Red. 
La Carta delle Nazioni Unite che avete appena firmato rappresenta una solida base su cui possiamo costruire un mondo migliore. 

Harry S. Truman, discorso di chiusura della Conferenza di San Francisco

Compie 80 anni, ma forse oggi più di allora, è di grande attualità. La Carta delle Nazioni Unite, siglata il 26 giugno 1945 nell’auditorium Herbst Theatre di San Francisco, dove si radunarono le delegazioni di 50 Paesi per imprimere quello che si tradusse in un segno di speranza sul futuro dell’umanità.

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Carta delle Nazioni Unite, immagine di copertina dello Statuto della Corte internazionale di Giustizia, 1945.

Una sottoscrizione attraverso la quale vennero poste le basi per la fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) – nata ufficialmente il 24 ottobre di quell’anno quando la Carta fu ratificata da Cina, Francia, URSS, Regno Unito e Stati Uniti, ossia i Paesi fondatori (P5), fissandone il quadro attraverso principi e obiettivi che ancora oggi «coincidono con gli interessi e i valori della Svizzera», come riportato sulla pagina del Dipartimento federale degli affari esteri dedicata all’evento.

 

La Conferenza di San Francisco, aperta il 25 aprile 1945 e conclusasi il 26 giugno dello stesso anno, fu un momento cruciale di confronto diplomatico per delineare l’assetto istituzionale delle future Nazioni Unite. All’indomani delle devastazioni della Seconda guerra mondiale, si avvertì infatti con urgenza la necessità di costruire un nuovo ordine internazionale capace di garantire una pace e una sicurezza durature (Storia delle Nazioni Unite). In effetti, l’esperienza fallimentare della Società delle Nazioni, rivelatasi impotente di fronte allo scoppio del conflitto globale, aveva mostrato chiaramente l’esigenza di un’organizzazione più efficace e credibile.

Il vertice fu preceduto da una serie di lavori preparatori svoltisi tra il 1943 e il 1945. Già nelle conferenze di Mosca e Teheran del 1943, e poi in quella di Dumbarton Oaks nel 1944, si iniziarono a delineare le fondamenta della futura organizzazione internazionale. In particolare, a Dumbarton Oaks venne proposto un primo schema di struttura istituzionale, con organi esecutivi, assembleari e giudiziari (National Archives); furono però gli incontri di Yalta, nel febbraio del 1945, a segnare il momento decisivo: lì, con Roosevelt, Churchill e Stalin attorno allo stesso tavolo, vennero tracciate le linee portanti della futura organizzazione internazionale. Un contesto nel quale, tra le altre cose, si stabilì che l’Unione Sovietica avrebbe avuto tre seggi distinti nella futura Assemblea e si introdusse il principio del diritto di veto per i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, un punto focale che venne poi strenuamente difeso durante i negoziati di San Francisco.

Proprio il meccanismo del veto fu uno dei nodi più delicati e dibattuti durante la Conferenza. I rappresentanti dei P5 lo imposero come condizione imprescindibile per aderire alla futura organizzazione; nei verbali statunitensi del 7 giugno si legge infatti chiaramente che: “nessuna decisione importante potrà essere adottata senza il consenso di uno dei membri permanenti” (FRUS 1945, vol. I). Il 29 maggio, durante un incontro tra le cinque potenze vincitrici, i delegati concordarono poi di accelerare i lavori affinché il diritto di veto fosse inserito nel testo definitivo, dando così forma a un sistema decisionale – ancora oggi vigente – che regola le questioni di pace e sicurezza nel Consiglio di Sicurezza, accettato dagli altri Stati anche se con riluttanza.
Accesi furono però anche i confronti sull’ammissione dei Paesi firmatari. L’Italia, ex membro dell’Asse, fu ad esempio esclusa in quanto non ancora pienamente riabilitata come nazione alleata. La Polonia, invece, assente dalla conferenza per la mancanza di un governo riconosciuto da tutte le potenze alleate, fu simbolicamente inclusa come cinquantunesimo firmatario: a San Francisco, i delegati lasciarono per lei uno spazio vuoto, in segno di riconoscimento per il sacrificio del popolo polacco durante la guerra.

Nel corso della Conferenza venne definita la struttura portante delle Nazioni Unite, articolata in sei organi principali, tra cui l’Assemblea Generale e la Corte Internazionale di Giustizia. Fu inoltre introdotto, fin dal primo articolo della Carta, un nucleo valoriale fondante incentrato sulla promozione della pace, dei diritti umani e dell’autodeterminazione dei popoli, come sancito nel testo stesso. La ratifica formale avvenne il 25 giugno, durante la plenaria presieduta da Lord Halifax, mentre la firma solenne del documento si tenne appunto il giorno successivo presso il Veterans Memorial Hall. La Carta entrò ufficialmente in vigore il 24 ottobre 1945, data oggi celebrata quale Giornata delle Nazioni Unite.

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Il Presidente degli Stati Uniti Harry Truman interviene alla Conferenza di San Francisco il 25 giugno 1945.

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A partire da quel momento, la Carta delle Nazioni Unite assunse il valore di trattato vincolante (oggi ratificato da ben 193 Stati), dando forma a un’architettura istituzionale permanente su scala globale. Viene infatti sancito il principio del pacta sunt servanda, secondo cui gli accordi internazionali devono essere rispettati e osservati in buona fede da chi li sottoscrive. Un carattere vincolante che conferisce all’ONU una soggettività giuridica internazionale, rendendola capace di adottare decisioni obbligatorie in materia di pace e sicurezza, come previsto dall’articolo 25 secondo cui: “gli Stati membri si impegnano a rispettare e a far rispettare le decisioni del Consiglio di Sicurezza”; Consiglio che può anche disporre di sanzioni o interventi armati, come ad esempio l’embargo sulle armi per opporsi all’apartheid che impose in Sudafrica nel 1977, oppure il sostegno dato nel 2013 ad un’operazione militare africana contro i gruppi jihadisti in Mali.

Lo Statuto del 1945 non fu dunque soltanto un’intesa politica, ma un vero e proprio trattato-costituzione, che fondò le Nazioni Unite su istituzioni solide e norme chiare, con il compito di mantenere la pace, promuovere lo sviluppo economico e proteggere i diritti umani in un sistema internazionale rinnovato.

La Svizzera, fedele alla sua tradizione di neutralità, vi aderì solo nel 2002, riconoscendo nella Carta principi ampiamente compatibili con i valori sanciti dalla propria Costituzione federale. Come già avvenuto nel 1920 per l’ingresso nella Società delle Nazioni, anche l’adesione all’ONU avvenne tramite consultazione popolare, rendendo la Confederazione elvetica l’unico Stato entrato nell’organizzazione a seguito di un referendum. Da allora, il suo ruolo si è distinto per un impegno costante nel diritto umanitario, nella difesa dei diritti umani, nella promozione della pace e nello sviluppo sostenibile; è in questa prospettiva che la Svizzera si è poi candidata con successo a un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza per il biennio 2023–2024.

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Manifestano anche i dipendenti dell'ONU

SEIDISERA 01.05.2025, 18:00

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Già nei decenni successivi alla sua fondazione, l’ONU si trovò ad affrontare alcune delle sfide più complesse della storia contemporanea.

Uno dei primi momenti cruciali arrivò già nel 1947, con la questione israelo-palestinese: l’Assemblea Generale approvò un piano di partizione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo. La decisione – accolta positivamente dalla leadership ebraica e rifiutata con forza dal mondo arabo – innescò una serie di scontri che portarono alla guerra del 1948 e alla nascita dello Stato di Israele.

Nello stesso anno, venne adottata la Dichiarazione universale dei diritti umani, un testo di portata storica che, pur non essendo vincolante, avrebbe influenzato profondamente trattati internazionali e costituzioni nazionali, diventando una pietra miliare nella promozione dei diritti fondamentali.

Negli anni Cinquanta, le Nazioni Unite si trovarono poi coinvolte nella guerra di Corea, autorizzando una delle sue prime operazioni militari. A partire dal decennio successivo, seguì da vicino il processo di decolonizzazione, che vide l’ingresso di numerosi nuovi Stati, soprattutto africani. Con la fine della Guerra fredda, tra il 1989 e il 1991, aumentò invece l’attività dell’organizzazione nelle missioni di pace e nelle iniziative legate allo sviluppo.

Nel 2000 furono varati anche gli Obiettivi di sviluppo del millennio, seguiti nel 2015 dall’Agenda 2030 che ha definito diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile: dalla lotta alla povertà all’istruzione universale, dalla tutela ambientale all’uguaglianza di genere, confermando il ruolo dell’ONU come promotore di una visione globale e integrata del progresso umano.

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La bandiera dell'ONU davanti alla sede di Ginevra

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Nel contesto geopolitico odierno tuttavia emergono interrogativi sempre più pressanti sull’effettiva capacità operativa dell’Organizzazione. Se da un lato le Nazioni Unite continuano a rappresentare l’unico forum universale dove quasi tutti i Paesi siedono allo stesso tavolo per affrontare temi globali come il cambiamento climatico, i diritti umani o i conflitti armati, dall’altro la loro efficacia decisionale è spesso ostacolata dall’immobilismo del Consiglio di Sicurezza; il diritto di veto dei P5 può infatti bloccare qualsiasi risoluzione, anche in situazioni drammatiche come la guerra in Ucraina o il conflitto in Medio Oriente.

Un sistema dunque costruito sull’equilibrio di potere del 1945 che oggi molti considerano non più adeguato alla realtà multipolare del XXI secolo. È in questo contesto che si inserisce l’iniziativa UN80, promossa dal Segretario generale António Guterres, per una profonda riforma dell’ONU. L’obiettivo è quello di rafforzare l’efficienza, l’impatto e la legittimità dell’organizzazione, riformandone strumenti operativi e priorità strategiche, così da permetterle – secondo quanto affermato internamente – di affrontare con maggiore incisività le grandi sfide del presente e del futuro.

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