“La mattina del 14 luglio vennero dei delegati dei cittadini e chiesero che gli si consegnasse il castello. Il signor governatore era disposto a cedere, se non fossi intervenuto a fargli intendere che tale resa sarebbe stata indegna dell’onore.”
A scrivere queste parole è Ludwig von Flüe, un ufficiale svizzero che in quel drammatico mattino d’estate del 1789 si trovava dentro la Bastiglia. Non come prigioniero, ma come comandante delle truppe svizzere incaricate di difenderla. Nel giorno in cui nacque la libertà francese, a sparare sulla folla che assaltava la fortezza c’erano anche degli svizzeri, e a guidarli era proprio lui.
Von Flüe, 37 anni, cattolico, di Sachseln nel canton Obvaldo, era tenente nel reggimento Salis-Samaden, uno dei corpi mercenari elvetici al servizio del re di Francia. Poche settimane dopo la battaglia, scrisse al fratello Wolfgang, canonico a Bischofszell, una lunga lettera in cui ricostruiva ogni dettaglio di quella giornata. La sua testimonianza, conservata in Svizzera e pubblicata nel 1886, è l’unico racconto completo della presa della Bastiglia scritto da chi vi prese parte dall’interno. La prospettiva di uno svizzero nella giornata che ha cambiato la storia del mondo.
Dentro la Bastiglia
Von Flüe apre il suo racconto descrivendo la fortezza: “La Bastiglia si trova nel sobborgo di Saint-Antoine a Parigi. Otto torri, collegate da brevi bastioni, formano il perimetro del castello, circondato da un profondo fossato. L’altezza delle torri è di circa 80 piedi e lo spessore delle mura di 12-15 piedi. È così forte che Enrico IV e altri re vi rimasero davanti per settimane con eserciti di 30.000 uomini prima di poterla conquistare.”

Michel Charles Fichot (1817-1903). "La Bastille et son quartier". Paris, musée Carnavalet
La guarnigione, però, è debole: 80 soldati francesi e 32 svizzeri, sotto il comando del conte de Launay, un uomo che von Flüe giudica “di scarse conoscenze militari, senza esperienza e con poco coraggio. Era così pieno di paura che di notte scambiava le ombre degli alberi per nemici.” Von Flüe arriva alla Bastiglia il 7 luglio, pochi giorni prima dell’assalto, e capisce subito che il suo comandante è nel panico. Quando il 12 luglio de Launay ordina di ritirarsi all’interno delle mura, abbandonando l’anello esterno difensivo, lo svizzero capisce che la fortezza è perduta.

Parigi alla vigilia della Rivoluzione
RSI Cultura 27.10.2025, 20:40
14 luglio 1789: il giorno dell’assalto
All’alba del fatidico giorno, la folla chiede la resa. Von Flüe interviene e impone la resistenza: “Credo che il signor governatore si sarebbe arreso, se noi ufficiali non gli avessimo fatto capire che sarebbe stato indecoroso per l’onore.”

Jean-Baptiste Lallemand (1710-1803). "La Prise de la Bastille, le 14 juillet 1789". Huile sur toile. Paris, musée Carnavalet
Alle tre del pomeriggio inizia l’attacco. “Una moltitudine di cittadini armati si impadronì dei cortili anteriori. Il ponte levatoio e le porte che conducevano al castello furono abbattuti. Dopo averli ammoniti invano, fu finalmente ordinato di sparare.” Von Flüe descrive la difesa con precisione tecnica: “Mi trovavo con i miei uomini nel cortile del castello, di fronte al portale, dove avevo tre pezzi da due libbre. Li usai per proteggere l’ingresso nel caso il portale fosse abbattuto. Scaramucciammo per tre ore. Gli assedianti ebbero, come abbiamo saputo in seguito, 160 morti e feriti.”
La resa e la furia del popolo
Quando gli insorti si preparano a sfondare le porte, de Launay perde il controllo. “Non appena il signor de Launay vide questi preparativi dalle torri, sembrò aver completamente perso la testa. Senza consultare nessuno dello stato maggiore o della guarnigione, e senza conoscere la loro opinione, fece dare il segnale della resa da un tamburino. Smisi di sparare, cercai il signor de Launay e lo trovai nell’atto di scrivere un biglietto in cui comunicava agli assedianti che nella fortezza c’erano 2000 quintali di polvere; se non avessero accettato la capitolazione, avrebbe fatto saltare in aria tutto: fortezza, guarnigione e quartiere circostante.” Ma Von Flüe protesta: “Non siamo ancora costretti a questo, non abbiamo subito danni. Le porte sono ancora intatte.”

Poi, il colpo di scena: le porte della Bastiglia vengono aperte dall’interno. “Mi meravigliai molto quando, un momento dopo, vidi quattro soldati francesi avvicinarsi al portone, aprirlo e abbassare il ponte levatoio.” Il ponte si abbassa, la folla irrompe. “In un attimo la fortezza fu piena di gente che si impadronì di noi e ci disarmò. Dovevamo temere di essere uccisi in cento modi diversi. Saccheggiarono e devastarono tutto il castello.”
Von Flüe e i suoi uomini vengono trascinati verso il municipio, insultati e colpiti. “Durante il percorso due dei miei soldati furono uccisi dal popolo infuriato. Le donne digrignavano i denti e minacciavano con i pugni.” Sulla Place de Grève, davanti all’Hôtel de Ville, vede la testa del governatore su una picca: “Mi portarono incontro la testa del signor de Launay e me la offrirono da contemplare.”
Una svolta da romanzo
Interrogato e minacciato di impiccagione, von Flüe tenta una mossa disperata: “Offrii loro i miei servizi e mi consegnai alla nazione. Dichiarai che io e il mio popolo eravamo pronti a obbedire se avessimo potuto rendere loro un servizio.” La folla, stanca e confusa, cambia umore. “Un generale battito di mani e grida di ‘Bravo! Bravo! Bravo! Suisse!’ mi mostrarono che la mia offerta era stata accettata.” Scambiato per un prigioniero liberato, viene portato in trionfo, rifocillato e infine ospitato da un cavaliere, che lo aiuta a fuggire da Parigi. Come von Flüe si sia riuscito a salvare in questo modo, rimane un mistero. Ma il bello della storia è questo: a volte è più assurda di un romanzo.
Un passato svizzero dimenticato
Il racconto di von Flüe ricorda un capitolo spesso rimosso della storia svizzera: quello dei mercenari. Migliaia di uomini partirono per combattere nelle guerre d’Europa, legando la Svizzera — oggi neutrale — ai conflitti più sanguinosi del continente.
Oggi, a Place de la Bastille, restano solo delle linee tracciate sul suolo a segnare il perimetro della fortezza. Ma in quelle pietre invisibili si intrecciano anche le vicende di chi, come Ludwig von Flüe, vide la Rivoluzione francese non come un inizio, ma come la fine di un mondo conosciuto.

Gli svizzeri del re di Francia, la scheda
RSI Cultura 27.10.2025, 20:40
Gli svizzeri del re di Francia
Per oltre tre secoli, la Francia fu il principale datore di lavoro dei mercenari svizzeri. Dalle capitolazioni militari stipulate nel Quattrocento nacque una collaborazione stabile: interi reggimenti elvetici al servizio del re, in cambio di denaro e protezione politica per i cantoni.
Nel 1789, al momento della Rivoluzione, erano più di 14.000 gli svizzeri sotto le armi francesi. Considerati soldati d’élite, disciplinati e fedeli, erano impiegati soprattutto come guardie reali e difensori di fortezze strategiche come la Bastiglia. Il loro motto — “Fedeltà e Onore” — riassumeva un dovere assoluto verso il sovrano, non verso la nazione.
Il loro destino si compì nel 1792, durante l’assalto alle Tuileries. Quel giorno le Guardie svizzere del re Luigi XVI combatterono fino all’ultimo contro la folla rivoluzionaria. Più di 600 uomini furono massacrati. Con loro finì una tradizione secolare: la fedeltà svizzera alla monarchia francese, travolta dal nuovo mondo nato dal sangue della Rivoluzione.
Il mestiere delle armi
La storia infinita 27.10.2025, 20:40



