Storia

Quando gli zoo impararono a proteggere

Dalle collezioni dei faraoni ai moderni centri di conservazione: la lunga storia evolutiva dei giardini zoologici. Tra scienza, etica e tutela della biodiversità.

  • Ieri, 10:05
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Zoo di Londra, 1835.

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Di: Astrid Julia Lang  

La recente iniziativa dello zoo Walter di Gossau (SG), che ha avviato l’allevamento di lucciole australiane bioluminescenti con l’intento di renderne osservabile al pubblico il singolare fenomeno luminoso, rappresenta un caso unico nel panorama europeo. Più che una semplice curiosità scientifica, essa sollecita una riflessione più ampia sul significato, le finalità e la trasformazione storica dei giardini zoologici: istituzioni che, nel corso dei secoli, hanno incarnato il mutevole rapporto dell’uomo con la natura, oscillante tra fascinazione, dominio e conoscenza.

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Allevamento di lucciole australiane

Telegiornale 05.10.2025, 20:00

I giardini zoologici sono in effetti una delle istituzioni più antiche e, al contempo, più controverse della storia umana. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non nacquero unicamente come spazi di svago o di esibizione, ma si distinsero anche per una marcata dimensione scientifica nella loro organizzazione e gestione, offrendo un impulso nuovo e decisivo allo sviluppo delle scienze naturali, e in particolare della zoologia, segnando una netta discontinuità rispetto alla precedente concezione spettacolare e celebrativa, incentrata sull’esibizione e sul prestigio.

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Mappa dei parchi zoologici nel mondo.

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Già nell’Antico Egitto, in effetti, le collezioni di animali selvatici mantenute in cattività dai faraoni costituivano un potente simbolo di autorità e dominio sulla natura. Analogamente, in Assiria e in Persia i giardini di animali erano espressione di prestigio regale e manifestazione visibile del potere imperiale. Esemplare, in tal senso, è la celebre collezione del sovrano azteco Montezuma, che custodiva una varietà straordinaria di specie esotiche, incarnando l’idea di un mondo sottomesso all’uomo.
In epoca romana, questa logica di controllo e spettacolarizzazione trovò una forma ancora più drammatica: gli animali esotici come leoni, elefanti e orsi divennero protagonisti dei giochi gladiatori: simboli viventi della potenza e della brutalità dell’Impero.

Con il trascorrere dei secoli, tuttavia, l’interesse per gli animali in cattività si trasformò progressivamente, assumendo connotazioni più scientifiche e sistematiche. Già nella seconda metà del XVII secolo, la ménagerie di Versailles, istituita da Luigi XIV e ampliata dai suoi successori, rappresentava un luogo privilegiato di osservazione e studio. Fu proprio in questo contesto che il naturalista francese Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1707–1788), poté condurre parte delle ricerche che confluirono nella monumentale opera Histoire naturelle, générale et particulière (1763), un corpus di trentasei volumi che segnò l’avvio della zoologia moderna come disciplina autonoma e scientificamente fondata.

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Storia naturale, generale e particolare, Georges-Louis Leclerc, decimo volume, 1763.

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Fu proprio nel contesto dell’espansione coloniale che l’Europa vide affluire una straordinaria varietà di animali esotici, divenuti simboli viventi delle meraviglie e delle ricchezze dei territori conquistati. Questo fenomeno contribuì a consolidare l’idea dello zoo come spazio di rappresentazione del potere e del sapere occidentale.

Il vero passaggio da collezione privata a istituzione pubblica e scientifica si compì però nel XVIII secolo, durante l’Illuminismo, quando la curiosità naturalistica e la volontà di classificare la natura trovarono una forma concreta nella nascita dei giardini zoologici moderni. Emblematica, in tal senso, fu la fondazione a Parigi del Jardin des Plantes - inaugurato nel 1794 e inserito nel complesso del Museo di storia naturale e dell’Orto botanico - dove confluirono gli animali provenienti dalla ménagerie reale di Versailles (una collezione privata di animali selvatici o esotici appartenente al Duca d’Orléans), sancendo l’apertura dello zoo al pubblico come luogo di conoscenza, osservazione e divulgazione scientifica.

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Pittori al Jardin des plantes all’inizio del XX secolo (nella rivista L'Illustration, agosto 1902).

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Qualche anno più tardi, nel 1828, nacque a Regent’s Park anche il Giardino zoologico e Museo di Londra, uno dei più antichi zoo scientifici del mondo che inizialmente fu destinato esclusivamente a studiosi e naturalisti, e successivamente venne aperto anche al pubblico dopo che Guglielmo IV donò gli animali del parco reale di Windsor.

Nel corso del XIX secolo, i giardini zoologici si diffusero rapidamente nelle principali capitali europee e nelle grandi città americane. Le gabbie erano spesso anguste e le condizioni di vita degli animali lontane da qualsiasi criterio di benessere, ma lo scopo era allora di natura diversa: gli zoo erano concepiti come luoghi di conoscenza e di rappresentazione, dotati di un forte valore educativo e simbolico, vere e proprie “finestre aperte sul mondo”, capaci di riflettere il sapere, la curiosità e il dominio dell’uomo sulla natura.

Un ruolo decisivo nell’evoluzione del concetto di zoo moderno fu svolto dal tedesco Carl Hagenbeck, che nella seconda metà dell’Ottocento teorizzò la necessità di ricreare ambienti naturali in grado di favorire l’acclimatazione e la conservazione delle specie. Tuttavia, si trattava più di una ricostruzione scenografica che di un effettivo miglioramento delle condizioni animali: gli spazi da lui progettati offrivano l’illusione della libertà, pur restando saldamente inscritti nella logica dell’esposizione.

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Carl Hagenbeck con i suoi leoni.

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Nel contesto elvetico, la pratica di mantenere animali selvatici in cattività precede di secoli la nascita dei moderni giardini zoologici: significativo il caso di Berna, dove già nel XV secolo orsi e cervi venivano ospitati nei fossati cittadini. (cfr. voce Giardino zoologico, Andrea Weibel, DSS). Il primo passo verso uno zoo moderno si ebbe nel 1869 con la fondazione del Langenberg Wildpark da parte dell‘ispettore forestale della città di Zurigo Carl Anton Ludwig von Orelli, seguito nel 1874 dallo zoo di Basilea, che da collezione di fauna locale si trasformò presto in vetrina esotica, fino a ospitare anche discutibili esposizioni etnografiche. Nel corso del Novecento nacquero altri parchi faunistici di rilievo, tra cui Goldau (1925), Zurigo (1929) e Berna (1937), oggi parte di una rete che comprende oltre sessanta strutture.

Dal modello ottocentesco di mera esposizione, gli zoo hanno progressivamente adottato un approccio scientifico e conservazionistico, sostituendo le gabbie con ambienti naturalistici e ampliando le proprie funzioni a ricerca, educazione e tutela delle specie. Un rinnovamento che, sostenuto dagli studi di Heini Hediger, si è dunque tradotto in una maggiore attenzione etica e in adesione alla Strategia mondiale per la conservazione (1993).

Oggi gli zoo svizzeri principali - riuniti nella Zooschweiz - accolgono milioni di visitatori ogni anno, impegnandosi a conciliare divulgazione e responsabilità ambientale, come testimonia ad esempio il padiglione del Masoala dello zoo di Zurigo (2003), costituito da una vasta cupola trasparente che ricrea il clima tipico della penisola del Madagascar. Un ambiente di circa 200.000 metri cubi in cui convivono oltre 500 specie vegetali, 50 specie di vertebrati e più di 50 tra insetti e aracnidi originari dell’isola, che dal 2013 si può conoscere tramite una passerella sopraelevata, muovendosi tra le chiome degli alberi su un percorso sospeso che collega due torri di 10 e 18 metri di altezza.

Le prime istanze a favore di un più autentico rispetto del benessere animale emersero in particolare nel corso del XX secolo: le gabbie anguste furono progressivamente sostituite da spazi aperti e ambienti più vicini agli habitat naturali, e i giardini zoologici cessarono così di essere semplici collezioni di animali esotici in cattività, per assumere una funzione educativa e scientifica, orientata alla tutela delle specie e alla promozione della conoscenza naturalistica.

Oggi l’istituzione zoologica, in particolare attraverso la European Association of Zoos and Aquaria (EAZA), che riunisce oltre 340 membri in 41 Paesi, continua a evolversi elevando i propri standard etici, sostenendo programmi di ricerca e partecipando attivamente ai progetti internazionali di conservazione delle specie minacciate.

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Logo della European Association of Zoos and Aquaria (EAZA).

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Tra le missioni centrali degli zoo contemporanei si distinguono infatti tre ambiti principali: la conservazione, la ricerca e l’educazione.

Sul fronte della conservazione delle specie, i programmi di riproduzione coordinata – come l’European Endangered Species Programme (EEP) – hanno permesso di salvaguardare animali un tempo sull’orlo dell’estinzione, tra cui ad esempio il cavallo di Przewalski, il panda gigante e l’orice arabo.

In campo scientifico, gli zoo collaborano poi stabilmente con università e centri di ricerca per lo studio del comportamento animale, della genetica e delle patologie, contribuendo a generare dati preziosi anche per le popolazioni selvatiche.

Infine, la dimensione educativa riveste oggi un ruolo essenziale: ogni anno milioni di visitatori, in particolare famiglie e scolaresche, partecipano a percorsi didattici, laboratori e iniziative di divulgazione ambientale volti a sensibilizzare le nuove generazioni sul valore della biodiversità e sulla responsabilità della sua tutela.

Una prospettiva che era già stata nitidamente anticipata dal naturalista italiano Oscar De Beaux (1879-1955), figura di spicco della zoologia del primo Novecento, curatore e in seguito direttore del Museo di Storia Naturale di Genova. Egli fu inoltre responsabile della sezione italiana della Società Internazionale per la Conservazione del Bisonte Europeo e, nel 1930, pubblicò il saggio Etica biologica. Tentativo di risveglio di una coscienza naturalistica — un testo pionieristico che aprì in Italia la riflessione sulla responsabilità dell’uomo nei confronti del mondo naturale.

Animato da questa visione, De Beaux promosse pochi anni dopo la creazione di un piccolo giardino zoologico a Genova Nervi, attivo fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Per lui, il giardino zoologico non era un semplice luogo di esposizione di animali esotici, ma uno spazio di educazione, di osservazione scientifica e di elevazione etica, dove lo studio diretto degli animali potesse alimentare nel pubblico una più profonda coscienza del rispetto e dell’interdipendenza fra tutte le forme di vita.

«Il Giardino Zoologico è infatti un luogo di studio serio e piacevole per lo zoologo di professione e per il dilettante, che vi possono imparare a conoscere le abitudini, il modo di accrescimento, le attitudini e il comportamento fisici e psichici, tanto differenti ed istruttivi, nei vari animali. [...] Esso costituisce la meta delle passeggiate quotidiane di molti bambini, il posto di sano trattenimento all’aria aperta per la gioventù, il luogo di ritrovo per famiglie intere. È una buona scuola di educazione alla pulizia, all’ordine, all’arte importantissima della manutenzione. È scuola efficace di etica biologica, ossia del rispetto all’esistenza delle unità biologiche, del rispetto alla vita, indice assai sicuro del livello civile raggiunto da un popolo». 

Oscar De Beaux, in Il significato e le funzioni del Giardino Zoologico di Ermanno Bronzini (1953, p. 78)

I giardini zoologici hanno dunque attraversato i secoli trasformandosi da simboli di potere e curiosità esotica in istituzioni scientifiche ed etiche, impegnate a promuovere una nuova consapevolezza del rapporto fra l’uomo e la natura.

Visitare uno zoo oggi significa entrare in contatto diretto con la biodiversità, comprendendone la fragilità e, soprattutto, l’urgenza di preservarla.

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