Storia

Siria: macerie e illusioni di democrazia

Un anno dopo la caduta di Assad, la Siria oscilla tra rinascita e ombre: mercati pieni, quartieri in macerie, libertà fragile, minoranze diffidenti. Un Paese che ha perso un dittatore, ma non ha ancora trovato se stesso

  • Oggi, 12:00
  • Oggi, 13:57
Siria
  • Imago / Zuma Press Wire
Di: Laser/Mat 

A un anno dalla caduta di Bashar Assad la Siria si muove tra la speranza di una nuova era e il timore che il passato possa ripetersi. Dopo quattordici anni di guerra civile il Paese cerca di ricostruire la propria identità, ma le cicatrici sono profonde e le incertezze molteplici. Entrare oggi in Siria è sorprendentemente semplice: niente visti, pochi controlli, i ritratti del dittatore scomparsi. Damasco vuole apparire sicura, con mercati e caffè pieni di vita, alberghi pronti a riaprire. È l’immagine di un Paese che tenta di tornare normale, persino attrattivo. Mohammed, giovane dottorando di Aleppo (una delle tante voci raccolte nel reportage di Michela Sechi e Serena Tarabini in Laser) ricorda la liberazione del dicembre 2024: i ribelli che portavano cibo invece di violenza. Episodi isolati, ma che raccontano la complessità di una transizione fragile.

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Molti siriani hanno manifestato la loro gioia per il nuovo Governo

Siria: ritorno alla libertà tra paura e speranza

Laser 10.12.2025, 09:00

  • foto generica keystone
  • Michela Sechi e Serena Tarabini

La caduta del regime ha aperto spazi di espressione, ma restano ombre. Mohammed e Faysal non rivelano i cognomi: la paura non è svanita. Faysal, giornalista, avverte che la libertà esiste solo perché le nuove autorità non hanno ancora gli strumenti per reprimere. Le manifestazioni per l’unità nazionale sono state disperse da teppisti assoldati, sotto lo sguardo complice della polizia. La Siria libera resta un Paese dove si può sparire nel nulla.

Curdi e alawiti vivono tra speranza e timore. Samar, attivista curda, non si fida del nuovo presidente Ahmad Al Shara: ministri curdi e cristiani nel governo non bastano a cancellare discriminazioni e massacri. Faysal denuncia un potere in mano a “guerriglieri senza politica”, incapaci di avviare giustizia e riconciliazione. La multiculturalità è una facciata, mentre le comunità vengono spinte l’una contro l’altra.

Le elezioni parlamentari di ottobre hanno coinvolto meno dell’1% della popolazione. Requisiti vaghi, candidati selezionati, Parlamento svuotato di poteri. Tutto concentrato nelle mani del presidente, in un déjà-vu che ricorda i tempi bui di Assad. Le regioni ancora in guerra, come Deir ez-Zor e Raqqa, escluse dal voto: oltre un terzo del Paese senza rappresentanza.

Una sola ministra donna, nessuna quota femminile. Samar ricorda che le donne hanno tenuto in piedi famiglie e comunità durante la guerra, ma oggi la loro voce è marginalizzata. È un ritorno indietro, un segnale che la nuova Siria rischia di ripetere vecchi errori.

Economia in ginocchio, banche paralizzate, tutto in contanti. Molti siriani all’estero sostengono le famiglie, ma non tornano. La sanità e l’istruzione arrancano, qualche scuola riapre, il servizio militare non è più obbligatorio. Nonostante inflazione e mancanza di elettricità, la disponibilità di beni e auto nuove fa intravedere un lento ritorno alla normalità.

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Reportage dalla Siria

Telegiornale 09.12.2025, 20:00

La Siria ha bisogno di pace e investimenti. L’Europa ha tolto le sanzioni, gli Stati Uniti no. Il suk di Damasco brulica di vita, ma i quartieri vicini restano macerie silenziose. È l’immagine di un Paese che vuole guarire, ma rischia di essere lasciato solo. La caduta di Assad non ha portato automaticamente democrazia, ma ha aperto un varco fragile. La sfida è trasformare la liberazione in un progetto inclusivo, capace di dare voce alle minoranze e alle donne, di costruire istituzioni credibili e di attrarre investimenti. Senza questo, la Siria resterà un limbo: un Paese che ha perso un dittatore, ma non ha ancora trovato se stesso.

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