Ambiente

Hai mai sentito parlare di “Veganuary”? 

Fare a meno di tutti i prodotti alimentari di origine animale durante il mese di gennaio per aiutare l’ambiente. E tu, accetti la sfida? 

  • 5 January, 09:31
  • FOOD
veganuary
  • iStock
Di: Alice Tognacci

Anche quest’anno arriva Veganuary, la sfida annuale promossa dall’omonima organizzazione internazionale no profit che incoraggia persone di tutto il mondo ad abbracciare una dieta vegetale per 31 giorni, creando una rete atta a sostenere i partecipanti attraverso trucchi, ricette, consigli quotidiani e testimonial di grande spicco, per scoprire quanto possa essere semplice e gustosa, oltre che etica, una dieta vegana.

In Svizzera, insieme a Veganuary, è la Vegan Society Switzerland a sostenere questo progetto, così come il WWF. L’iniziativa non vuole avvicinarsi soltanto a persone che hanno a cuore l’etica animale, ma anche e soprattutto per far sì che ognuno di noi apporti il proprio contributo a ridurre l’impatto ambientale attraverso la dieta individuale e le scelte alimentari.

La sfida per un gennaio da vegani

Il Quotidiano 05.01.2024, 19:00

Lo sapevate che in Svizzera una dieta “standard”, senza particolari attenzioni, provoca in media il 16% delle emissioni di CO2? Al contrario, quella di una dieta vegetale ed equilibrata la riduce mediamente del 35-40% circa. Come afferma Raphael Neuburger, presidente della Vegan Society Svizzera: «I disastri climatici sempre più frequenti e diffusi e l'attuale pandemia fanno capire che non dobbiamo perdere tempo. Il consumo di prodotti animali è parte del problema e un fattore importante che possiamo influenzare direttamente con una dieta a base vegetale».

Un po’ di numeri e le celebrità che supportano Veganuary

I numeri riportati sul sito veganuary.com parlano chiaro: oltre 700.000 gli iscritti alla campagna del 2023; ad esclusione di Vaticano e Corea del Nord, tutti i Paesi del mondo risultano coinvolti; più di 820 sono i prodotti vegani lanciati per l’iniziativa e 790 i menu; il 98% dei partecipanti consiglierebbe Veganuary ad un amico.

Cioccolato al latte vegano sempre più ricercato

Telegiornale 25.11.2022, 13:30

Joaquin Phoenix, Billie Eilish, Paul McCartney, la modella e conduttrice di “Switzerland’s Next Top Model” Manuela Frey, il giocatore dell’FCZ Marc Hornschuh e l’artista Nina Burri sono solo alcuni dei nomi che supportano Veganuary, tra star internazionali e personalità nostrane. Auspicio per i più - non per forza vegani, ma anche solo vegetariani o volenterosi di fare qualcosa, nel proprio piccolo, per l’ambiente - è quello di trovare nuove idee per una dieta senza carne, rispettosa degli animali e che possa incoraggiare altri a provare nuovi piatti e a ridimensionare il consumo di carne in generale, a prescindere dal diventare vegani o meno: non per forza bisogna diventare vegani tutta la vita per essere amici dell’ambiente…

Veganesimo sì ma con buonsenso

È vero, il nostro consumo di carne (e derivati) è responsabile di un quarto dell'inquinamento climatico di origine alimentare a causa di tutte le conseguenze legate alle pratiche degli allevamenti intensivi, ma attenzione a fare di tutta l’erba un fascio e soprattutto attenzione all’industria anche in campo vegano.
Siamo sicuri che il cibo precotto o i preparati industriali, benché privi di derivati animali siano più sostenibili di un buon formaggio locale che arriva da animali al pascolo o di un bel cestino di uova deposte da galline allevate all’aperto libere di razzolare ciò che trovano in natura?
Tutti concordiamo sul fatto che dobbiamo limitare fortemente gli attuali consumi di carne e di prodotti animali, potenziando una dieta a base vegetale, ma una dieta vegana è davvero la panacea di tutti i mali? La risposta è “nì”, soprattutto se la dieta in oggetto è fatta senza consapevolezza.

Qualche anno fa il quotidiano britannico “The Guardian” ha lanciato una provocazione a riguardo titolando un editoriale: «Se vuoi salvare il mondo, il veganesimo non è la risposta». L’autrice dell’articolo, la giornalista inglese Isabella Tree, spiegava come, secondo lei, bisognerebbe incoraggiare metodi di allevamento sostenibili - come quelli basati su sistemi di rotazione e tradizionali - anziché farsi sedurre da prodotti a base di soia, mais e cereali industriali.
Secondo la Tree, infatti, «Invece di demonizzare forme sostenibili di allevamento del bestiame che permettono di ripristinare la fertilità dei terreni e conservare la biodiversità, si dovrebbero mettere in discussione tutte quelle colture intensive che richiedono alti apporti di fertilizzanti, fungicidi, pesticidi ed erbicidi. Molto spesso – continua – si sente parlare dell’inquinamento legato all’allevamento e alla produzione di carne, mentre raramente di quello legato alle colture e monocolture intensive».
Ecco, quindi, che come in tutte le cose (e soprattutto diete!) bisogna porsi tante domande, documentarsi e usare il buonsenso.
Lunga vita ai Veganuary, quindi, ma se fatti con “sale in zucca” e se servono a sensibilizzare anche chi non ha intenzione di diventare vegano ma vuole dare un contributo all’ambiente prendendo certe iniziative come spunto per cambiare la propria dieta, avendo cura di diminuire – non per forza di eliminare – l’uso di prodotti animali e di scegliere accuratamente la provenienza degli stessi qualora si decidesse di mantenerli nella propria dieta.

Quando mangiamo vegano senza accorgercene: i piatti “naturalmente” vegani

Ricordiamo ai riluttanti verso il termine “vegano” o “vegetariano” che tantissime preparazioni della nostra cultura gastronomica sono basate su ingredienti vegetali, visto che la carne, storicamente, era una derrata costosa e scarseggiante: zuppe di cereali e legumi, mille sughi a base di conserve vegetali o passate di pomodoro per le nostre paste, minestroni, paste e fagioli, pasta e ceci, maluns, pizzoccheri, polenta e funghi, ma anche piatti tipici della dieta mediterranea come spaghetti pomodoro e basilico, l’intramontabile aglio, olio e peperoncino, pappa al pomodoro, farinate o pane e panelle siciliane, le ribollite toscane, per non parlare delle tante ricette che ci propone la cucina etnica, tra piatti mediorientali, indiani e asiatici: falafel, hummus, involtini primavera, samosa, zuppe di miso o ramen vegetali… Senza contare tutte le alternative fantasiose che si possono creare sostituendo la carne con vegetali o legumi come ceci o lenticchie, senza bisogno di ricorrere a cibi pronti e preconfezionati!

Insomma, bando ai surrogati e dedichiamoci ai fornelli!

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