Marco Maranta e Laura Moretti sono una coppia di appassionati di tecniche di coltivazione e produzione naturali. Da un paio d’anni, nel Bellinzonese, hanno deciso di sperimentare un antico metodo giapponese per essiccare i cachi: l’hoshigaki.
Nel 2024 Marco e Laura hanno fondato Ullasa, un progetto con il quale hanno deciso di trasformare un ex pascolo di Claro in una food forest (o orto-foresta). Con il raccolto producono aceti a fermentazione spontanea, tisane, sali aromatizzati e cachi essiccati.
Ticino: terra di cachi
«Abbiamo scoperto questa tecnica all’inizio del 2024 e abbiamo deciso di sperimentarla con i frutti locali», racconta la coppia. La Svizzera italiana è ricca di alberi di cachi che spesso rimangono carichi di frutti non raccolti «ogni anno scegliamo qualche albero per la raccolta, a seconda di chi ci dà la disponibilità» spiega Laura.
Hoshigaki, in giapponese, significa letteralmente “caco essiccato”.
La raccolta dei cachi avviene intorno a metà novembre, quando la maturazione è avviata, ma i frutti sono ancora sodi. «Cerchiamo di raccoglierli con il picciolo intatto», spiega Laura, «questo ci permette di appenderli facilmente durante l’essiccazione.» I frutti vengono poi pelati delicatamente e immersi per pochi secondi in acqua bollente. Questo passaggio crea una sottile pellicola protettiva sulla superficie del frutto.
Tempo, cura e dedizione
Nelle settimane successive avviene una lenta trasformazione dei frutti. I cachi vengono appesi in un luogo fresco e ventilato, e massaggiati delicatamente una o due volte a settimana. «La massaggiatura è fondamentale», sottolinea Laura «permette agli zuccheri naturali del frutto di affiorare in superficie, creando una patina bianca. Spesso ci chiedono se sia zucchero a velo, ma si tratta dello zucchero del caco stesso.»
In Giappone esisteva un’antica tradizione secondo cui l’hoshigaki veniva donato dallo sposo ai genitori della futura sposa. Questo gesto, spesso commuoveva i genitori della ragazza fino alle lacrime.
Il giorno seguente, la madre della futura sposa andava dalla figlia e le raccontava che il padre aveva davvero pianto di gioia.
La preparazione, lunga e accurata del hoshigaki, mostrava la dedizione e l’affidabilità dello sposo, rendendolo degno della mano della futura sposa.
Marco Maranta, Fondatore di Ullasa
Il risultato? Difficile da descrivere
Dopo circa 70 giorni di cure attente, si arriva al risultato finale. «È difficile da descrivere assomiglia ad un dattero, ma non è così dolce. Ha una consistenza interna morbida e quasi gelatinosa. Si può mangiare da solo, accompagnato da un gelato o a pezzettini in un dolcetto. In Giappone si usa consumare il tè pomeridiano con l’hoshigaki» racconta Laura

Una piccola produzione più unica che rara
Il primo anno, la coppia ha iniziato in piccolo, producendo un centinaio di pezzi, per poi aumentare la produzione a 300 pezzi l’anno successivo e a 500 nell’ultima stagione. «È un prodotto di nicchia», spiegano «la lavorazione richiede tempo e dedizione e noi siamo in due, quindi siamo limitati nelle quantità.» Gli hoshigaki, poi, richiedono attenzioni particolari anche per la conservazione, rendendo difficile la distribuzione su larga scala.
La riscoperta di un’antica tradizione giapponese in terra ticinese è principalmente un modo per valorizzare un frutto spesso sottovalutato. «Da quello che sappiamo siamo la prima realtà a proporre l’hoshigaki prodotti localmente in Svizzera e in Ticino. Siamo contenti di dare una nuova vita a questo prodotto locale» conclude Laura.
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Serotonina 12.11.2025, 09:05
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