Fino alla fine del Medioevo, il latte non si beveva quasi mai e il modo più comune di consumarlo era sotto forma di formaggio. Uno stratagemma, questo, che permetteva di conservare la materia prima per lunghi periodi.
Il formaggio, però, nutriva forti perplessità da parte della cultura medica del tempo, che ne poneva limiti al consumo, quando non lo sconsigliava totalmente. Questo perché il mondo della fermentazione e della coagulazione erano ancora misteriosi e visti dunque con sospetto.
Al tempo, il latte per eccellenza era quello di pecora o di capra. L’allevamento bovino, infatti, serviva soprattutto a procurare forza lavoro e, secondariamente, carne.
Il formaggio, anche per questo, rimaneva una derrata relegata alla cucina povera, quella di pastori e contadini. Ed è proprio da queste tavole che parte un percorso di “nobilitazione” del formaggio. Per la gastronomia popolare, infatti, il formaggio rappresentava un valido sostituto alla carne (al tempo alimento per ricchi) anche nei giorni “di magro”, quelli cioè di astinenza imposti dalla religione che non prevedevano l’assunzione di carne.
Il formaggio altro non è che il più antico ed efficace metodo di conservazione del latte e delle sue proprietà nutritive.
Jonas Marti, da La storia infinita
Quando il formaggio si diffonde in Svizzera
La diffusione su larga scala del formaggio avviene solo nel Tardo Medioevo a causa di un evento drammatico: la peste nera. L’epidemia colpisce anche le valli svizzere nel 1348. Interi villaggi si spopolano e senza forza lavoro i campi prima coltivati si trasformano in prati desolati, trasformando per sempre l’economia delle Alpi. Dall’agricoltura si passa all’allevamento, ma il latte prodotto ora è troppo, bisogna conservarlo, e la produzione di formaggio, per millenni marginale e accessoria, diventa ora la principale attività. Dal bestiame più diffuso di capre e pecore, si passa al bestiame grosso, quello dei bovini. Le mucche arrivano in Svizzera per la prima volta e di lì a poco tempo, il formaggio diventa il primo prodotto svizzero di esportazione.
L'invenzione del formaggio
Da La storia infinita del 4.11.2024, di Jonas Marti e Jari Pedrazzetti 04.11.2024, 21:00
San Lucio da Cavargna, il santo protettore dei formaggiai
Siamo nel Medioevo, tra il 1200-1300 circa, tra la Val Cavargna e la Val Colla. Il giovane Lucio è un povero pastore e formaggiaio di queste terre. È un ragazzo molto caritatevole, così tanto che ogni tanto regala ai poveri un pezzettino di formaggio. Questo gesto fa arrabbiare il suo padrone che un giorno lo licenzia. Lucio viene quindi assunto da un nuovo padrone a cui porta la benedizione di Dio, e... di notte i formaggi si moltiplicano. È un miracolo. Intanto, però, mentre il nuovo padrone del giovane Lucio si arricchisce, il precedente cade in una miseria nera. I suoi animali non fanno più latte e, spinto dall’invidia e dal rancore, assolda un sicario e fa uccidere Lucio. Sul luogo del delitto, nasce una leggenda che ha come protagonista un laghetto, tuttora presente sul Passo del San Lucio, a 1500 metri di altezza tra Italia e Svizzera. Un laghetto che fino a qualche anno fa, d’estate, si tingeva di rosso. Rosso come il sangue.
Ancora oggi, il 12 luglio, giorno della morte del pastore, si celebra la Festa di San Lucio, che da secoli unisce le due vallate, quella italiana e quella svizzera.
La storia di San Lucio da Cavargna
La storia infinita - di Jonas Marti e Jari Pedrazzetti 04.11.2024, 21:00
Fonti:
A. Capatti, M. Montanari; La cucina italiana, storia di una cultura; Editori Laterza, 2005.
Puntata “A tavola con la storia” di Jonas Marti e Jari Pedrazzetti