Per molti, all'estero, il nome di Sochi era totalmente sconosciuto prima dei Giochi. Scopro invece che da qualcuno qui è persino considerata la terza "capitale" della Russia, dopo Mosca e San Pietroburgo. Lo è a esempio per il professor Alexander Sadovoy dell'Accademia delle Scienze russa, che mi racconta la Sochi dei sanatori, ma anche una Sochi inedita e sotterranea.
I sanatori nascevano in epoca staliniana, negli anni '30, per sfruttare il potere curativo delle acque ricche di minerali della zona. Eleganti e imponenti, erano spesso adagiati sulle rive del mar Nero e contribuirono in maniera decisiva ad alimentare la fama di cui in parte la città vive ancora oggi.
Nelle loro strutture di sovietica maestosità, ospitavano i lavoratori spediti nel sud della Russia dai sindacati. I sanatori portano ancora i segni della loro origine, per esempio nel nome. Uno dei più noti si chiama Metallurg ed era frequentato soprattutto dagli operai del settore metallurgico. Qualcuno si azzarda a dire che proprio con i sanatori siano nati i viaggi "tutto compreso".
Ma poi c'era l'altra Sochi, nascosta nelle pieghe del collettivismo. Quella che, grazie alla sua posizione periferica e al suo carattere "pigro", ha visto proliferare le peggiori degenerazioni legate alle bramosie private, un terreno fertile per affarismo, droga e prostituzione.
Il professor Sadovoy la definisce per questo un'"oasi capitalistica" all'interno del rigido sistema sovietico. Se volete dunque sapere cosa era davvero Sochi, forse dovreste pensare alla sua ideale e più familiare erede: Las Vegas. Della serie "what happens in Sochi, stays in Sochi" (quello che succede a Sochi resta a Sochi).
Alessandro Chiara