Ticino e Grigioni

All'IRB un milione in meno all'anno

E' la conseguenza prevista del blocco dei fondi europei. "Non è una tragedia", spiega Giorgio Noseda, e il finanziamento per la nuova sede è garantito

  • 28.02.2014, 18:26
  • 06.06.2023, 13:47
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  • tipress, 2012

La Svizzera sarà considerata come un ‘paese terzo’ nell’ambito dei programmi di ricerca promossi dall’UE a seguito del voto popolare del 9 febbraio. “Le penalizzazioni sono reali”, ha spiegato venerdì mattina durante la trasmissione radiofonica Modem Benedetto Lepori (USI). “In particolare si perde accesso da subito ai Grants del Consiglio europeo della ricerca che pesano una decina di milioni di franchi solo nella Svizzera italiana” ( audio a lato ). I Grants sono considerati i fondi per ricercatori universitari più prestigiosi in Europa.

Per fare il punto sulle conseguenze che dovrà attendersi l’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) di Bellinzona abbiamo contattato il fondatore dell’IRB e per anni suo presidente Giorgio Noseda .

Innanzitutto, è possibile quantificare per voi l’impatto di questa situazione?

“In Ticino siamo i più grossi fruitori di questi fondi europei, più di USI e SUPSI – spiega Noseda. Riceviamo 5,4 milioni di Grants per due ricercatori (il direttore Antonio Lanzavecchia e la dottoressa Federica Sallusto) distribuiti comunque su 5 anni. Quindi stiamo parlando di un po’ più di un milione all’anno. La paura per il futuro è che non ci assegneranno più nuovi progetti di ricerca con la dotazione di finanziamenti europei”.

Avete pensato a delle contromosse?

“Non ancora. Il nostro budget è di circa 17 milioni all’anno finanziato per il 60% da sussidi federali, cantonali, comunali e privati (fondazioni), e per il rimanente 40% da sostegni diretti ai ricercatori da parte del Fondo nazionale svizzero per la ricerca e dei corrispettivi europei. Questa seconda parte sarà dunque destinata a ridursi. Come le dicevo stiamo però parlando di un milione all’anno su un budget di 17: non è quindi una tragedia. Andremo a cercare altre fonti”.

Ci saranno delle ripercussioni sulla vostra rete di ricercatori, sulla possibilità di reperire profili di alto livello all’estero?

“Non lo sappiamo al momento. Bisogna capire se i ricercatori per il Ticino faranno parte di un certo contingente. In ogni caso non credo che si saranno grosse ripercussioni: siamo un istituto piccolo rispetto ai politecnici federali e alle università. Abbiamo 90 collaboratori provenienti da 16 diverse nazioni, anche al di fuori dell’Europa”.

In prospettiva (2018) per l’IRB c’è la nuova sede, il cui costo è stimato (secondo i calcoli rivisti) a 47,5 milioni di franchi. Il finanziamento è garantito?

“Possiamo dire di sì. Ci mancano ancora 3-4 milioni – ci spiega Noseda. In ogni caso il nuovo stabile lo dobbiamo costruire perché nella sede attuale (assieme all’Istituto oncologico di ricerca e al Neurocentro della Svizzera italiana) non ci stiamo più. Il Cantone, a cui abbiamo chiesto 7 milioni, non ha ancora deliberato. I soldi possono comunque arrivare anche fra qualche anno, l’importante è avere la garanzia. Confederazione (15 milioni) e città (10) hanno invece già deciso. Il resto (almeno 10 milioni) proviene dalle donazioni di fondazioni”.

Contro il bando di concorso per la progettazione oltre 80 tra architetti e ingegneri hanno inoltrato ricorso al TRAM. L’accusa è di escludere di fatto gli studi ticinesi con dei requisiti eccesivi (come ad esempio quello di aver gestito negli ultimi anni un progetto da almeno 20 milioni). Si sta continuando con il tentativo di conciliazione?

“Sì. La prossima settimana ci sarà una nuova riunione con il gruppo di ricorrenti per cercare di trovare un compromesso. Da un punto di vista legale riteniamo comunque di avere ragione, di avere la possibilità di mettere dei paletti per i partecipanti. Siamo infatti una fondazione privata, anche se riceviamo fondi pubblici. E’ vero che sono pochi gli studi ticinesi che hanno i requisiti per partecipare. Però non possiamo abbassare troppo l’asticella: vogliamo trovare architetti con esperienza, che si siano già confrontati con una costruzione complessa come un istituto di ricerca”.

Mattia Coste

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Dalla radio

Alla trasmissione Modem hanno partecipato venerdì Franco Gervasoni (direttore della SUPSI), Lorenzo Leoni (direttore della Fondazione AGIRE), Benedetto Lepori (direttore del servizio di ricerca dell’USI) e Orlando Bianchetti (studente, membro del Consiglio direttivo del Circolo Giovani Giuristi). Modem del 28.02.2014

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  • Benedetto Lepori - estratto da Modem

    RSI Info 28.02.2014, 12:32

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