La colata detritica che la mattina di lunedì 2 giugno ha distrutto un ponte nella Val de Bagnes è solo l’ultimo di una lunga serie di eventi simili che hanno colpito di recente l’arco alpino. L’avvenimento ha riportato alla memoria le catastrofi che poco meno di un anno fa hanno travolto l’alta Vallemaggia e la Mesolcina. Ma cosa intendiamo esattamente quando parliamo di colata detritica? L’abbiamo chiesto a Christophe Ancey, responsabile del Laboratorio di idraulica ambientale dell’EPFL di Losanna, dove questi fenomeni naturali vengono modellizzati in laboratorio.

Colata di fango nella Val de Bagnes
Telegiornale 02.06.2025, 20:00
Una questione terminologica
Le colate detritiche, o lave torrenziali, si distinguono per un potenziale altamente distruttivo, perché sono composte da acqua e grandi blocchi di sedimenti trasportati a velocità elevate e su lunghe distanze. “A caratterizzarle, c’è la tipologia di materiale che le compone - ci spiega l’esperto - se siamo in presenza di grandi blocchi e una matrice argillosa relativamente fine, si parla di colate detritiche a matrice granulare; quando invece a prevalere è il fango, quindi limo e argilla, ci riferiamo a colate detritiche a matrice fangosa”. Se la proporzione di materiale roccioso e solido è predominante, è più corretto parlare di frana o scoscendimento, se invece a prevalere è l’acqua, seppur con trasporto di sedimenti, siamo di fronte a un’inondazione.
Una distinzione non di poco conto, visto che comunemente i termini tendono a essere confusi. L’esperto cita l’esempio di Blatten: “si è parlato nei giorni scorsi di un rischio di colata detritica a seguito della formazione del lago artificiale. Questo è semplicemente impossibile, perché sul fondo valle non c’è la pendenza necessaria”. Sì, perché affinché questo fenomeno naturale possa scatenarsi, è necessaria un’inclinazione del terreno di almeno il 20%, e più la pendenza è elevata, più la colata detritica potrà essere distruttiva.
Un fenomeno in crescita
In Svizzera, gran parte del territorio è esposto al rischio di colate detritiche. Queste si presentano spesso nei periodi estivi, quando l’acqua dai ghiacciai scende a valle e le precipitazioni sono più estreme. “Il riscaldamento terrestre, che sull’arco alpino avviene in misura più accelerata rispetto alla media globale, contribuisce alla fusione dei ghiacciai e del permafrost. Questo mette a disposizione grandi masse di materiale pronte a muoversi verso valle”. Il detonatore di una colata detritica è spesso il distacco di massi lungo i pendii di un canalone, che a sua volta può portare con sé il materiale detritico presente sul letto del fiume.
La mappa mostra tutte le colate detritiche, le frane e le cadute massi dal 1972 al 2022 che hanno causato danni
Prevedere è possibile?
Nel laboratorio diretto dal ricercatore Christophe Ancey da oltre trent’anni si lavora sulla modellazione delle colate detritiche analizzandole dal punto di vista della meccanica dei fluidi. L’obiettivo è migliorare la prevenzione e la previsione dei rischi idrogeologici e favorire la sicurezza della popolazione. Il giardino di Albert nel 2010 ha visitato questi spazi: nel frattempo cosa è cambiato?

Le colate detritiche all’EPFL
RSI Info 19.09.2010, 18:00
“Sono stati fatti enormi progressi nell’elaborazione di modelli semplici – ci spiega il professore in meccanica dei fluidi – al momento però riscontriamo grandi difficoltà nell’andare oltre, soprattutto nel contesto attuale in cui ci viene chiesto di prevedere la frequenza e l’intensità dei fenomeni”. Insomma, il comportamento di una colata detritica è fortemente imprevedibile, anche nella sua conformazione: “Nelle Alpi riscontriamo spesso il cosiddetto fenomeno di segregazione, una situazione in cui i massi più grandi si riuniscono nella parte frontale della colata, mentre il fango sospinge il fronte più a monte; tuttavia, si può assistere anche a un altro fenomeno, in cui i materiali più grossi si accumulano ai bordi del canale e la colata detritica, invece di disperdersi, tende ad andare molto più lontano. Un fenomeno piuttosto complicato da elaborare con i modelli attuali”, ci racconta Christophe Ancey.
Il limite dei modelli è un tema spesso sottovalutato dalle autorità e dagli studi d’ingegneria: “Da circa quindici anni esistono modelli digitali, spesso ad accesso gratuito, che danno una falsa impressione di precisione. In uno studio, il WSL ha messo a confronto diversi strumenti sul mercato, e ha dimostrato differenze colossali nelle proiezioni”, aggiunge il ricercatore.
L’Illgraben: un laboratorio a cielo aperto
Un altro fronte di ricerca è quello che riguarda le misurazioni in situazioni reale. In Vallese, nella conca rocciosa dell’Illgraben, da oltre vent’anni i ricercatori dell’Istituto federale di ricerca WSL studiano le colate detritiche, in quello che si può definire un laboratorio a cielo aperto unico in Svizzera. La zona è interessante dal punto di vista scientifico perché, a differenza di altre aree a rischio, presenta degli eventi con una certa frequenza, dalle tre alle cinque volte all’anno.
Pressione, velocità, densità, volume e altezza delle colate detritiche vengono misurate da sensori e dispositivi posti lungo il percorso del fiume. Grazie all’intelligenza artificiale e a speciali sismometri che misurano la vibrazione del terreno, si stanno sviluppando innovativi sistemi di allarme: gli algoritmi riescono riconoscere movimenti dovuti all’innesco di una colata detritica, e non, ad esempio, al passaggio di un’automobile. Una realtà raccontata nella serie nazionale SRG SSR “Rendez-vous al parco”, a cui anche la RSI ha partecipato.
Naturpark Pfyn-Finges
Rendez-vous al parco 30.07.2023, 18:05
I sistemi di allerta e protezione
Oltre agli esperimenti con l’intelligenza artificiale, esistono altri metodi per allertare la popolazione. In alcuni casi, si utilizzano cavi metallici tesi lungo il torrente che, al contatto con i detriti, lanciano l’allarme. “Il problema – spiega Christophe Ancey – è che in pochi minuti è impossibile far evacuare la popolazione. Questi sistemi servono piuttosto a bloccare il passaggio di automobili lungo le strade esposte attraverso dei semafori”.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/scienza-e-tecnologia/Colate-detritiche-20-minuti-in-pi%C3%B9--1251073.html
Se i sistemi di allerta possono salvare delle vite umane, poco possono contro i danni alle infrastrutture. Per questo, un’altra strada è quella delle opere architettoniche di difesa. A Guttannen, nell’Oberland bernese, sono state costruite grandi strutture per deviare i flussi detritici. Anche in questo caso, ci sono dei limiti: “se si supera un certo volume di materiale, si rischia lo straripamento. Senza contare che questi materiali vanno rimossi”, spiega Ancey. Altre protezioni contro le colate detritiche sono i terrapieni di cemento armato o i bacini di contenimento, che necessitano però di vaste superfici.
Una vasca di contenimento a Zinal, nel canton Vallese
Da qualche anno sono in uso anche reti protettive di ultima generazione, composte da funi d’acciaio ad alta resistenza. Queste hanno il vantaggio di essere più economiche da applicare e occupano meno spazio. In questo caso, la rete della barriera trattiene i materiali solidi della colata detritica e le maglie consentono il passaggio di acqua e fango. Dal 2007 al 2020, ne sono state installate circa 110 in Svizzera. Il WSL ha realizzato una guida pratica sul loro impiego.
Una rete metallica installata a Giubiasco da Geobrugg, azienda leader nei sistemi di protezione contro i rischi naturali
Insomma, nonostante la ricerca si interessi da tempo al loro funzionamento, le colate detritiche restano per certi verso un fenomeno ancora poco conosciuto e dalle dinamiche imprevedibili. Ciò che abbiamo a disposizione, conclude Christophe Ancey, è un sapere sempre più esteso che deve necessariamente essere condiviso: “l’esperienza dei forestali, la capacità di osservazione dei geologi e dei geomorfologi, il buonsenso dell’ingegnere e le prospettiva degli storici sono il mix perfetto per riuscire a convivere con le colate detritiche e garantire un futuro alle popolazioni alpine.”